14:09 – 16/12/10 – Indagine Conoscitiva 2010 su Infanzia e Adolescenza. (EURISPES)

Roma, 16 dicembre 2010 – I ragazzi percepiscono le difficoltà economiche, parlano poco in famiglia e vivono sempre di più in una Rete dove la capacità di difendersi dai pericoli è spesso ridotta.
In particolare, 1 adolescente su 4 dichiara che la propria famiglia è stata colpita dalla crisi economica. Il dato diviene drammatico quando si chiede ai ragazzi di illustrare la condizione di amici, parenti o conoscenti: il 52% degli adolescenti dice di conoscere altre famiglie che hanno risentito dalla congiuntura economica negativa. Gli effetti della crisi vengono misurati nella vita quotidiana: per 1 ragazzo su 3 cresce l’attenzione nelle spese per cibo e vestiario, mentre la percentuale sale al 46% per le spese extra relative al tempo libero. Il 16% degli adolescenti, infine, testimonia difficoltà della famiglia ad arrivare alla fine del mese.

Dall’indagine emerge che il clima familiare è peggiorato e i ragazzi ne risentono in prima persona: il 20% dei bambini riferisce che nell’ultimo periodo i genitori hanno litigato più spesso di prima, mentre il 25% degli adolescenti dichiara di aver notato un maggior nervosismo dei genitori e di litigare più spesso con loro (29%). Oltre il 20% dei bambini e il 40% degli adolescenti dichiarano di essere diventati più ansiosi.

«All’interno delle famiglie e nella percezione dei ragazzi stessi la crisi mostra più facce, – afferma il Presidente di Telefono Azzurro, Prof. Ernesto Caffo».

In famiglia il dialogo sulle emozioni sembra essere molto limitato. Il 72% dei bambini racconta ai genitori solo episodi relativi alla vita scolastica, ma non parla delle proprie paure (35%) o aspirazioni (38%), comportamento che costituisce la regola in adolescenza ma che a questa età è più comprensibile.

Il dato è preoccupante se incrociato con le risposte degli adolescenti rispetto all’eventualità della fuga: 1 adolescente su 3 prende in considerazione la possibilità di fuggire da casa, mostrando di non credere alla possibilità di risolvere i conflitti all’interno del contesto familiare.

Sul versante del consumo di media e tecnologie,il telefonino sembra sempre più diventare oggetto di addiction per gli adolescenti: il 25% di loro trascorre al cellulare oltre 4 ore. Cresce l’utilizzodi videogiochi e Internet da parte dei bambini. Tra i social network, Facebook continua a raccogliere la maggior parte delle preferenze: se nel 2009 il 71% dichiarava di aver aperto un profilo, nel 2010 questa percentuale sale all’84%. Aumentano anche i bambini che guardano filmati su YouTube: la percentuale passa dal 55% nel 2009 al 68% nel 2010, con 1 intervistato su 5 che dichiara di cercare video con scene forti (incidenti, violenza, sesso, etc.).

Non sorprende dunque come i bambini spendano la propria paghetta per lo più in videogiochi, giochi e ricariche telefoniche. A fronte della crisi economica, spendono significative somme di denaro ed hanno un crescente potere di acquisto; le pubblicità, come nel caso dei servizi telefonici, sempre più spesso si rivolgono a loro.

La cultura del consumo – in assenza di senso critico e di famiglie capaci di filtrare questi messaggi – può influenzare negativamente lo sviluppo dei bambini causando, tra gli altri effetti, obesità e un sempre più precoce consumo di alcol e fumo.

Se la vita relazionale di bambini e adolescenti, dunque, sembra sempre più transitare attraverso la Rete, in essa si affermano nuovi codici di comportamento. Così, emerge che il 60% dei ragazzi giudica positivamente la possibilità di utilizzare Internet per incontri sentimentali, e al 17% degli adolescenti è capitato di innamorarsi di una persona conosciuta in Internet.

Circa il 40% degli adolescenti ritiene che sia positivo o accettabile incontrare dal vivo una persona conosciuta on line. Percentuali significative ritengono positivo, o accettabile lasciare il proprio indirizzo (23%) e il numero del proprio cellulare su Internet (38%). Similmente e per un adolescente su dieci spogliarsi in Internet è accettabile o positivo.

Ma sono in grado di difendersi dai pericoli che possono nascondersi dietro gli incontri dal vivo o l’invio di foto che li ritraggono senza vestiti a persone di cui a volte conoscono solo il nickname? Sulla base di quali criteri decidono di potersi fidare dell’interlocutore virtuale? Sebbene il 52% degli adolescenti riconosca il rischio costituito dalla possibilità di finzione che caratterizza gli incontri sul web, ed il 39% affermi che “ci si può fidare di una persona solo se la si incontra dal vivo”, è preoccupante che 1 adolescente su 10 ritenga di potersi fidare di una persona conosciuta in rete semplicemente “ponendo alcune domande”, o che per fidarsi sia sufficiente “seguire il proprio istinto”.

Solo lavorando alla valorizzazione delle differenze culturali, amalgamandole e facendole convivere armoniosamente, potrà esistere un’Italia realmente multiculturale, in cui le diversità sono una ricchezza e non causa di divisioni e dissidi».

Scarica il rapporto 2010 su Infanzia e Adolescenza.

18:22 – 15/07/10 – Indagine 2010 sulla Sicurezza in Italia. (EURISPES)

[Sintesi elettronica di TerritorioScuola Server] – Data l'ipotesi di equivalenza del costo medio di un infortunio sul lavoro a livello territoriale (area geografica e regione), il primato per numero di infortuni verificatisi nel corso del 2008 e per costi economici e sociali ad essi attribuibili, appartiene al Nord-Est (282.803 infortuni pari al 32,3% del totale nazionale, costi per 12,5 miliardi di euro), seguito dal Nord-Ovest (250.166 infortuni pari al 28,6% del totale nazionale, costi per 12,5 miliardi di euro), dal Centro (174.545 infortuni pari al 19,9% del totale nazionale, costi per 8,7 miliardi di euro), dal Sud (113.870 infortuni pari al 13% del totale nazionale, costi per 5,7 miliardi di euro) e dalle Isole (53.556 infortuni pari al 6,1% del totale nazionale, costi per 2,6 miliardi di euro).

…Il maggior numero di incidenti stradali si è verificato nel Nord-Ovest (64.708 casi, 29,6% del totale), seguito dal Centro (56.769 casi, 25,9% del totale), dal Nord-Est (46.312 casi, 21,2% del totale), dal Sud e dalle Isole (rispettivamente 32.419 e 18.755 casi, con un incidenza del 14,8% e dell'8,6% sul totale nazionale), mentre a livello regionale il primato spetta alla Lombardia, al Lazio e all'Emilia Romagna (rispettivamente 41.827, 27.735 e 21.744 incidenti, che cumulativamente corrispondono al 50% del totale nazionale).

…- 4,2 miliardi di euro per incidenti stradali nel Sud (14,8% del totale nazionale, con costi economici e sociali a livello regionale compresi tra 1,5 miliardi di euro in Puglia e 75,9 milioni di euro in Molise) e 2,4 miliardi di euro per incidenti stradali nelle Isole (8,1% del totale nazionale, con un costo economico e sociale in Sicilia notevolmente più elevato rispetto alla Sardegna).

