20:53 – 12/07/10 – E Io Non Pago!

La 77ª Commissione del Liceo Scientifico Segré di Torino comunica:

Abbiamo fatto il nostro lavoro: ora chiediamo di essere pagati.

Siamo stati nominati commissari d’esame al liceo Segré di Torino, abbiamo corretto i temi, la seconda prova di matematica e i vari quesiti della terza prova; ci siamo scruposolamente attenuti alle precise minuzie della verbalizzazione burocratica, abbiamo ascoltato le tesine degli studenti – alcune nate da una reale motivazione personale, molte stereotipate e raccogliticce -, abbiamo fatto domande e ascoltato le risposte nel colloquio orale, e infine abbiamo firmato due volte griglie e compiti, chiuso i pacchi e sigillato il tutto con la rituale ceralacca e il timbro a secco. Il tutto quantificabile – a occhio – per un totale di circa 80-100 ore.

A un elettricista o a un idraulico si pagano circa 50 euro all’ora, ma a noi – che siamo qualificati professionalmente e laureati, non è previsto che si dia una cifra superiore a qualche centinaio di euro. Si sa, oggi al lavoro degli insegnanti non si riconosce un grande valore e secondo l’opinione pubblica, fortemente orientata e manipolata dai mass media, l’insegnante, in realtà, non è un vero lavoratore. Ultimamente, poi, questa svalutazione si estende a tutti i lavoratori dipendenti, soprattutto se dipendenti dallo Stato. Ed è normale che un calciatore che gioca in serie B percepisca un reddito annuo che è dieci o venti volte quello di un lavoratore dipendente.

Sic eunt res mundi, almeno in questo mondo di calciatori, veline e imprenditori. Questi sono i presupposti nella mentalità e nella prassi della società contemporanea: non stiamo a discuterli qui ed ora, anche se discuterli prima o poi si dovrà.

Un altro presupposto della nostra attuale società – ovvio e consolidato – sembra essere quello in base al quale si paga il lavoro compiuto. Al mercato dopo aver comprato un kg di patate o al ristorante dopo aver pranzato a nessuno verrebbe in mente di andarsene dicendo semplicemente: quando avrò i soldi – e se li avrò – pagherò.

Ma in questa società e in questo stato impregnati dei valori neoliberali degli anni Ottanta e Novanta sta diventando prassi e usanza consolidata per chi ha il cosiddetto coltello dalla parte del manico, insomma per imprenditori pubblici o privati (e la cosa in fondo cambia poco) pagare quando vogliono, e come vogliono, e al limite non pagare proprio. Insomma, siamo giunti, in nome dei valori del neoliberalismo, a una società che oscilla tra il volontariato e lo schiavismo.

Si arriva al paradosso – ben noto a molti professionisti che lavorano per lo stato – di dover pagare (subito) le imposte su un reddito che si riceverà (forse) prima o poi per il lavoro svolto in un ente pubblico che ritarda i pagamenti anche di anni.

Ma, insomma, brevemente e in sintesi, che cosa chiediamo? Che ci paghino, che ci si dia il dovuto, e subito. Se il Ministero, la scuola ecc. non ha i soldi, aveva solo da comunicarlo prima con un po’ di trasparenza: non ci sono soldi; volete venire a lavorare gratis? Dopodiché, ci saremmo comportati di conseguenza e a ragion veduta.

Ma, in realtà, non è questione di quei quattro soldi che non ci vogliono dare. Si tratta di altro. È in primo luogo e soprattutto una questione di principio. Da anni ci vediamo trattati sempre peggio in quanto lavoratori della scuola in specifico e del settore pubblico in generale.

Dobbiamo essere consapevoli che se continuiamo a tacere, tale situazione procederà e si aggraverà ulteriormente. Soltanto prendendo posizione in modo unitario, solidale, fattivo, soltanto da una risposta collettiva in questa direzione possiamo attenderci qualcosa.

Quello che vogliamo allora non sono semplicemente i nostri quattro soldi, che potremmo sempre devolvere a calciatori, veline e imprenditori bisognosi… Il senso del nostro discorso è che si metta un punto fermo a una situazione in rapida degenerazione, si acquisisca consapevolezza di quanto accade e si agisca di conseguenza.

