15:10 – 12/09/09 – Sardegna: Scuola, i precari bloccano la 131 per ore

Grande solidarietà dagli automobilisti e dagli amministratori del Sassarese

di Pier Giorgio Pinna

La 131 bloccata dai precari della scuola
La 131 bloccata dai precari della scuola
SASSARI. Ci sono molti modi per vincere una battaglia. E non sempre il successo appare chiaro subito. I precari della scuola hanno capito di avercela fatta solamente alle 9 del mattino. Non prima, quando all’alba si erano mossi in trecento per paralizzare all’altezza del bivio per Muros la più importante strada della Sardegna, la Carlo Felice. E neanche nel momento in cui sindaci e politici avevano garantito il loro appoggio. È stato due ore dopo, non appena tutti i blocchi sulla 131 sono stati eliminati, quando 20 km di tir, auto, furgoni e pullman sono lentamente sfilati davanti ai manifestanti ai due lati della carreggiata. Minuti carichi di tensione, all’inizio. Poi da moltissimi dei mezzi in attesa da oltre mezz’ora sono arrivati saluti, incitamenti, applausi, mentre tanti clacson suonavano in segno di apprezzamento. Solo qualche camionista ha lanciato insulti distribuendo vaffa… a raffica. Tutti gli altri, ai bidelli con gli striscioni anti-tagli e ai prof che gridavano «siamo gli insegnanti dei vostri figli», hanno manifestato comprensione, sostegno, solidarietà. Dando una prova di tolleranza niente male. E facendo tirare un sospiro di sollievo alle decine di agenti e carabinieri che sino a quell’istante avevano controllato con mano ferma il sit-in per evitare incidenti.

IL CORTEO. Una giornata, quella di ieri, densa di proteste e proposte. Appuntamento al sorgere del sole: km 201 della Carlo Felice, nell’ampia carreggiata a tre corsie per senso di marcia tra i distributori Esso e Tamoil e lo svincolo. Un punto scelto non a caso: è uno dei pochi di tutta la 131 dov’è possibile far rallentare il traffico senza problemi. Pattuglie della Stradale presidiano i tratti nevralgici di Campomela. Arrivano gli aderenti al Comitato precari della provincia di Sassari. Seguono dirigenti della Cgil e della Cisl. Sventolano le bandiere dei sindacati, affiancate da quelle dell’Irs e di Sinistra e libertà.

I dimostranti invadono le corsie alle 7 in punto, come previsto. Gli agenti segnalano il sit-in con palette e lampeggianti. A fermarsi per primo davanti al blocco è un autocarro diretto verso Cagliari. Trasporta materiali derivati da «grandi estrazioni», come reca scritto sulle fiancate. Dietro, comincia a formarsi una fila di macchine. Lo stesso succede dall’altra parte della strada, dove è all’opera il secondo gruppo di precari. Le code diventeranno sempre più estenuanti col passare del tempo: i dimostranti si faranno da parte a intervalli di 10 minuti, ma il transito sarà lentissimo.

GLI STRISCIONI. Alle 7.10, verso Sassari, le colonne arrivano sino alle gallerie del Mascari. Nel frattempo i precari sviluppano la loro pacifica offensiva mediatica. Ancora al buio, indossano giubbini catarifrangenti. Cominciano a distribuire volantini. Tirano fuori dalle sacche megafoni, fischietti, coperchi di pentole per ritmare gli slogan, persino campanacci. E issano manifesti e striscioni. Tanti. Colorati. Tutti ricchi di fantasia. Parlano meglio loro di un oratore consumato. «Il ministro non vuole una scuola di qualità/ Vuole una scuola dell’antichità». «Cara Gelmini, siamo stanchi di viaggiare per andare a lavorare/Ma lei non pensi di farci riposare». «Siamo docenti non stabilizzati: schiavi di Stato». Con reminiscenze dei movimenti studenteschi del passato, ce n’è davvero per tutti: «Per quanto vi crediate assolti, siete comunque coinvolti». «+Tagli -Scuola = Ignoranza». «Senza lavoro e senza bidella: ecco la ricetta di Mariastella». «La cultura non si vende/Le scuole non sono aziende».