L'incidenza del costo economico e sociale degli incidenti stradali sul Pil, che a livello nazionale è pari all'1,83%, è molto variabile in funzione del diverso numero di incidenti, sia a livello di area geografica (con valori compresi tra il 2,19% del Centro e l'1,7% del Sud e del Nord-Ovest) sia, soprattutto, a livello regionale (con valori compresi tra il 2,8% della Liguria e lo 0,9% della Valle d'Aosta).

…Dato il numero medio di interruzioni subite da ciascun cliente in bassa tensione nel corso del 2007 (2,16) e il numero di clienti finali allacciati alla rete di distribuzione che hanno subìto tali interruzioni (35,8 milioni circa), è possibile stimare il numero complessivo di interruzioni di corrente senza preavviso e lunghe, in oltre 77 milioni (di cui il 33,1% al Sud, il 23,2% nelle Isole, il 17,1% al Centro, il 15,3% nel Nord-Ovest e l'11,3% nel Nord-Est), con un numero massimo di interruzioni di corrente in Sicilia, Campania, Lazio e Puglia (rispettivamente 14,6, 12,1, 7,4 e 6,5 milioni di interruzioni) e un numero di interruzioni inferiore ad un milione in Umbria, Friuli Venezia Giulia, Basilicata, Molise e Valle d'Aosta.

…Il numero complessivo di imprese attive in Italia nel macro-settore infrastruttura (ottenuto aggregando i dati di alcune attività direttamente riconducibili allo sviluppo delle infrastrutture) è, basandosi sull'analisi degli ultimi dati disponibili a livello europeo (anno 2006), di 311.167 unità (in flessione del 5,7% rispetto al 2000, quando il numero di imprese attive era di 330.144 unità), in grado di assicurare l'occupazione di 2,2 milioni di addetti (80.000 circa in più rispetto al 2000) e di generare una produzione il cui valore supera i 616 miliardi di euro (+64,2% rispetto al 2000)

…. Il numero di imprese del macro-settore infrastruttura attive in Francia nell'anno 2006 è pari 193.621 unità ed è sostanzialmente invariato rispetto al valore registrano nel 2000, mentre è aumentato il numero dei dipendenti, pari a circa 2,8 milioni nel 2006 (+5% rispetto al 2000) ed il valore della produzione, 35% rispetto all'anno 2000 e circa 591 miliardi di euro nel 2006.

…Il settore dei trasporti, che comprende il trasporto terrestre, aereo, marittimo e le attività ausiliarie e di supporto, ha registrato, tra il 2000 e il 2006, un ridimensionamento del numero di imprese attive in Italia (da 161.862 a 151.409, -6,5%), mentre il valore della produzione e il numero di occupati è cresciuto, rispettivamente, da 101,3 a 139,2 miliardi di euro (+37,4%) e da 884.180 a 968.491 addetti (+9,5%), determinando un incremento sia del valore medio della produzione per impresa (da 626.000 a 919.000 euro), sia del numero medio di occupati (da 5,5 a 6,4)

…. Nonostante il minor incremento del numero di imprese, il Regno Unito ha consolidato il proprio primato rispetto agli altri Paesi relativamente al valore complessivo della produzione del settore dei trasporti (215 miliardi di euro nel 2006, +15,9% rispetto al 2000) e al valore della produzione medio per impresa (1,7 milioni di euro nel 2006), mentre in Italia il valore complessivo della produzione è superiore al dato della Spagna (73,2 miliardi di euro nel 2006) ma inferiore a quello della Germania, della Francia (rispettivamente 146,5 e 166,4 miliardi di euro nel 2006) e del Regno Unito.

Un elemento che accomuna il settore dei trasporti italiano a quello spagnolo, è il numero di occupati inferiore al milione di unità (rispettivamente 968.491 e 888.270 nel 2006) e le dimensioni medio-piccole delle imprese attive, con un numero medio di occupati per impresa pari, rispettivamente, a 6,4 e 4 addetti (contro 12,2 in Francia, 15,4 in Germania e 16,6 nel Regno Unito)

…. Nonostante l'elevato numero di imprese attive, il valore della produzione del settore delle costruzioni in Italia è inferiore a quello degli altri Paesi europei presi in esame, non tanto in valore assoluto (250 miliardi di euro nel 2006 contro 199,2 miliardi di euro in Francia e 148,8 miliardi di euro in Germania), quanto in valore medio per impresa attiva (421.000 euro nel 2006 contro 485.000 euro in Francia, 710.000 euro in Germania, 726.000 euro in Spagna e 1,1 milioni di euro nel Regno Unito). Così come nel settore dei trasporti, anche nel settore delle costruzioni è, inoltre, evidente come le dimensioni delle imprese siano generalmente medio-piccole, con un numero medio di 3,1 occupati per ciascuna impresa attiva, inferiore rispetto alla Francia (4,1 occupati per ciascuna impresa attiva) e, soprattutto, al Regno Unito, alla Spagna e alla Germania (rispettivamente 6,1, 6,5 e 7,4 occupati per ciascuna impresa attiva).

…Anche gli altri Paesi europei, ad eccezione della Germania, hanno registrato un incremento del numero di imprese attive (con una crescita tra il 2000 e il 2006 compresa tra il 15,1% del Regno Unito e il 30,6% della Spagna), nonostante il quale l'Italia mantiene il proprio primato, in particolare rispetto al Regno Unito e alla Germania (dove nel 2006 risultano attive, rispettivamente, 294.755 e 288.275 imprese).

Una seconda differenza piuttosto significativa a livello europeo, riguarda il valore complessivo della produzione (compreso tra i 290,3 miliardi di euro della Germania e i 471,5 miliardi di euro del Regno Unito) e il valore medio della produzione per singola impresa attiva, relativamente al quale l'Italia ha fatto segnare nel 2006 un importo inferiore rispetto a Francia e Spagna (rispettivamente 522.000 e 590.000 euro) e, soprattutto, Germania e Regno Unito (rispettivamente 1 e 1,5 milioni di euro).

Oltre ad essere il Paese con il maggior numero di imprese attive nel settore delle comunicazioni e dell'informatica e con il minore valore medio della produzione per singola impresa attiva, l'Italia si conferma tra le realtà europee in cui le imprese di medie-piccole dimensioni sono più diffuse, con un numero medio di 3,8 occupati per impresa, contro un numero medio registrato negli altri Paesi compreso tra i 5,5 occupati per impresa in Francia e i 9,8 occupati per impresa in Germania.

Il settore della produzione e distribuzione di energia è, tra quelli considerati, il settore nel quale opera il minor numero di imprese in Italia (2.875 nel 2006, +30% rispetto al 2000), con un valore complessivo della produzione di poco superiore ai 112 miliardi di euro (valore medio della produzione per impresa attiva di 40,4 milioni di euro) e 114.856 occupati (valore medio di 41,3 occupati per impresa attiva).

Download versione integrale del documento: PREVENZIONE E SICUREZZA tra crescita economica e qualità della vita

19:40 – 18/06/10 – Mobilità: le Proroghe per gli Aggiornamenti.

Roma, 18 giugno 2010 – Mobilità docenti 2010/2011, differite le date di scadenza per la scuola secondaria di II° grado.

Con la nota 6047 del 18 giugno 2010 vengono date disposizioni urgenti per le funzioni di organico di diritto e mobilità per la scuola secondaria di II grado.

