Grande solidarietà dagli automobilisti e dagli amministratori del Sassarese
di Pier Giorgio Pinna
IL CORTEO. Una giornata, quella di ieri, densa di proteste e proposte. Appuntamento al sorgere del sole: km 201 della Carlo Felice, nell’ampia carreggiata a tre corsie per senso di marcia tra i distributori Esso e Tamoil e lo svincolo. Un punto scelto non a caso: è uno dei pochi di tutta la 131 dov’è possibile far rallentare il traffico senza problemi. Pattuglie della Stradale presidiano i tratti nevralgici di Campomela. Arrivano gli aderenti al Comitato precari della provincia di Sassari. Seguono dirigenti della Cgil e della Cisl. Sventolano le bandiere dei sindacati, affiancate da quelle dell’Irs e di Sinistra e libertà.
I dimostranti invadono le corsie alle 7 in punto, come previsto. Gli agenti segnalano il sit-in con palette e lampeggianti. A fermarsi per primo davanti al blocco è un autocarro diretto verso Cagliari. Trasporta materiali derivati da «grandi estrazioni», come reca scritto sulle fiancate. Dietro, comincia a formarsi una fila di macchine. Lo stesso succede dall’altra parte della strada, dove è all’opera il secondo gruppo di precari. Le code diventeranno sempre più estenuanti col passare del tempo: i dimostranti si faranno da parte a intervalli di 10 minuti, ma il transito sarà lentissimo.
GLI STRISCIONI. Alle 7.10, verso Sassari, le colonne arrivano sino alle gallerie del Mascari. Nel frattempo i precari sviluppano la loro pacifica offensiva mediatica. Ancora al buio, indossano giubbini catarifrangenti. Cominciano a distribuire volantini. Tirano fuori dalle sacche megafoni, fischietti, coperchi di pentole per ritmare gli slogan, persino campanacci. E issano manifesti e striscioni. Tanti. Colorati. Tutti ricchi di fantasia. Parlano meglio loro di un oratore consumato. «Il ministro non vuole una scuola di qualità/ Vuole una scuola dell’antichità». «Cara Gelmini, siamo stanchi di viaggiare per andare a lavorare/Ma lei non pensi di farci riposare». «Siamo docenti non stabilizzati: schiavi di Stato». Con reminiscenze dei movimenti studenteschi del passato, ce n’è davvero per tutti: «Per quanto vi crediate assolti, siete comunque coinvolti». «+Tagli -Scuola = Ignoranza». «Senza lavoro e senza bidella: ecco la ricetta di Mariastella». «La cultura non si vende/Le scuole non sono aziende».
I COMMENTI. A piedi, con la fascia tricolore, dopo le 8 approdano sulla Carlo Felice i primi cittadini di Tissi, Ossi, Codrongianos, Florinas, Cargeghe, Muros. E la presidente della Provincia, Alessandra Giudici. Che ricorda: «Agli Stati generali della scuola convocati per la prossima settimana a Sassari ho invitato l’a ssessore Baire e il governatore Cappellacci. Mi auguro partecipino: abbiamo bisogno di risposte da parte della Regione». Il sindaco di Sassari, Gianfranco Ganau, rincara la dose: «Il progetto del governo è indecente, inaccettabile, soprattutto nell’isola, dove si rischia una perdita di scolarizzazione nelle zone interne».
LE REAZIONI. Duro il leader d’Indipenditzia Repubbrica de Sardigna, Gavino Sale: «Lo sfascio è totale. Non si salva nulla: dalla chimica ai fondi Fas, dall’energia sino, adesso, alla scuola. Stare con l’Italia è un lusso che non possiamo più permetterci». Incalza il consigliere comunale sassarese del Partito democratico Roberto Schirru: «I tagli andavano fatti altrove, non certo tra gli insegnanti e i bidelli». Mentre il candidato alla segreteria sarda del Pd Silvio Lai rileva: «Sono convinto che esistano ampi spazi perché la Gelmini modifichi la sua posizione, ma il fronte della protesta deve restare compatto in tutt’Italia». «Abbiamo un governo geniale: per risolvere la questione-precari li licenzia tutti, come fece Reagan con i controllori di volo negli Usa», osserva il difensore civico del Comune di Sassari Graziano Tidore, anche lui professore. E Rosario Musmeci, di Sinistra e libertà: «L’isola sta diventando il baluardo di un nuovo modello dove la Regione è una stampella utile a finanziare il disimpegno nazionale».
Crede invece nell’intesa ratificata il 30 luglio dall’assessore Baire il responsabile sardo della Uil scuola, Giuseppe Macioccu: «Ma l’accordo va modificato in modo da garantire anche i precari senza abilitazione». E se i giovani comunisti del circolo Centro storico di Sassari si dicono pronti a contribuire a costituire un comitato unitario anticrisi, afferma la sua netta contrarietà all’u ltima misura varata a Roma il coordinatore di Sardigna Natzione Indipendentzia. Sostiene infatti Bustianu Cumpostu: «Premesso che questa scuola è una istituzione coloniale che cancella l’identità dei sardi, diciamo no ad assunzioni clientelari».
LE IDEE. Sulla 131 i precari rilanciano il loro piano. Criticano le posizioni di alcuni sindacati, giudicati troppo arrendevoli. Scandiscono con slogan il programma. «A fora, a fora/la ministra accabadora». «Alunni accorpati/Insegnanti disoccupati». «Tagliate i vostri privilegi, non il nostro lavoro». C’è chi, come Sara Marras e Sabrina Casu, tra le ultime inserite in graduatoria dopo i corsi Siss, chiede: «A che è servito buttar via tanti soldi, se oggi il nostro titolo non è spendibile e siamo comunque tagliate fuori?». Altri, in vena di citazioni, ricordano come in queste ore sulle mura del liceo classico Siotto, a Cagliari, siano apparsi alcuni versi di Archiloco: un inno alla libertà, ancora attuale dopo quasi tre millenni. E, da professionisti della cultura, ne approfittano per lanciare un segnale. Come il poeta greco, prima di nuove battaglie, avvertono: «La volpe conosce mille trucchi, l’istrice uno solo ma buono».
Fonte: La Nuova Sardegna