E se anche noi, quando ci si chiede di pagare le tasse, o la bolletta della luce, del gas ecc., rispondessimo che pagheremo quando avremo i soldi, se li avremo e comunque non molto presto?

16:23 – 08/11/09 – E il Preside Ordinò: Leopardi non s'ha da fare!

Sempre caro mi fu...
Sempre caro mi fu...

Prof. Piero Caluori – Firenze

In Firenze, Istituto d' Istruzione Superiore (?), 06 novembre 2009, consiglio di classe di una Vª che dovrà sostenere a fine anno l’esame di maturità.

Il preside ingiunge al professore d' italiano, di anni 62 e con decenni d' insegnamento, di non trattare Leopardi e le sue opere risultando agli alunni, a suo parere, troppo difficile.

Il professore – uno dei pochi rimasti tra il gregge ovino – richiama al tale dirigente la sua esperienza e la costituzionale libertà d' insegnamento.

Il preside, pronto, gli ricorda che lui è il suo datore di lavoro. Quindi…

Silenzio impaurito degli altri docenti presenti, il tal alieno professore dichiara che Leopardi continuerà certamente a proporre e trattare.

P.S.: questo messaggio non è per chi pecora s' è fatto ed altro non sa che farsi mungere e tosare.

Prof. Piero Caluori – M.M.Q.F. del Comitato Nazionale contro il Mobbing Scolastico.

12:40 – 29/07/09 – La Lega: test di dialetto per i professori.

Dialetti dItalia
Dialetti d'Italia
Per il Carroccio i docenti devono conoscere la cultura della regione.

“La maggior parte dei professori in servizio al nord è meridionale”

E’ scontro e la riforma si blocca

Fini: “Valutare nel pieno rispetto dei principi fondamentali della Costituzione”

ROMA – I titoli di studio? “Non garantiscono un’omogeneità di fondo e spesso risultano comprati. Pertanto non costituiscono una garanzia sull’adeguatezza dell’insegnante”. Piuttosto, per gli aspiranti prof sarà decisiva “la conoscenze della lingua, della tradizione e della storia delle regioni dove si intende insegnare”, perché “non è possibile che la maggior parte dei professori che insegna al nord sia meridionale”. La Lega, insomma, ci riprova. Con la deputata Paola Goisis che chiede che i criteri “padani” di selezione degli insegnanti vengano inseriti nella riforma della scuola ora all’esame della commissione Cultura della Camera.

Ma il resto della maggioranza non sembra essere d’accordo. E scatta il braccio di ferro tra il Pdl e il Carroccio. Il presidente della commissione, Valentina Aprea (Pdl), sospende il comitato ristretto e chiama in causa direttamente alla conferenza dei capigruppo di Montecitorio. La Lega si oppone. E la riforma, per il momento, si blocca. Con il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ammonisce: “Durante l’esame della riforma la prima commissione e l’aula valutino il pieno e totale rispetto dei principi fondamentali della nostra carta costituzionale. Si tratta di questione che non può essere opinabile ma che deve essere soltanto riferita a quel che c’è scritto nella Carta”.

“Noi avevamo presentato una proposta di legge di riforma della scuola – dice la Goisis – Ma questa non è stata condivisa da tutta la maggioranza. Così abbiamo chiesto che ne venisse recepita almeno una parte nel testo unificato all’esame della Commissione Cultura. Abbiamo rinunciato a tutto, tranne che a un punto sul quale insisteremo fino alla fine: ci dovrà essere un albo regionale al quale potranno iscriversi tutti i professori che vogliono. Ma prima dovrà essere fatta una pre-selezione che attesti la tutela e la valorizzazione del territorio da parte dell’insegnante”.

Il capogruppo del Pd in commissione Cultura, Manuela Ghizzoni, critica l’atteggiamento del centrodestra: “Stupisce veramente la profonda spaccatura – sottolinea – L’istruzione è un tema troppo serio e non può divenire oggetto di pericolose incursioni ideologiche dal sapore tutto nordista”.

Fonte: http://metalmeccanico.blogspot.com/2009/07/bossi-e-la-cricca-padana-interrogano-i.html