In particolare, è prorogata:

– al 30 giugno la data ultima per la definizione degli organici docenti del 2° grado e per l’inserimento dei dati;
– al 19 luglio la pubblicazione dei trasferimenti.

11:35 – 17/02/10 – Mobilità Docente, Educativo, ATA: Nuovo Contratto 2010-2011.

Sottoscritto al Miur il nuovo contratto sulla mobilità di tutto il personale docente, educativo e Ata della scuola per il prossimo anno scolastico 2010-2011.

La data di scadenza per la presentazione di tutte le domande sarà definita dalla successiva ordinanza e prevista per il 22 marzo 2010.

Le domande dei docenti per e nell’ambito della scuola primaria e secondaria di primo grado, dovranno essere presentate obbligatoriamente mediante le istruzioni di questa Guida e seguendo le direttive della nota tecnica del 29 Gennaio 2010. Tutte le altre con la tradizionale procedura cartacea.

La firma del contratto sulla mobilità segue il primo incontro di avvio al ministero del confronto sugli organici, incontro in cui si è preso atto che le innovazioni, che riguarderanno in particolare la scuola secondaria di secondo grado, non avranno, per il prossimo anno scolastico, ripercussioni sulle procedure e sulle regole riguardanti la mobilità.

Sulla base di tale considerazioni la FLC Cgil, responsabilmente e insieme alle altre organizzazioni sindacali, ha ritenuto di non dovere procrastinare ulteriormente la firma del contratto e le conseguenti operazioni riguardanti la mobilità del personale. Questo nell’interesse di tutti i lavoratori ed anche al fine di consentire, nel caos generale in cui versa la scuola, quantomeno la presentazione delle domande di mobilità in tempi distesi.

Nel nuovo contratto sono state apportate diverse modifiche ed integrazioni sulle quali pubblicheremo, nel più breve tempo possibile, una scheda dettagliata.

Si è però persa l’occasione per pervenire a significative innovazioni sul versante delle tabelle di valutazione dei punteggi, come richiesto ripetutamente dalla FLC Cgil.

In particolare la FLC Cgil ha posto l’esigenza:

  • di valutare allo stesso modo il servizio pre-ruolo sia nella mobilità volontaria che in quella d’ufficio;
  • di uniformare i punteggi delle tabelle riguardanti rispettivamente il personale docente ed educativo, con quelli delle tabelle riguardanti il personale ATA allo scopo di “semplificare” e snellire tutto il contratto. Oggi questi punteggi, ancorché riferiti alla stessa tipologia di titolo da valutare, sono diversi senza che però, anche a parere unanime del tavolo, vi sia una ragione fondata. Era, ed è, certamente possibile procedere ad una omogeneizzazione senza modificare affatto, tra l’altro, le situazioni esistenti e neanche quelle situazioni ormai consolidate nelle graduatorie interne dei singoli istituti;
  • di stabilire una valutazione del servizio prestato dai lavoratori per almeno 180 gg (e dunque nella sostanza un anno intero) allo stesso modo, sia se prestato a tempo indeterminato che a tempo determinato, come anche di valutarlo allo stesso modo a prescindere dal grado di scuola in cui è stato prestato. In via subordinata, si potrebbe quanto meno valutare allo stesso modo un precedente servizio a tempo indeterminato prestato nell’ambito della scuola del primo ciclo da un lato (infanzia e primaria) e della scuola secondaria dall’altro (primo grado e secondo grado) a favore di una maggiore omogeneità, equità ed anche verso una maggiore semplificazione. La gerarchia attualmente esistente tra i 4 diversi ruoli è un retaggio che risale ormai al secolo passato, una gerarchia palesemente immotivata se si considera che l’obiettivo della mobilità territoriale, a differenza della mobilità professionale, dovrebbe essere quello di consentire il riavvicinamento alla propria residenza e/o famiglia e non certo quello di “cambiare tipologia di lavoro” né, tanto meno, quello di valorizzare in modo surrettizio e finto il personale.

A conclusione della trattativa la FLC Cgil prende atto che, rispetto all’esigenza posta, da discutere e affrontare certamente con la dovuta prudenza e gradualità, pur registrando nel merito diversi elementi di condivisione, nei fatti al tavolo è prevalsa, anche da parte dell’amministrazione, la tesi che è meglio “lasciare ancora le cose come stanno”! Nel sottoscrivere il contratto la FLC Cgil intende rendere noto che continuerà comunque ad insistere, anche nei prossimi anni, per condividere questa esigenza e pervenire ad alcune modifiche ed innovazioni alle tabelle di valutazione.

A breve pubblicheremo il testo dell’ordinanza ministeriale, gli allegati ed un Vademecum riepilogativo di tutta la normativa.

Fonte: FLC-CGIL Scuola

21:02 – 11/02/10 – Riforma delle scuole superiori: si parte (in extremis) nell'a.s. 2010/11.

Nonostante le tante proteste e le richieste di rinvio di un anno formulate da diverse associazioni professionali e sindacati, ma soprattutto da tanti docenti e dirigenti impegnati sul campo, il riordino della scuola secondaria di II grado partirà dall'a.s. 2010/11, motivo per cui le iscrizioni sono state per questo ordine di scuola rinviate al 26 marzo. Dopo i pareri del Consiglio di Stato e delle Commissioni Cultura di Camera e Senato, i nuovi regolamenti sono stati approvati in seconda lettura dal Consiglio dei Ministri del 4 febbraio e sono pronti per gli ultimi passaggi dell'iter normativo.

Il Governo ha solo accolto una richiesta di modifica comune a tutti i pareri, pur molto differenziati tra di loro ed in diversi casi critici: l'avvio graduale della riforma a partire solo dal primo anno. Nei prossimi giorni, quando conosceremo i testi integrali dei nuovi regolamenti, si potrà verificare se sono stati recepiti anche l'invito a ridurre la presenza negli organi collegiali di enti ed esperti esterni e a lasciare all'autonomia delle scuole l'attivazione dei dipartimenti e comitati scientifici.

Le previsioni della Finanziaria del 2009 di ridurre la spesa scolastica di circa 7,6 miliardi in tre anni, anche attraverso i tagli di orario e di cattedre previsti per i nuovi licei (oltre 2500 docenti), istituti tecnici (circa 10.300) e professionali (4.300), fanno sentire tutto il loro peso con la conferma della riduzione generalizzata degli orari settimanali dei Tecnici e Professionali anche nelle classi seconde, terze e quarte. Tale scelta, difficilmente giustificabile sul piano didattico, produrrà comunque un rivoluzionamento dei percorsi curricolari già avviati, secondo un modello non ancora definito, generando non poca confusione e discontinuità.

Si dovrà inoltre verificare se nei quadri orari definitivi ci sarà un riequilibrio delle discipline più penalizzate nei nuovi curricoli e che rischiano, oltre che di impoverire culturalmente i percorsi formativi degli allievi, anche di determinare forti esuberi di docenti negli organici delle classi di concorso interessate dalle riduzioni di orario.

“Siamo stati d'accordo sin dall'inizio sulla riduzione e razionalizzazione degli indirizzi della scuola superiore – ha dichiarato Vanessa Pallucchi, responsabile nazionale di Legambiente Scuola e Formazione – ma ci sfugge l'impianto culturale che sta dietro a tutta l'operazione, che non può essere certo chiamata riforma. Molte, infatti, sono ancora le incongruenze presenti nei regolamenti approvati ieri, che non lasciano intravedere come le scuole possano conciliare i potenziamenti disciplinari (lingue e scienze ad esempio) e l'innovazione proposta (un approccio didattico laboratoriale), con il taglio di circa 17.000 cattedre nei prossimi tre anni e senza un investimento importante nella formazione dei docenti.