I COMMENTI. A piedi, con la fascia tricolore, dopo le 8 approdano sulla Carlo Felice i primi cittadini di Tissi, Ossi, Codrongianos, Florinas, Cargeghe, Muros. E la presidente della Provincia, Alessandra Giudici. Che ricorda: «Agli Stati generali della scuola convocati per la prossima settimana a Sassari ho invitato l’a ssessore Baire e il governatore Cappellacci. Mi auguro partecipino: abbiamo bisogno di risposte da parte della Regione». Il sindaco di Sassari, Gianfranco Ganau, rincara la dose: «Il progetto del governo è indecente, inaccettabile, soprattutto nell’isola, dove si rischia una perdita di scolarizzazione nelle zone interne».

LE REAZIONI. Duro il leader d’Indipenditzia Repubbrica de Sardigna, Gavino Sale: «Lo sfascio è totale. Non si salva nulla: dalla chimica ai fondi Fas, dall’energia sino, adesso, alla scuola. Stare con l’Italia è un lusso che non possiamo più permetterci». Incalza il consigliere comunale sassarese del Partito democratico Roberto Schirru: «I tagli andavano fatti altrove, non certo tra gli insegnanti e i bidelli». Mentre il candidato alla segreteria sarda del Pd Silvio Lai rileva: «Sono convinto che esistano ampi spazi perché la Gelmini modifichi la sua posizione, ma il fronte della protesta deve restare compatto in tutt’Italia». «Abbiamo un governo geniale: per risolvere la questione-precari li licenzia tutti, come fece Reagan con i controllori di volo negli Usa», osserva il difensore civico del Comune di Sassari Graziano Tidore, anche lui professore. E Rosario Musmeci, di Sinistra e libertà: «L’isola sta diventando il baluardo di un nuovo modello dove la Regione è una stampella utile a finanziare il disimpegno nazionale».

Crede invece nell’intesa ratificata il 30 luglio dall’assessore Baire il responsabile sardo della Uil scuola, Giuseppe Macioccu: «Ma l’accordo va modificato in modo da garantire anche i precari senza abilitazione». E se i giovani comunisti del circolo Centro storico di Sassari si dicono pronti a contribuire a costituire un comitato unitario anticrisi, afferma la sua netta contrarietà all’u ltima misura varata a Roma il coordinatore di Sardigna Natzione Indipendentzia. Sostiene infatti Bustianu Cumpostu: «Premesso che questa scuola è una istituzione coloniale che cancella l’identità dei sardi, diciamo no ad assunzioni clientelari».

LE IDEE. Sulla 131 i precari rilanciano il loro piano. Criticano le posizioni di alcuni sindacati, giudicati troppo arrendevoli. Scandiscono con slogan il programma. «A fora, a fora/la ministra accabadora». «Alunni accorpati/Insegnanti disoccupati». «Tagliate i vostri privilegi, non il nostro lavoro». C’è chi, come Sara Marras e Sabrina Casu, tra le ultime inserite in graduatoria dopo i corsi Siss, chiede: «A che è servito buttar via tanti soldi, se oggi il nostro titolo non è spendibile e siamo comunque tagliate fuori?». Altri, in vena di citazioni, ricordano come in queste ore sulle mura del liceo classico Siotto, a Cagliari, siano apparsi alcuni versi di Archiloco: un inno alla libertà, ancora attuale dopo quasi tre millenni. E, da professionisti della cultura, ne approfittano per lanciare un segnale. Come il poeta greco, prima di nuove battaglie, avvertono: «La volpe conosce mille trucchi, l’istrice uno solo ma buono».

Fonte: La Nuova Sardegna

16:29 – 09/09/09 – Non c'è nulla che sia più ingiusto quanto far parti…

“Avevo proprio deciso di votare P.C.I. ma ora lo piglia in culo”Don Lorenzo Milani

Don Lorenzo Milani, Priore di Barbiana
Don Lorenzo Milani, Priore di Barbiana

In questi primi giorni di settembre, dopo la lunga pausa estiva, presidi e insegnanti hanno ripreso a lavorare, discutere ed incontrarsi nelle sedute dei Collegi dei docenti, nelle riunioni delle commissioni tecniche, nei Consigli di Istituto, per organizzare e progettare le attività didattiche curricolari e aggiuntive in relazione al nuovo anno scolastico. Ovunque, nelle case e nelle scuole fervono gli ultimi preparativi per l’imminente avvio delle lezioni. Il ministro, alti dirigenti e funzionari scolastici, varie figure di esperti gareggiano per lanciare qualche input, offrire consigli preziosi agli insegnanti, indicare ed illuminare la “retta via” a chi, eventualmente, l’avesse smarrita.

