13:03 – 30/08/10 – Uomini e Topi (Appello ai Colleghi Tutti).

di Marcella Raiola

Diceva Gorgia che le cose non esistono, che se esistessero non sarebbero conoscibili e che se fossero conoscibili non sarebbero comunicabili, perché la parola è un'altra “cosa”, cioè una duplicazione dell'oggetto che essa millanta di definire, afferrare e racchiudere nelle sue sillabe incantatrici e provocatorie.

Nel famoso film di Martone Morte di un matematico napoletano, ispirato alla vita di Renato Caccioppoli, il professore napoletano considerato un genio, c'è una scena in cui l'attore che lo impersona, facendo ruotare disperatamente una mano attorno al suo polso, paragona la mano alla parola e il polso cui è attaccata, invece, alla “cosa”, all'Essere. La mano tenta disperatamente di afferrare il polso, ma non può. Non riesce.

Mi sono venute in mente tutte queste strane reminiscenze, ieri, mentre, sotto un padiglione improvvisato a Viale Trastevere, a Roma, in uno spiazzo di terra invaso da immondizie e percorso estemporaneamente da topi di campagna di considerevolissima dimensione, che si trova a poca distanza dal Ministero della Pubblica Istruzione, sedevo su una sedia da giardino, assieme ad una ventina di docenti precari convenuti da varie regioni d'Italia, poco distante dai due colleghi di Palermo che hanno intrapreso (uno da 11, l'altra da 2 giorni) lo sciopero della fame.

Pensavo alla discrepanza tra parole e cose perché, anche se ragionarci sopra è praticamente il mio mestiere, càpita raramente di trovarsi in una situazione in cui si può concretamente verificare lo scollamento tra la rappresentazione di un fatto, sempre cristallizzante, parziale, rimodellata o interessatamente retorizzata, e la sua natura sfuggente e polivalente.

In una Roma deserta e afosa, riuniti in un'assemblea che somigliava molto ad un bivacco rom e molto poco ad un raduno di insegnanti, ma che aveva assai più dignità di qualunque rissosa seduta dell'attuale Parlamento, insozzato dalla rozzezza squadrista di leghisti e pidiellini e devoluto alla ratifica delle sconce proposte berlusconiane o alla svendita di sé in cambio di prebende o “massaggiatrici di qualità”, abbiamo parlato ancora e ancora di scuola, di istruzione, di lotta, e lo abbiamo fatto guardando negli occhi Giacomo, deperito ma sereno e lucido, e Caterina, vitalissima e prorompente, confrontandoci con la loro volontaria scelta, senza lesinare critiche, rimbrotti e perplessità.

La realtà è complessa, molto complessa. Uno sciopero della fame è una cosa che può apparire eroica o disperata, narcisistica o provocatoria, dolorosa o esaltante e, ancora una volta, sta alla parola, ai comunicati, alle interviste, alla nostra “amministrazione” (tutta squisitamente “politica”) della situazione, rimandare alla gente da coinvolgere quel significato e quelle sensazioni che di volta in volta siano ritenute più opportune e “produttive”. E' un processo che potrebbe essere non sempre eticamente connotato nel senso della limpidezza.

E' un processo che comporta scelte gravose, rinfacci, duro scontro. Giacomo e Caterina lo sanno; lo sapevano fin da quando hanno iniziato. Non sono degli ingenui; non sono dei sempliciotti; non sono dei semplicisti.

Voglio solo accennare ad alcuni dei problemi che sorgono quando la lotta arriva ad un certo stadio, per far comprendere quale logorio mentale, coscienziale e morale comporti la partecipazione a tutto ciò e quanto le cose spesso semplificate e banalizzate risultino, invece, intricate e, nello stesso tempo, paradigmatiche, capaci di illustrare, cioè, a livello funzionale, ogni meccanismo e dibattito democratico.

Primo problema: due che fanno lo sciopero della fame ad oltranza davanti a Montecitorio, quali che siano le loro ragioni, quando un governo traballa, diventano ambìte “prede” di varie forze politiche, strafottenti e latitanti fino a che non gli è convenuto strumentalizzare la cosa e tutt'a un tratto indignatissime di fronte all'estremo gesto degli “onesti lavoratori”. Dov'è il problema? Nel decidere, da protagonisti della lotta, se a questa gente si debba sputare in faccia o se, considerando che le leggi nascono e muoiono in Parlamento e non per strada, sia comunque utile strumentalizzarla a nostra volta per ottenere qualche concreto risultato.