Inoltre, nel presentare il riordino, spesso si parla di essere in linea con gli altri Paesi europei: ma siamo sicuri che la diminuzione delle ore di scuola corrisponda ad una maggiore efficacia formativa? Negli altri Paesi europei esistono sistemi di formazione territoriale extrascolastica a cui accedono tutti gli studenti e che in Italia non sono strutturati. Ci dovremmo domandare quale tempo qualificato, nel loro territorio, possano trovare i nostri adolescenti a fronte della diminuzione di ore di formazione interne alla scuola. Servirebbe, infatti, molta più scuola qualificata per dare risposta alle tante sfide che i giovani si trovano ad affrontare e per cui non sono preparati, come ci confermano le tante indagini legate alle performance dei nostri studenti e alla capacità d'inclusione del nostro sistema d'istruzione, che ci identificano fra i Paesi più distanti dagli obiettivi di Lisbona.

Come Legambiente Scuola e Formazione avevamo anche auspicato il rinvio di un anno del riordino, non per stare fermi ma per avviare una vasta sperimentazione dei nuovi modelli organizzativi e curricolari che offrisse al Ministero elementi di valutazione utili per testare la validità di alcuni provvedimenti prima della loro approvazione definitiva, favorendo un maggior coinvolgimento della scuola di base. Ci auguriamo ora, che nei quadri orari definitivi le forti differenze tra i diversi bienni si siano ridotte, per favorire passaggi agevoli di indirizzo negli anni dell'obbligo di istruzione e ridurre così la dispersione scolastica, anche se la recente decisione di permetterne l'assolvimento nell'apprendistato a 15 anni non ci fa ben sperare”.

Su tutto incombe poi la corsa per fare in extremis l'azione di informazione ed orientamento scolastico di famiglie ed alunni prima delle iscrizioni, l'attivazione last minute dei percorsi di formazione per i docenti alle prese con le tante novità (ma con quali fondi ?), la corsa contro il tempo per garantire il regolare avvio del prossimo a.s., nonostante i forti ritardi nelle operazioni di mobilità e definizione organici che si determineranno.

Fonte: LegaAmbiente Scuola e Formazione

17:36 – 25/01/10 – Rapporto Italia 2010 (Indagine EURISPES).

A cura di Susanna Fara – EURISPES: Rapporto Italia 2010.

Per il download del documento in versione integrale: vedere in fondo a questo articolo.

Cittadini e Istituzioni: l’anno della svolta?

Il tema del progressivo allontanamento tra cittadini e Istituzioni che da diversi anni anima il nostro dibattito politico segnala in questo 2010 la novità di una svolta positiva, di una inversione di tendenza nell’atteggiamento e nel giudizio dell’opinione pubblica. Questo cambiamento, evidente per alcune, non coinvolge tutte le Istituzioni nello stesso modo, ma nel complesso esprime un segnale che non può essere sottovalutato.

Analizzando la serie storica dei dati relativi al grado di fiducia accordata dai cittadini alle Istituzioni emerge con chiarezza come questa abbia registrato un aumento importante passando dal 10,5% del 2009 al 39% del 2010, con uno scarto di ben 28,5 punti percentuali.

Si è trattato evidentemente di una crescita graduale se si prendono in considerazione gli ultimi tre anni quando, nel passaggio dal dato del 2008 (5,1%) a quello del 2009 (10,5%), si iniziava ad intravedere una lieve ripresa della fiducia degli italiani, ma marcata se si considera invece il periodo 2004-2008 all’interno del quale il numero dei fiduciosi non supera mai il 10%.

Allo stesso tempo, la quota di cittadini che esprimono una diminuita fiducia nelle Istituzioni si attesta nel 2010 al 45,8% segnando rispetto all’anno precedente una flessione di dieci punti circa. Stesso andamento si è registrato tra quanti affermano che la propria fiducia non ha subìto variazioni: un dato in forte calo nel 2010 (14,1%) rispetto al 2009 (32,6%), ma soprattutto se messo in relazione con i risultati degli anni precedenti. Diminuiscono, allo stesso tempo, gli indecisi, che non hanno saputo o non hanno voluto fornire una risposta (1,1%).

Come per il 2009, quest’anno si registra un aumento consistente della fiducia nel Sud (52,8%) e una ripresa del Settentrione con il 40,5% del Nord-Ovest. L’aumento minore di fiducia lo fanno invece registrare il Nord-Est (26%) e soprattutto le Isole (23,5%) dove, al contrario, è più alto il numero di chi dichiara diminuita la propria fiducia (54,4%).

Ad accordare maggiore fiducia sono soprattutto coloro che dichiarano di avere un orientamento politico di centro-sinistra (43,6%), seguiti da quanti invece non si riconoscono in nessuno schieramento politico presente nel nostro Paese (42,2%). Per questi ultimi è necessario sottolineare che complessivamente rappresentano all’interno dell’intero campione intervistato il 27,5%, la percentuale maggiore rispetto a coloro i quali hanno indicato invece la propria area politica di riferimento.

I “non rappresentati” costituiscono evidentemente una folta schiera degli elettori, sono per la maggior parte gli “estemporanei”, coloro cioè che si recano alle urne spostando il proprio voto a seconda delle politiche e dei programmi proposti nelle diverse tornate elettorali, dai diversi schieramenti politici. Ma sono anche quelli che, secondo numerosi studi di tendenza, sempre più spesso, decidono di esercitare il proprio diritto di voto attraverso l’astensione o l’annullamento. Ancor più importante diventa allora analizzare il dato espresso da questi cittadini, anche quando indicano una diminuzione della propria fiducia nelle Istituzioni (47,8%), poiché segnalano in ogni caso un sentire basato su un’interpretazione della realtà che subisce minori condizionamenti di tipo ideologico.

Si sentono più fiduciosi inoltre i cittadini di centro (39,6%), seguiti da quelli di sinistra (37,7%), di centro-destra (35,4%) e infine di destra che, tra tutti, sono quelli che in misura minore sentono aumentato il loro livello di fiducia nelle Istituzioni (34,8%).

Sull’altro versante, quello della diminuzione della fiducia accordata alle Istituzioni, si segnala il 50% delle indicazioni di chi si colloca al centro insieme al 49,4% degli elettori di sinistra che si discostano di pochi punti percentuali dalla area politica di destra (47,7%), di centro-sinistra (42,3%). Infine, per il centro-destra il dato scende fino al 39,2%.

Decisamente inferiore il numero di quanti affermano che la fiducia riposta nelle Istituzioni sia rimasta invariata: si passa dal 9% – sia di coloro i quali non si riconoscono in alcuna area politica sia dei cittadini di centro – al 13,2% di quelli del centro-sinistra, con un picco nel centro-destra (24,3%).

