[Sintesi elettronica a cura di TerritorioScuola Server] – In diversi settori, dall'agricoltura all'industria, l'impiego dei piccoli Ciàula in lavori spesso pesanti e malpagati rappresentava una condizione di sfruttamento brutale, ma socialmente accettato.
Sempre la letteratura, con il racconto del Padre padrone di Gavino Ledda ci offre uno scorcio amaro di come l'istruzione non fosse, in quegli anni, un diritto inalienabile per bambini e giovani, ma fosse piuttosto vissuta come un elemento dannoso per l'economia della famiglia….
In alcuni casi, una lettura oggettiva dei fenomeni e dei cambiamenti, ci porterebbe ad individuare delle estremizzazioni: passando dall'assenza dei diritti ad una sorta di sudditanza psicologica, una specie di sindrome da senso di colpa degli adulti nei confronti dei più piccoli che nelle pagine del Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza abbiamo rintracciato nel fenomeno dei figli-padroni.
D'altra parte, occorre constatare che la tutela del minore e il diritto ad una crescita armonica, sebbene riconosciuti come punto cardine del nuovo modo di guardare all'infanzia, non siano sostenuti pienamente dalle stesse Istituzioni che troppo spesso delegano tout court alla buona volontà dei singoli o al lavoro delle associazioni la totale responsabilità in questo particolare àmbito.
Nel 2000, quando Eurispes e Telefono Azzurro decisero di dar vita ad un Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza vi era, ad ispirarci, la consapevolezza che le caratteristiche che andava assumendo la nostra società stessero producendo un progressivo allontanamento dai bisogni e dai diritti dei nostri bambini e dei nostri adolescenti.
Nella prima edizione del Rapporto parlavamo di un'infanzia tradita sottolineando come la società attuale ci costringa a ripensare alla raffigurazione artistica dei bambini nel Medioevo, rappresentati nelle dimensioni naturali, ma con visi ed espressioni da grandi, tanto da sembrarci oggi nani o piccoli mostri….
Nello stesso tempo, era forte la sensazione che l'attenzione e l'impegno delle Istituzioni fossero tanto declamati quanto superficiali e spesso disattesi. Il Rapporto si proponeva quindi, attraverso la produzione di dati e analisi rigorosamente scientifici, una lettura del problema libera da condizionamenti ideologici e culturali.
L'impresa non era di per sé facile. Vi erano allora stereotipi consolidati ed un approccio al tema con forti connotazioni istituzionali che condizionavano ogni ipotesi di lettura critica della realtà.
Si trattava di lavorare per tentare di superare la tendenza alla semplificazione con la quale si pretendeva di raccontare e interpretare la complessità che caratterizzava, e caratterizza, la realtà delle società moderne e quindi anche la condizione dell'infanzia e dell'adolescenza in particolare e dell'universo giovanile più in generale.
Si assumeva che l'infanzia e l'adolescenza appartenessero a categorie a sé stanti, quasi ad una sorta di limbo temporale in attesa dell'ingresso nella società degli adulti. Una condizione meritevole di cure e di attenzioni, ma comunque esterna alle problematiche sociali e culturali con le quali il mondo degli adulti deve quotidianamente misurarsi.
È evidente che una impostazione di questo tipo non poteva che produrre una progressiva marginalizzazione della condizione dei nostri bambini e adolescenti così come peraltro avviene per gli anziani o le categorie sociali più fragili.
La perdita della consapevolezza che la società, pur nelle sue numerose articolazioni e condizioni, debba essere considerata un tuttuno ha prodotto una cultura verticale che tende ad isolare e a circoscrivere piuttosto che coinvolgere ed integrare.
La tendenza era ed è quella di costruire mondi: i bambini, gli adolescenti, gli adulti, gli anziani, ciascuno con le proprie caratteristiche e le proprie esigenze che finiscono per allontanarsi e spesso per entrare in conflitto….
Perciò chi ancora non è in grado di produrre o chi non produce più deve accontentarsi: i bambini e gli adolescenti di poter consumare e gli anziani di una decorosa, quando possibile, assistenza.
Si è spesso sottolineata l'inadeguatezza delle politiche di sostegno alle famiglie, che risultano carenti sia sul piano economico sia sul piano della programmazione.
In Italia, la assoluta priorità non solo economica, ma anche culturale e sociale della famiglia, viene continuamente e retoricamente declamata, ma nei fatti le politiche familiari italiane si collocano agli ultimi posti in Europa per quantità e per qualità degli interventi.
Tutto ciò è accaduto non come evento necessario in concomitanza con cicli economici fortemente negativi, ma come scelta strategica di lungo periodo….
Basti pensare al tema del quoziente familiare sul quale si discute senza approdare a concreti risultati ormai da molti anni.
Questi sono solo alcuni dei temi che con spirito critico e, per alcuni, con fastidiosa costanza il Rapporto ha proposto all'attenzione dei media, delle Istituzioni e dell'opinione pubblica nel corso di questi ultimi dieci anni.
Il Rapporto ha attraversato, esplorandone anche le pieghe più nascoste, il mondo ed i problemi dell'infanzia e dell'adolescenza segnalando, tutte le volte che è stato possibile, le buone pratiche, l'impegno delle Istituzioni pubbliche e private, i risultati e i successi raggiunti….
Un campione vastissimo, rappresentativo delle diverse realtà geografiche del Paese, stratificato per sesso, età, dimensioni del Comune di residenza.
Niente di eroico, per carità, ma solo l'impegno svolto in completo spirito di servizio di due istituzioni come Telefono Azzurro ed Eurispes che dimostra come anche il privato possa contribuire alla affermazione dell'interesse generale.
Download del Rapporto Bambini e adolescenti in Italia: Un quadro degli ultimi 10 anni.