Inoltre, gli insegnanti precari hanno iniziato a ribellarsi e protestare in modo massiccio e compatto. Si tratta di una rivolta senza precedenti perché i licenziamenti di massa sono senza precedenti. Mai come in questo momento occorre stare al fianco dei lavoratori precari del mondo della scuola in un “autunno caldo” esploso con largo anticipo.

Si annuncia infatti un settembre infuocato nella scuola italiana, totalmente destabilizzata dalla “riforma” Gelmini, che in un botto solo ha lasciato 42mila persone senza lavoro, causando una vera macelleria sociale. E tutto per fare cassa, come detta Tremonti, e dirottare i finanziamenti alle banche e alle imprese private. In Campania, come in tutta Italia, i docenti precari hanno assaltato gli Uffici Scolastici Provinciali, in perfetto stile INNSE, avviando con forza una serie di vertenze mai conosciute in passato.

Nel frattempo continuano ad essere alimentate ideologie cariche di pregiudizi e veleni piccolo-borghesi. In seguito ad una martellante campagna demagogica e diffamatoria è inevitabile che si scatenino polemiche e piovano accuse che screditano il corpo docente, già mortificato da tempo. Stiamo parlando di una categoria professionale chiamata ad assolvere il difficile compito di educare e istruire le future generazioni, di formare i cittadini del futuro, per cui meriterebbe maggior rispetto e considerazione. Simili campagne ideologiche e strumentali sul presunto “parassitismo” dei lavoratori statali non costituiscono una novità. Inoltre mi indignano, nella misura in cui celano interessi affaristici e mercantilistici. Insomma, oltre al danno c’è anche la beffa.

Le retribuzioni salariali degli insegnanti italiani sono tra le più basse in Europa. Peggio di noi stanno solo i colleghi greci e portoghesi. Intanto, il governo in carica continua ad imporre pesanti tagli e riduzioni alle già misere risorse della scuola pubblica. Tutto ciò comporta e arreca gravi danni al budget finanziario riservato alla scuola pubblica, per dirottare i soldi verso altre destinazioni. Si pensi alle sovvenzioni stanziate per gli armamenti militari e ai contributi statali regalati alle scuole private.

Per quanto mi riguarda continuerò a seguire il principio riassunto nella frase contenuta in “Lettera a una professoressa”, scritta dai ragazzi della scuola di Barbiana del maestro don Milani: “Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”. Un concetto che richiama una visione anomala e anticonformista (diciamo pure antiborghese) della democrazia, riferita alla scuola e all’intero ordinamento sociale. La nostra è una scuola di disuguali inserita in una società sempre più disuguale, laddove pesanti disuguaglianze materiali e sociali sono destinate ad aggravarsi ulteriormente.

Dinanzi a simili sperequazioni economiche e sociali, di fronte ad allarmanti situazioni di crescente disagio e bisogno materiale, riconducibili alle nuove povertà e alle contraddizioni derivanti dai massicci fenomeni migratori provenienti dal Terzo mondo, la scuola non è attrezzata e preparata a fronteggiare tali emergenze, anzitutto per ragioni di ordine finanziario già spiegate in precedenza.

Ogni valida azione è affidata alla buona volontà, alla capacità, allo zelo spontaneo (altro che fannulloni) degli insegnanti, all’iniziativa autonoma delle istituzioni scolastiche e dei lavoratori – docenti e non docenti – che operano nelle scuole pubbliche. La cosiddetta “democrazia” non può ridursi ad un’ipotetica offerta di “pari opportunità”, esplicandosi in un’arida ed insufficiente prassi di uniformità distributiva delle risorse, così come avviene nel modello finora adottato di welfare universalistico e indifferenziato.