Il Presidente della Repubblica: un punto di riferimento saldo

La rilevazione di quest’anno evidenzia come, nonostante il giudizio dei cittadini sulle Istituzioni, viste nel loro insieme, sia nel complesso positivo e tendenzialmente in crescita rispetto agli anni passati, l’atteggiamento si modifica nel momento in cui si procede all’analisi delle singole Istituzioni. Si tratta infatti di una crescita che non è equamente distribuita.
Protagonista di questa inversione di tendenza è la figura del Presidente della Repubblica. L’immagine e l’operato di Napolitano spostano in alto i consensi dei cittadini interpellati che sfiorano il 70%, mentre nel 2009 il dato si era attestato intorno al 62%. Nel contempo, cala il numero di coloro che esprimono sfiducia: dal 33,6% al 29,5% del 2010.
In particolare, il Presidente Napolitano ha maggiore appeal presso gli over65 che gli accordano la propria fiducia nel 73,3% dei casi (contro il 25,4% degli sfiduciati della stessa classe d’età) e tra coloro i quali hanno tra i 45 e i 64 anni (73,7% vs 23,4%). Si tratta di un consenso diffuso che tocca comunque tutte le fasce d’età e non scende mai al di sotto del 60%. Accade così che anche la fascia intermedia dei 35-44enni mostri comunque una quota di consensi decisamente alta (66,1%), seguita da quella dei giovani tra i 25 e i 34 anni (61,5%) e dai 18-24enni (60,1%).

Governo: giudizio stabile

La situazione si capovolge nel giudizio espresso nei confronti del Governo: i fiduciosi sono soltanto il 26,7% che segnano inoltre un calo, seppur lieve, rispetto al 2009 quando erano il 27,7%.

Il dato sulla fiducia riposta dai cittadini nel Governo rappresenta comunque una costante degli ultimi anni, sia che si tratti di un governo di centro-destra sia di centro-sinistra: nel periodo che va dal 2004 al 2010, questa tendenza si è mantenuta pressoché invariata, registrando cambiamenti minimi da un anno all’altro. La quota di quanti si dichiaravano fiduciosi nei confronti del Governo erano il 33,6% nel 2004, l’anno successivo diminuivano lievemente al 32,9% per poi scendere in maniera più evidente nel 2006 (23%). Il 2007 ha segnato una ripresa al 30,7% dei consensi che segnano successivamente un andamento decrescente, ma su valori nel complesso costanti, negli ultimi tre anni.

Sul Governo, per quanto riguarda le aree geografiche fiducia e sfiducia sembrano essere uniformemente distribuite: al Nord-Est la fiducia presenta un dato più alto e raggiunge il 29,4% (6,9% molta – 22,5% abbastanza fiducia). Al contrario, il grado più basso di fiducia si registra nelle Isole, dove il 22,8% dei cittadini ha molta (3,7%) e abbastanza (19,1%) fiducia nei confronti del Governo. Il Centro con il 74,9% e le Isole con il 75,8% rappresentano le punte massime di non fiducia nei confronti del Governo.

Più di tutti gli altri, gli elettori di centro-destra (50,8%), seguiti dal 45,4% di chi dichiara di essere di destra e dal 35,1% di chi si colloca al centro ripongono la propria fiducia nel Governo. Un abbassamento del sentimento di fiducia nell’operato del Governo è condiviso invece da chi si definisce di sinistra (17,9% di fiduciosi), di centro-sinistra (16,3%) e da quelli che non si identificano con alcun schieramento politico (13,3%).

Parlamento, eppur si muove…

L’analisi effettuata per il Governo è similare a quella che è possibile evidenziare per il Parlamento che tra il 2004 e il 2010 si è mantenuto su una linea di tendenza che ha oscillato tra il 24% e il 36% dei consensi. Unica eccezione, rispetto a questo andamento, il 2008 che registrò un calo vistoso quando i cittadini che affermavano di avere abbastanza (17,5%) e molta fiducia (1,9%) nel Parlamento erano in totale il 19,4%. Nel 2010, il Parlamento raccoglie il 26,9% della fiducia discostandosi di poco, ma con segno positivo, dal 2009 (26,2%).

Nel centro-destra la fiducia nel Parlamento arriva al 43,4%, anche se gli sfiduciati rappresentano il 52,9%. A destra e nel centro gli orientamenti sono simili: le percentuali di fiduciosi fanno registrare rispettivamente il 34,8% e il 34,3%, mentre a non avere fiducia sono il 63,6% dei primi e il 64,2% dei secondi.
La situazione cambia e il livello di fiducia scende nel centro-sinistra (23,9%) e a sinistra (23,5%). Nella maggior parte dei casi, l’82%, coloro che non si collocano in nessuna area politica rivelano di non avere fiducia nel Parlamento.

La magistratura riprende quota

Tra le Istituzioni è la magistratura, insieme alla figura del Presidente della Repubblica, che quest’anno acquista nuovo credito presso l’opinione pubblica: infatti se nel 2009 la fiducia dei cittadini era al 44,4%, nel 2010 si è evidenziato un aumento di 3,4 punti che fa crescere la percentuale fino al 47,8%. Si tratta di un trend in positivo e graduale che ha riguardato in particolare gli ultimi cinque anni partendo dal dato più basso registrato nel 2006 (38,6%), il successivo miglioramento del 2007 (39,6%) e del 2008 (42,5%) fino al crescendo degli ultimi due anni.

Si può quindi affermare che dopo un calo della fiducia registrato in maniera graduale e continuativa tra il 2004 (anno in cui la magistratura riscuoteva il massimo dei consensi del periodo considerato con il 52,4%) e il 2006, il 2007 ha segnato una svolta in senso positivo per la magistratura che è proseguita fino ad oggi, sebbene essa continui comunque a non raccogliere la fiducia della maggioranza dei cittadini.

Risulta di grande interesse poi analizzare il grado di fiducia nella magistratura attraverso l’incrocio con i dati riferiti all’appartenenza politica dei cittadini, anche in considerazione del dibattito aperto sui rapporti tra potere politico e potere giudiziario nel nostro Paese.

Una minore fiducia nei confronti della magistratura viene espressa in egual misura da coloro i quali appartengono al centro-destra e alla destra che si dicono fiduciosi rispettivamente nel 35,4% dei casi e nel 35,6% dei casi e sfiduciati nel 61,4% e nel 62,1% dei casi.

Contrariamente a quello che si potrebbe ipotizzare, a dare grandemente fiducia alla magistratura è il 53% dei cittadini che si collocano politicamente al centro. Anche a sinistra (58,1%) e al centro-sinistra (58,5%), comunque, l’apprezzamento si attesta su livelli che superano abbondantemente il 50%.

Di grande interesse infine il dato di chi ritiene di non essere rappresentato da nessuno degli schieramenti politici italiani e che ripone la propria fiducia nella magistratura nel 44,7% dei casi contro il 52,2% degli sfiduciati.

La magistratura raccoglie maggiore consenso nel Nord-Est (52%) e nel Centro Italia (50,7%) con l’apprezzamento di più della metà del campione dei residenti in queste aree. Mentre al Nord-Ovest con il 47,9%, nelle Isole con il 45,6% e soprattutto al Sud (43,1%) le percentuali subiscono una diminuzione. E d’altra parte sono sempre il Sud e le Isole ad esprimere il numero più elevato di cittadini sfiduciati, rispettivamente il 54,1% e il 51,5%.

La Benemerita: un’Arma di tutti

Chiamati a rispondere sulla fiducia che accordano alle altre Istituzioni, gli italiani fanno emergere anche nell’indagine di quest’anno uno stretto legame con le Forze dell’ordine che la stragrande maggioranza dei cittadini continua ad identificare come sicuro punto di riferimento.