Secondo problema: due che fanno lo sciopero della fame non possono farlo fino a morirne, perché metterebbero tutti gli altri precari in condizione di sentirsi in colpa atrocemente tutta la vita, per non parlare dell'abbandono dei cari, del lutto irreparabile… Ma come si fa a “ripiegare” onorevolmente, in un'ottica politica, quando si è arrivati allo stremo, senza dare l'impressione che si alzi bandiera bianca?? Paradossalmente, un'azione del genere può essere efficace, mediaticamente e politicamente (forse!) solo se lo scioperante ci lascia le penne!! Tutto questo abbiamo detto davanti a chi si stava astenendo da giorni dal cibo. Di tutto questo loro si rendono conto. Hanno risposto che l'azzardo è proprio quello di produrre una reazione prima che le loro condizioni degenerino. Del resto, l'attenzione mediatica è stata ottenuta grazie al loro gesto, e questo è indubitabile!

Terzo problema: Bisogna stabilire se un presidio permanente in una piazza “nodale” come Piazza Montecitorio “distolga” o meno l'attenzione dalle altre iniziative non meno “forti” attuate in altre parti d'Italia (a Pisa hanno bloccato le nomine; si preparano volantinaggi nei singoli provveditorati, tre prèsidi di Bologna hanno dichiarato che si rifiutano di aprire i loro istituti perché i tagli non consentono manco l'ordinaria gestione della vita scolastica etc. etc.)… Altra discussione, altro giro di opinioni, altro confronto su ciò di cui non si deve né si può evitare di parlare, come molti precari, che badano solo a verificare lo stato dell'alternativa “posto sì/posto no”, ancora non arrivano a capire.

Siamo pervenuti ad una mediazione: il presidio va tenuto, stanti le attestazioni di solidarietà politica che stanno arrivando, ma occorre considerarlo come l'ideale fulcro cui riferire tutte le altre azioni. Nel concreto, ciò vuol dire che chi non piglia incarichi e capisce, finalmente, che gli hanno tagliato le gambe, dovrebbe partire e piazzarsi a Roma a braccia incrociate accanto a Caterina e Giacomo, per un'ora, per due ore, per un minuto, per condividere simbolicamente la loro sorte e farsi “rappresentare” dal loro stato organico di progressivo deperimento da ingiustizia sociale, da “fame” di cultura.

Alla fine dell'assemblea, abbiamo taciuto e siamo giunti alla stessa convinzione: ABBIAMO TUTTI RAGIONE. Abbiamo ragione quando facciamo lo sciopero della fame e abbiamo ragione quando ne evidenziamo i pericoli e i limiti; abbiamo ragione quando diciamo che i politici dovrebbero avere la decenza di non accostarsi e quando diciamo che invece è bene che, sia pure in questa estrema fase della lotta e tardivamente, ci siano vicini e facciano gli interessi della scuola pubblica per una volta nella loro vita; abbiamo ragione quando diciamo che non possiamo e abbiamo ragione quando diciamo che dobbiamo a tutti i costi; abbiamo ragione quando diciamo che siamo esausti e abbiamo ragione quando diciamo che resisteremo un minuto più di chi ci vuole affossare…

Nel generale sgomento per la violenza che il nostro senso comune e la nostra normalità stanno subendo, non ha senso parlare di rassegnati e non rassegnati, realisti e idealisti, barricaderi e lassisti: abbiamo tutti ragione.

Io voglio, allora, visto che le speranze di recuperare la nostra dignità e il nostro ruolo di docenti sono appese a un filo, quale che sia la nostra sorte quest'anno, invitare TUTTI I COLLEGHI E GLI STUDENTI, vittime anche loro di questa dissennata distruzione della scuola pubblica, a ESSERCI, CON LA PROPRIA RAGIONE SINGOLA E SINGOLARE, a PASSARE PER MONTECITORIO, A LANCIARE IL PROPRIO URLO CONTRO CHI FA LA FAME o a PORTARE LORO IL PROPRIO ABBRACCIO.

Proprio perché non abbiamo nulla da perdere, proprio perché siamo stati già sconfitti dalla necessità stessa di arrivare a questo punto, a questo ricatto, a questa forma di follia, possiamo potenziare al massimo, ora che è inutile, la nostra reazione, la nostra reattività. Passiamo tutti per Piazza Montecitorio, dunque: ognuno di noi sarà come uno degli orchestrali del Titanic, che ribadirono la loro suprema superiorità di esseri umani sopra un destino ottuso, suonando imperturbabilmente melodie briose, mentre il nero li inghiottiva.