Al contrario, occorre rilanciare e rafforzare l’attenzione verso l’uguaglianza e la giustizia redistributiva del reddito sociale, intese in termini di equità sociale e redistribuzione delle ricchezze, possibili solo in un altro assetto del welfare e dell’ordinamento statale e sociale, che sia in grado di fornire “a ciascuno secondo i propri bisogni” e chiedere ad ognuno “secondo le proprie possibilità”. Il che significa rivoltare l’organizzazione sociale esistente, ridefinire e capovolgere l’idea stessa e la prassi finora applicata e conosciuta di democrazia, di scuola e di Stato sociale.

Di Lucio Garofalo

12:19 – 16/08/09 – Maestra, ti sposi? E adesso ti licenzio!

Grosseto, 14 agosto 2009 – I bambini l’aspettavano, i genitori anche. Ma Federica Gentili, maestra nella scuola paritaria dell’infanzia Sant’Anna di Grosseto, a settembre non sarà più al suo posto. Ha deciso di sposarsi, e per lei in quell’istituto religioso non pare ci sia più posto. Così almeno nella interpretazione della suora che coordina la scuola e che si è già fatta scrupolo di comunicare la propria decisione ai genitori dei bambini. “Con molto rammarico – ha scritto in una lettera alle famiglie – devo annunciarvi che la maestra Federica Gentili non insegnerà più nella nostra scuola perché si sposa”.

Ignara di tutto e pronta a riprendere il servizio, l’insegnante è caduta dalle nuvole quando un genitore l’ha avvisata. “Non riesco a capacitarmi: mai uno screzio — dice — con la responsabile, con i colleghi, con i genitori. Amo il mio lavoro e voglio continuarlo. Adoro i bambini e non mi rassegno a perdere il mio posto. Pensi che, se ce ne fosse stata la necessità, sarei stata pronta a rinunciare al viaggio di nozze pur di non lasciare la classe. Proprio non riesco a capire”.

Ma possibile che il matrimonio sia la causa della fine di un rapporto di lavoro? I genitori dei bambini, che in modo compatto sostengono l’insegnante, sono corsi a scuola e hanno chiesto spiegazioni alla suora.

La risposta della religiosa è stata perentoria: “La decisione è stata presa e c’è già una sostituta. Federica ha fatto la sua scelta”. La scelta di sposarsi, per la cronaca, 175 anni fa, la fecero anche i coniugi Barolo che, con un atto di generosità, decisero di dar vita all’istituto Sant’Anna.

Inutili anche le considerazioni circa l’esigenza di una continuità didattica. “I bambini – hanno insistito i genitori – si trovano bene con Federica, il rapporto con la maestra è consolidato”.

“La suora -dice Federico, padre di uno dei bimbi – ci ha risposto che le insegnanti non devono star bene ai bambini, devono star bene a chi dirige la scuola”. Nessun ripensamento, quindi, e nessuna possibilità per la suora di riaccettere l’insegnante alla quale continuano ad arrivare dimostrazioni di affetto e di solidarietà.

Al telefono dell’istituto Sant’Anna risponde una religiosa che gentilmente fa sapere che la coordinatrice non c’è e che tornerà a settembre per la ripresa delle lezioni. Non è improprio parlare di muro contro muro, una situazione che Federica Gentili vorrebbe evitare. La maestra ha spiegato che la sua decisione di insegnare in quell’istituto è nata anche dalle sue personale convinzioni. Addirittura la sua volontà è quella di non creare casi che possano creare difficoltà alla chiesa grossetana.

È con questo spirito che ha chiesto ed ottenuto un colloquio con il vescovo di Grosseto, Franco Agostinelli.

In curia l’insegnante del Sant’Anna ha spiegato il caso e portato le proprie ragioni. Per il momento il vescovo ha preferito tacere si sa però che nelle stanze della chiesa grossetana la questione è al centro delle attenzioni.

E non si può escludere un intervento dall’alto che possa portare ad un chiarimento. Una svolta insomma che l’atteggiamento più soft maturato, dopo i primi difficili momenti, sembrerebbe non escludere.

Fonte: La Nazione – Grosseto – Licenziata dalle suore la maestra-sposa “Non riesco proprio a capacitarmi”.