In particolare, il gradimento nei confronti dell’Arma dei Carabinieri, che in tutte le rilevazioni effettuate dall’Eurispes si è sempre posizionata al primo posto per numero di consensi, è aumentato di quasi 6 punti percentuali passando dal 69,6% del 2009 al 75,3% nel 2010. A seguire, la Polizia di Stato, che segna anch’essa un incremento sensibile della fiducia accordata dai cittadini: nel 2009 era il 63,3% mentre nel 2010 si attesta al 67,2% (+3,9).

Parallelamente cresce anche il dato relativo ai consensi nei confronti della Guardia di Finanza che lo scorso anno raggiungeva il 62,7% e nel 2010 guadagna oltre 4 punti arrivando al 66,9%, quasi allo stesso risultato ottenuto dalla Polizia.

Di segno contrario, invece, l’andamento dei giudizi nei riguardi della Polizia penitenziaria che evidenziano una diminuzione del consenso di quasi cinque punti percentuali. Con tutta probabilità, questo risultato è anche il frutto dei recenti fatti di cronaca (presunte violenze nei confronti dei detenuti, ecc.) che hanno contribuito ad influenzare l’opinione pubblica.

Prendendo in esame l’area politica di riferimento emerge che tra coloro che si collocano nell’area di centro vi è una maggiore propensione nell’accordare fiducia ai Carabinieri (80,6%), seguiti dal centro-destra (78,3%). Di particolare interesse appare il giudizio positivo espresso dal centro-sinistra (78,2%) e dalla sinistra (75,4%). Fiduciosi nell’Arma, in misura minore anche rispetto a chi non si riconosce in nessuna area politica (71,7%) sono coloro i quali dichiarano di essere di destra (69,7%).

Una maggiore fiducia nelle Forze dell’ordine si riscontra soprattutto tra le persone più anziane e nella fascia d’età compresa tra i 45 e i 64 anni. Accade così che gli over65 accordino fiducia all’Arma dei Carabinieri nel 79,1% dei casi, alla Polizia nel 71,3% dei casi e alla Guardia di Finanza (69,3%). Stesso discorso per coloro i quali si trovano nella classe d’età dei 45-64 anni che esprimono il proprio gradimento soprattutto nei confronti dell’Arma (79,8%); segue il gradimento nei confronti della Polizia (68,3%) e nei confronti della Guardia di Finanza (66,5%).

Le altre Istituzioni

Per dare un quadro ancora più esaustivo, si è voluto sondare insieme al grado di fiducia accordato alle Istituzioni politiche e alle Forze dell’ordine, anche quello relativo a quelle altre Istituzioni che rappresentano un punto di riferimento sociale, economico e religioso.

Rispetto al 2009, quest’anno si delinea un miglioramento per quasi tutte le Istituzioni prese in esame, con eccezione della scuola e dei partiti, che continuano a segnare una leggera flessione (rispettivamente, -1,9 e -0,7 punti percentuali).

Le associazioni di volontariato invece incrementano ancora il grado di consenso (+10,8%) con addirittura l’82,1% dei fiduciosi nel 2010.

Segnali più che positivi anche per la Chiesa: il 47,3% degli italiani ha infatti affermato di riporvi abbastanza o molta fiducia. Si tratta di una ripresa rispetto alla crisi di consensi, che avevamo segnalato nelle scorse edizioni del Rapporto. Rispetto allo scorso anno infatti il dato segna 8,5 punti in più e si riassesta sui valori del 2008. Più in particolare, circa un terzo (27,8%) degli intervistati vicini al centro-sinistra sostiene di avere abbastanza fiducia nella Chiesa, mentre solo il 12,9% di chi si dichiara di destra ripone la massima fiducia, percentuale quasi identica per gli intervistati dello schieramento politico opposto (12,3%).

Le altre Confessioni religiose godono di relativa fiducia (23%) e ciò è probabilmente dovuto alla scarsa conoscenza e alla limitata presenza di altre confessioni oltre a quella cattolica sul territorio italiano e all’associazione, nell’immaginario collettivo tra il termine “altre religioni” e la religione islamica con il conseguente accostamento improprio ed ingiusto al terrorismo internazionale, oltreché ai problemi connessi con l’immigrazione.
Degno di nota è anche l’aumento di fiducia riscosso dalle associazioni delle imprenditori (+14,7%).

La Pubblica amministrazione segna un interessante miglioramento di fiducia (+3,7%). Segno evidente che gli sforzi compiuti in direzione di una maggiore trasparenza, una migliore organizzazione e di una diversa qualità dei rapporti con il cittadino sta producendo risultati positivi. Ma il tasso di sfiducia resta ancora altissimo (73,8%).

Inoltre, il 45,5% dei cittadini ha affermato di non nutrire alcuna fiducia nei confronti dei partiti. Tassi così alti di sfiducia vengono segnalati solo nei confronti dei sindacati (35,8%) e dalle altre confessioni religiose (35,9%) (tabella 20).

Circa un terzo del campione si è detto invece abbastanza fiducioso nei confronti della Chiesa e più della metà nei confronti delle associazioni di volontariato, testimoniando di fatto una sostanziale disistima nei confronti degli ambienti legati al sistema di potere e una maggiore attenzione verso le organizzazioni ispirate da etiche e valori condivisi.

Su un altro fronte i partiti e i sindacati dimostrano ancora una loro grande difficoltà a recuperare il rapporto con il tessuto sociale: quasi l’88% (nessuna fiducia, 45,5% e poca fiducia, 42,4%) e il 76,7% (nessuna fiducia, 35,8% e poca fiducia, 40,9%) degli italiani hanno dichiarato di non nutrire fiducia verso queste due istituzioni.

Come accennato, la scuola è una delle due istituzioni che continua a perdere fiducia da parte degli italiani e in particolare da parte delle fasce giovanili: il 52,7% di quanti hanno con un’età compresa tra i 18 e i 24 anni ha dichiarato di avere poca fiducia nei confronti dei soggetti a cui è deputata la formazione scolastica e il 10,1% non ha alcuna fiducia. Nonostante le riforme e l’attenzione dedicate dal Ministro dell’Istruzione Gelmini, la percentuale di poca fiducia verso la scuola si raccoglie in maniera maggiore tra gli intervistati vicini al centro-destra e alla destra (50,3% e 43,2%).

I sindacati perdono colpi a sinistra

Rispetto agli schieramenti politici, le organizzazioni sindacali segnalano un perdita del consenso soprattutto da parte di chi si dichiara di sinistra e di centro-sinistra. Il 43,8% dei primi ha asserito di essere poco fiducioso (dato molto vicino alla percentuale degli intervistati di centro-destra) e quasi il 30% dei secondi di non esserlo per nulla.

Partiti e distanti

La completa mancanza di fiducia nei confronti dei partiti è espressa in maniera quasi uniforme in tutte le aree geografiche del Paese con le punte del Centro (49,3%) e delle Isole (52,9%). Se si sommano le percentuali di coloro che non hanno nessuna fiducia e di coloro che ne hanno poca il picco della sfiducia si concentra ancora una volta nel Centro con il 91,5%, seguito dal Sud con l’87,6%, dal Nord-Est con l’87,5% e dal Nord-Ovest con l’87,2%. Le Isole con il loro 85,3% non producono nessun conforto ad una situazione che appare gravemente compromessa.