13:33 – 17/03/10 – Mozione del Cd dell'ITIS Severi di Padova sul riordino della scuola superiore…

Mozione del Collegio Docenti dell’I.T.I.S. F. Severi di Padova sul riordino della scuola superiore

di Carlo Salmaso

Il Collegio dei Docenti dell’I.T.I.S. F. Severi di Padova riunitosi il 9 marzo 2010-03-09

considerato che:

· le bozze dei Regolamenti dei Licei e degli Istituti Tecnici sono state pubblicate il 23 febbraio 2010, solo tre giorni prima della data di inizio delle iscrizioni;

· ciò impedisce al Collegio dei Docenti e al Consiglio di Istituto di elaborare e approvare un nuovo Piano dell’Offerta Formativa credibile, con le procedure e i tempi previsti dagli articoli 3 e 8 del DPR sull’Autonomia, n. 275 del 1999, fonte normativa citata dagli stessi schemi di regolamento, che nessuna scuola può permettersi di eludere o violare;

· conseguentemente, agli studenti e ai loro genitori, all’atto delle iscrizioni, mancano le informazioni essenziali e complete che permettono di adottare scelte consapevoli, come previsto dall’articolo 13, comma 11, e dall’articolo 8, comma 3, delle stesse bozze dei regolamenti dei Licei e degli Istituti Tecnici;

· la riduzione a 32 ore e il taglio delle discipline che ne deriva, a partire dall’anno scolastico 2010/11, per le seconde, terze e quarte classi degli Istituti Tecnici, i cui studenti verranno iscritti d’ufficio, comporta la palese violazione non solo della scelta del POF già adottata al momento dell’iscrizione in prima, ma anche dell’articolo 8 del DPR sull’Autonomia, n. 275 del 1999;

· dei futuri percorsi degli Istituti Tecnici e dei Licei non sono ancora conosciuti gli obiettivi e i contenuti delle diverse discipline, ma sono stati pubblicati solo i semplici quadri orari, che non sono sufficienti;

· i nuovi indirizzi sono stati assegnati dal Ministero alle scuole in modo “automatico” e pubblicati solo l’1 marzo 2010, la Regione Veneto li ha a sua volta modificati in modo “automatico” il giorno 2 marzo 2010 senza dare ai singoli Istituti l’opportunità di presentare le proprie proposte motivate;

· i Regolamenti non sono ancora definitivi, sono privi del visto della Corte dei Conti e non sono stati firmati dal Presidente della Repubblica; essi non sono ancora ufficialmente in vigore, perché non ancora pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, cosa che avverrà probabilmente tra un mese, paradossalmente in prossimità o addirittura dopo la scadenza delle iscrizioni, prevista per il 26 marzo e già rinviata due volte: pertanto qualsiasi decisione adottata prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale è prematura e illegittima;

· la stessa Circolare Ministeriale sulle iscrizioni è, come minimo, irregolare: è stata pubblicata il 18 febbraio 2010, afferma che le famiglie possono scegliere una delle diverse tipologie di istituto previste dai regolamenti e dalla programmazione regionale dell’offerta formativa, regolamenti pubblicati solo 5 giorni dopo, il 23 febbraio, che non sono né definitivi né in vigore, mentre la programmazione regionale deliberata il 2 marzo 2010 risulta compilata in modo affrettato e, in parte, errato: conseguentemente non è possibile un avvio regolare delle iscrizioni;

· i docenti, mai interpellati sui nuovi percorsi didattici, che sono di loro specifica competenza e richiedono adeguati tempi di elaborazione e proposta, non possono assumersi la responsabilità di eseguire in modo approssimativo provvedimenti decisi solo dal governo, fuori tempo massimo, e ufficialmente ignoti fino al 23 febbraio;

· le bozze dei regolamenti sono figlie della Legge 133/2008 e dei suoi pesanti tagli alle risorse essenziali e agli organici della Scuola Pubblica e quindi sarà impossibile per il nostro istituto ottenere l’assegnazione di docenti per eventuali operazioni che sfruttino la flessibilità didattica citata dai regolamenti stessi

dichiara

che non può e non deve deliberare alcuna applicazione di una riforma dei Licei e degli Istituti Tecnici incompleta, non definitiva e non ancora entrata in vigore;

invita

il Consiglio di Istituto, ai sensi del DPR 275/99, a valutare la possibilità di presentare ricorso contro l’assegnazione degli indirizzi prevista dal Ministero e modificata dalla Provincia e dalla Regione.

Padova, 9 marzo 2010

Approvata all’unanimità, con due astensioni