La fiducia espressa dagli italiani nei confronti dei partiti politici è molto bassa a prescindere dalla loro area politica di appartenenza. In ciascuna di queste infatti il numero di chi dichiara di non avere “nessuna fiducia” e di chi comunque sostiene di riversarvene “poca”, supera (in totale) l’80%.

Nonostante ciò, confrontando i dati registrati con quelli dello scorso anno, la fiducia nei partiti, nel corso del 2009, pare essere aumentata di circa il 5%. Rispetto all’anno precedente, infatti, in ogni area politica di appartenenza si registra una riduzione percentuale del numero di chi dichiara di non avere “nessuna fiducia”, compensata da un proporzionale aumento di chi dichiara al contrario di averne “abbastanza”.

La Chiesa al primo posto insieme al volontariato

La Chiesa sembra aver superato la fase di stallo che aveva caratterizzato i recenti anni passati e la fiducia degli italiani nei suoi confronti segnala un sensibile incremento. Sembra ormai essersi esaurito l’effetto Wojtyla, la cui morte aveva provocato un forte senso di disorientamento tra i fedeli e che i primi anni del nuovo pontificato non erano evidentemente riusciti a colmare. Via via che il pontificato di Papa Benedetto XVI procede, il suo messaggio riesce a penetrare nell’immaginario collettivo anche per la sua fermezza, lucidità e chiarezza. Molto apprezzate sembrano essere le posizioni assunte recentemente sul ruolo e sulle responsabilità della Chiesa anche di fronte a temi e a questioni dolorosamente aperte dalla cronaca.

La fiducia nella Chiesa ha un riscontro differente in ogni singola area politica: se a sinistra è il 37% a non avere “nessuna fiducia” in questa istituzione, nel centro e a destra tale percentuale si abbassa notevolmente. registrando rispettivamente solo un 14,9 % e un 17,4%.

È comunque nelle aree politiche di centro e di centro-destra che si registra la maggiore fiducia: il totale di chi dichiara di averne “abbastanza” e “molta ” è rispettivamente il 61,9% e il 58,2%, rispetto al 46,2% della destra e al 40,1% della sinistra.

Magistrati: meglio separati

Solo il 36% dei cittadini condivide e approva l’attuale sistema ordinamentale che accomuna indistintamente i magistrati dell’accusa, quelli che devono esercitare una funzione di controllo sull’operato dei primi nel corso delle indagini e coloro che invece attraverso il processo dovranno giudicare. Il 57,8% non condivide tale sistema e solo il 6,2% non esprime un’opinione a riguardo.

I più favorevoli all’attuale sistema si concentrano nell’area della sinistra (53%) che però registra anche un sostanzioso 41,6% di contrari. Nel centro-sinistra, forse anche a sorpresa, i contrari superano i favorevoli; 51,2% contro il 41,7%. Gli elettori di centro esprimono per il 63,3% un parere negativo mentre nell’area di centro-destra quasi i tre quarti degli intervistati (71,7%) è contrario. Percentuale che lievita ulteriormente nell’area di destra sino ad arrivare al 75,9%.

Tra coloro (36%) che condividono l’attuale sistema ordinamentale, più della metà (53,7%) afferma di avere fiducia nella capacità e nella indipendenza di giudizio dei magistrati italiani. Il 25,9%, cioè un italiano su quattro, è preoccupato della possibilità di separare le carriere poiché intravede il pericolo che il ruolo dell’accusa possa indebolirsi. Il 19% invece è convinto della bontà del nostro modello organizzativo e ritiene che i sistemi politici con carriere separate offrano minori garanzie di indipendenza ed affidabilità.

La fiducia massima nella capacità e nella indipendenza di giudizio dei magistrati viene espressa dagli intervistati di centro con il 65% seguita da quelli di centro-sinistra con il 57%, da quelli di sinistra con il 54,8%, da coloro che non si riconoscono in nessuna area politica con il 50%, dagli intervistati che si dichiarano di centro-destra con il 47,5% e da quelli di destra con il 40%.

I più timorosi che la separazione delle carriere possa indebolire il ruolo dell’accusa sono nella destra con il 36%, nel centro-destra con il 35%, seguono la sinistra con il 27,4%, coloro che non si identificano in nessuna area politica con il 25%, il centro-sinistra con il 20,9% e il centro con il 20%.
Pare, dunque, che i più preoccupati sul possibile indebolimento dell’accusa siano coloro che si collocano nel centro-destra e nella destra. Segno evidente che il tema della giustizia è fortemente sentito anche in quella parte dell’elettorato che secondo la vulgata comune dovrebbe avere un atteggiamento fortemente critico nei confronti dei pubblici ministeri. Una attenzione al tema che supera abbondantemente quella espressa dal centro-sinistra, area politica nella quale più forte si manifesta la solidarietà e la vicinanza nei confronti dei magistrati.

Diverse le posizioni del 57,8% che ha espresso la propria contrarietà nei confronti dell’attuale organizzazione del sistema giudiziario: il 28,3% di questi è convinto che il sistema attuale pregiudichi l’imparzialità stessa dei magistrati. Il 18,9% è convinto invece che questo sistema non consenta la necessaria parità nel corso del procedimento penale tra accusa e difesa ma è sul raffronto con le altre esperienze, specialmente quelle dell’Inghilterra e degli Stati Uniti, che si concentra l’attenzione degli intervistati che esprimono la convinzione per il 51,5% dei casi che quei sistemi offrano maggiori garanzie di indipendenza ed affidabilità.

Magistrati: tra imparzialità e politicizzazione

La maggioranza dei cittadini (49%) ha abbastanza (39,1%) o molta (9,9%) fiducia nell’imparzialità dei magistrati. Di poco inferiore la quota percentuale dei non fiduciosi che nel 48,1% dei casi esprimono una completa sfiducia (poca nel 36,7%, nessuna nell’11,4%).

A sinistra dichiara di avere poca o nessuna fiducia il 32,1% mentre il 66,7% esprime abbastanza (50%) e molta fiducia (16,7%). Nel centro-sinistra la sfiducia cresce al 37,1% e la fiducia si abbassa al 60,2%. Nel centro esprime poca o nessuna fiducia il 47% degli intervistati e i fiduciosi calano al 50,7%. Nel centro-destra esprime sfiducia il 60,9% degli intervistati e solo il 35,4% ha abbastanza o molta fiducia. Nell’area di destra la percentuale di coloro che manifestano sfiducia sale al 66,7% e solo il 30,3% mostra di avere abbastanza (25,8%) o molta fiducia (4,5%). Anche tra coloro che dichiarano di non riconoscersi in nessuno degli schieramenti che il panorama politico offre, la percentuale dei non fiduciosi supera di qualche decimale il 50% (50,3%).

Tra coloro che hanno espresso fiducia nell’imparzialità dei magistrati il 53,7% riconosce loro capacità di giudizio e confida nella loro indipendenza. Il rischio che la separazione delle carriere possa indebolire il ruolo dell’accusa è segnalato e condiviso dal 25,9%, mentre la convinzione che la separazione delle carriere dei magistrati possa comportare minori garanzie di indipendenza e di affidabilità è condiviso dal 19% del campione.

Uno dei temi al centro del dibattito pubblico è rappresentato dalla presunta politicizzazione dei magistrati italiani che vengono spesso di essere guidati nella loro azione da pregiudizi di carattere politico o ideologico.

Gli intervistati al riguardo sembrano avere le idee molto precise. Il 20,2% è convinto che i magistrati non siano condizionati dalle loro idee politiche. Il 53,5% è convinto che le idee politiche delle quali sono portatori condizionino solo una parte dei magistrati, quella parte definita comunemente “politicizzata”. Il 20,7% è invece convinto che tutti i magistrati siano fortemente condizionati dalla loro appartenenza politica o ideologica.

L’altra questione al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica è quella della durata dei processi sulla quale Governo e Parlamento sono impegnati. Su questo tema gli italiani sono quasi per la totalità d’accordo; infatti, il 96,3% giudica i processi troppo lunghi. Solo il 3,7% invece è convinto del contrario.

Il 55,5%, cioè la maggioranza, è convinto che siano troppi i passaggi burocratici che accompagnano i procedimenti mentre il 21,1% attribuisce al Governo, che non assicura i mezzi e le risorse necessarie, il cattivo funzionamento della macchina della giustizia. Solo un’esigua minoranza, l’8,8% del campione, attribuisce una qualche responsabilità agli avvocati della difesa che avrebbero, in linea teorica, interesse a prolungarne la durata mentre solo l’8,1% degli intervistati attribuisce la responsabilità ai magistrati accusati spesso di avere una scarsa predisposizione al lavoro.

Complici i mezzi di comunicazione di massa che spesso imbastiscono veri e propri processi mediatici assolvendo o condannando indipendentemente dallo svolgersi reale delle vicende, si è progressivamente affermata la prassi che vorrebbe che siano gli imputati di turno a dover dimostrare la propria innocenza. Gli italiani non sembrano avere dubbi: il 73,6% dichiara che deve essere il magistrato a dover dimostrare la colpevolezza dell’accusato e non questi la sua innocenza. Solo il 20,8% invece ritiene che debba essere l’accusato a dover dimostrare la propria innocenza.

La politica del conflitto

Il dibattito politico nel nostro Paese ormai da diversi anni è caratterizzato da una forte contrapposizione tra i due schieramenti principali. Questo scontro continuo e l’incapacità di trovare punti di intesa, quando necessario per il bene della collettività, contribuiscono ad affermare l’immagine di una politica inadeguata e distante dagli interessi veri dei cittadini.

Quanto detto appare confermato in pieno dalle risposte fornite alla domanda relativa al giudizio sul confronto tra le forze politiche: il 45,5% dei cittadini, quindi quasi la metà, ritiene che all’origine di questo scontro infinito vi siano l’inadeguatezza e l’impreparazione degli esponenti politici, il 24,8% la ritiene una vera e propria patologia in grado di provocare gravi danni alla democrazia stessa. Solo il 9,5% ritiene che questo scontro debba considerarsi il normale risultato del confronto politico ed il 6,7% lo giudica il prodotto naturale della democrazia. Mentre per l’8,5% alla base vi sarebbe un conflitto sociale sottovalutato.

Complessivamente l’85,3% dei cittadini condivide molto (56,1%) e abbastanza (29,2%) l’idea secondo cui i partiti dovrebbero cercare di raggiungere il massimo di concordia possibile per il bene del Paese.

L’opinione secondo cui la diversità di opinioni debba manifestarsi in ogni forma possibile divide a metà il campione: il 49,6% manifesta un chiaro dissenso (per niente 29,3%, poco 20,3%) mentre complessivamente il 43,6% si dichiara favorevole (abbastanza 28,2%, molto 15,4%).
Tuttavia, la larga maggioranza dei cittadini, l’88,8%, si dice abbastanza (23,1%) e molto (65,7%) convinto del fatto che occorra un rispetto comune per le regole della politica.

Un altro tema che ha caratterizzato la recente vicenda politica è quello della riforma della legge elettorale che ha abolito il sistema delle preferenze. L’accusa che viene rivolta al nuovo sistema elettorale è da una parte di aver privato i cittadini della possibilità di scegliere direttamente il candidato per il quale votare e dall’altra di aver dato vita ad un sistema nel quale il Parlamento è di fatto nominato dai leader dei partiti.

Anche su questo fronte la risposta degli italiani è corale: l’83,1% è favorevole alle reintroduzione delle preferenze, solo un modesto 9,6% è contrario, mentre il 7,3% non si sente in grado di prendere posizioni.

I favorevoli sono in maggioranza ed equamente distribuiti in tutte le aree politiche di appartenenza: l’85,8% dei cittadini di centro, l’85% di quelli di centro-sinistra e l’84,6% della sinistra. A destra vorrebbero ritornare al sistema delle preferenze l’84,1% degli elettori, della stessa opinione l’80% circa di quelli di centro-destra. La pensa allo stesso modo l’82% di quanti non si riconoscono in nessuna area politica.

Roma, 25 gennaio 2010

Download Rapporto Italia 2010 in versione integrale.

17:37 – 19/12/09 – Ministero Azzera fondi per Funzionamento Didattico e Amministrativo.

Finanziamo le Scuole Private?
Finanziamo le Scuole Private?

Governo stanzia soldi in finanziaria per sostenere la scuola privata, ma manda in miseria quella di Stato.

Con la nota n.8767 sulle istruzioni del programma annuale 2010 il dicastero di viale Trastevere comunica alle scuole che dovranno fare i bilanci con zero euro per le spese ordinarie e che verranno azzerati tutti i fondi per il funzionamento didattico e amministrativo delle scuole, a sostenerlo è la FLC CGIL in un comunicato.

Ad esprimersi sulla questione è il segretario generale della FLC CGIL, Domenico Pantaleo che osserva ”Non si danno i soldi per il funzionamento, si danno poche migliaia di euro per le supplenze, si tagliano i fondi per i piani dell’offerta formativa. Tutto questo risulta oltremodo oltraggioso da parte di un Ministro che parla sempre di qualità”.

“Anche il 2010 – prosegue Pantaleo – sarà un anno molto difficile per 10.450 scuole affamate dalla politica del governo che stanzia i soldi in finanziaria per sostenere la scuola privata, ma manda in miseria quella di stato”. “Il Ministro dimentica – dice il sindacalista – che la scuola pubblica ha gli obblighi che le impone la Costituzione: è paradossale che per realizzare la propria missione istituzionale la scuola debba ricorrere a fondi privati perchè le viene negato l’obbligatorio finanziamento pubblico”.

In risposta alle parole pronunciate, due giorni fa, dal Ministro Gelmini nel corso di una nota trasmissione televisiva, con le quali affermava che “i soldi per la scuola ci sono, la finanziaria ha previsto questo e quell’altro e che per i precari si stanno prendendo chissà quali provvedimenti”, la FLC CGIL afferma che “Questo taglio si aggiunge ad altri tagli, altrettanto gravi e lesivi dell’attività scolastica e formativa, per non parlare di oltre 1 miliardo di euro anticipati dalle scuole per conto dello Stato negli ultimi anni e non ancora recuperati. E’ la politica – conclude – di chi vuole smantellare le scuole italiane. Ci batteremo contro questa gestione irresponsabile e dissennata che lascia le scuole nel caos e le costringe a chiedere soldi alle famiglie per l’attività di tutti i giorni e per chiamare i supplenti”.

Fonte: Il Manifesto.

Vedi anche:

13:57 – 09/09/09 – Giorgio Stracquadanio e la S(q)uola I(TAGLI)ana..