13:42 – 10/11/09 – La carica del personal prof: è boom per le lezioni private…

Personal Teacher
Personal Teacher

Di Vera Schiavazzi

10 Novembre 2009 – Dalla terza elementare (ma qualcuno comincia anche prima) alle “consulenze tesi”: bambini, ragazzi e giovanotti incapaci di studiare da soli, bocciati una prima volta o a rischio di finire l’anno con due o tre “debiti scolastici” tornano ad alimentare un fiorente mercato. Lezioni private, ripetizioni, aiuto scolastico. Siamo davanti ad un vero boom con le famiglie italiane in corsa per i “personal prof”.

Ognuno si definisce come vuole, e si fa pubblicità su siti dedicati praticamente in ogni città senza – per altro – neppure l’ombra di una qualsivoglia forma di tassazione. Il risultato è in una spesa che – secondo Adoc e Codacons, le prime associazioni di consumatori ad aver lanciato l’allarme – oscilla tra i 1.000 e i 2.100 euro all’anno per le famiglie dei liceali che hanno almeno un’insufficienza, cioè una su quattro. Dai 20 ai 40 euro il costo orario, con medie che variano dalle due alle sei ore settimanali di lezioni e aumenti fino al 20% per chi sceglie un docente, in servizio o in pensione, rispetto al più economico studente universitario.

Tornano così nelle famiglie italiane, a fronte delle ondate di panico seminate dai primi 4 in latino o matematica raccolti nei licei dell’era-Gelmini, figure che parevano scomparse, e c’è chi riscopre la parola “precettore”, come nelle famiglie abbienti di cinquanta o cento anni fa: Augusto Monti e Franco Antonicelli, per esempio, lo furono a lungo in casa Agnelli. Un elemento di censo che si introduce nel sistema educativo pubblico (non tutti possono permettersi spese come queste), un segnale della grande ansietà e dell’importanza che madri e padri attribuiscono al curriculum scolastico dei figli, ma – anche – una fonte di reddito per migliaia di studenti, precari a vita o insegnanti delusi dalla scuola pubblica. “Con cinque allievi diversi, quattro liceali e uno di terza media, riesco a mettere insieme tra gli 800 e i 1.000 euro al mese – racconta Michele, torinese, neo laureato e collaudatissimo ripetitore di latino – ora sto provando con i concorsi e i colloqui nelle scuole private”. Michele conclude il suo racconto dicendo di esser “tentato di puntare molto su questo tipo di lezioni, perché alla fine rendono meglio. Le mamme si passano il mio numero di telefono, io cerco di entrare in sintonia con i ragazzi ma anche di ottenere il risultato: la promozione a fine anno”.

Qualcuno però non si commuove affatto di fronte a una potenziale fonte di lavoro per i giovani, come Mimmo Pantaleo, segretario nazionale della Cgil-Flc, l’organizzazione sindacale che raccoglie 190.000 iscritti tra docenti e personale scolastico: “Il boom delle lezioni private è la prova che si sta destrutturando, pezzo dopo pezzo, il sistema pubblico. I corsi di recupero nelle scuole praticamente non ci sono più perché mancano i soldi per pagarli, gli insegnanti sono demotivati, l’idea vincente è che la scuola è tanto più seria quanto più boccia, mentre noi crediamo esattamente il contrario, e cioè che la missione culturale e educativa sia quella di portare quanti più studenti possibile alla fine del percorso. Invece, stiamo tornando a una scuola che esclude soprattutto i più deboli e i più svantaggiati”.

Tilde Giani Gallino, la più autorevole esperta italiana di psicologia dell’età evolutiva, ritiene invece che nel ritorno del ‘ripetitore’ possa esserci qualcosa di buono: “Quarant’anni fa queste figure erano importanti, e di solito se ne occupavano i vecchi insegnanti o i maestri in pensione, con matematica, latino e greco a far la parte del leone. Oggi, probabilmente, molti professori in servizio non hanno più tempo per arrotondare lo stipendio in questo modo, e il testimone è passato soprattutto agli universitari. Questi giovani possono essere un modello per i ragazzini: sono più grandi di loro, ma non ancora adulti, entrano facilmente in comunicazione, si scambiano mail o notizie musicali… E c’è anche un altro messaggio: il ragazzo di 20 o 22 anni che viene a darti lezioni è qualcuno che ancora studia ma intanto lavora per rendersi autonomo, come anche tu potrai fare tra pochi anni”.

Ma reclutando ripetitori in abbondanza non si rischia di rendere bambini e ragazzi ancora meno autonomi e responsabili nei confronti dello studio? “Il rischio c’è – risponde Giani Gallino – ma discende direttamente dal fatto che, oggi, fin da bambini tutto viene concesso senza alcuno sforzo. I genitori, da parte loro, hanno più impegni di un tempo e pur essendo più attenti al rapporto con i figli preferiscono condividere con loro il tempo libero, le attività più divertenti piuttosto che i compiti per il giorno dopo. A questo punto, un elemento esterno può aiutare tutti”. E Silvia Ciairano, ricercatrice all’Università di Torino che si occupa di psicologia dello sviluppo, sottolinea: “A bambini e ragazzi può far bene chi si confronta con loro e li stimola a studiare meglio, non qualcuno che li sostituisca nei compiti, come troppo spesso fanno anche certe madri. Oggi il timore della frustrazione è molto, troppo forte in tutti, genitori e figli, e non si dà più agli insegnanti la giusta fiducia: a questo punto le lezioni private possono diventare uno strumento per ‘proteggerè i figli da un professore ‘cattivo’, il che è invece decisamente sbagliato”.

Mentre il dibattito continua, però, siti e bacheche di annunci si riempiono di indirizzi, distribuiti online (su siti come studenti.it o bakeca) ma anche attaccati fuori dalle scuole, dal panettiere o direttamente nelle bacheche degli istituti: “Sono una giovane biologa disponibile a impartire lezioni private in tutte le materie scientifiche a ragazzi delle medie e superiori. Metodo di studio mirato e innovativo. Cordiale e socievole, prezzi invitanti”, come a dire che perfino gli insegnanti privati devono dichiararsi non troppo severi. Oppure: “Ciao, sono un ragazzo di 25 anni con laurea specialistica in ingegneria. Mi reputo una persona molto preparata, paziente e in grado di mantenere gli impegni presi”. Segue elenco delle materie disponibili, come nel menù di un ristorante. Stranamente, nessuno tra i giovani e meno giovani aspiranti ripetitori si propone di aiutare i giovani lacunosi a realizzare l’unico obiettivo che forse servirebbe davvero, cioè imparare a studiare per conto proprio, a leggere correttamente un libro scolastico, a impegnarsi con una parvenza di metodo. Conta il risultato finale: tu paghi e io faccio prendere a tuo figlio almeno 6, le vacanze estive sono garantire e nessuno si farà male.

“I più ‘colpitì da questo mercato, rigorosamente in nero, sono i ragazzi dei licei classici e scientifici, o meglio i loro genitori – conferma Mauro Antonelli del Codacons – E se il boom è arrivato negli ultimi due anni è perché questo tipo di scuole non è in grado di offrire nulla al di là dell’orario, tanto meno d’estate quando si dovrebbe ‘recuperarè in corsi di quindici ore dove spesso si accorpano insieme tre o quattro classi o interi raggruppamenti di materie. Così, chi ha un figlio che inizia il liceo si rassegna e mette in preventivo almeno 500 euro di lezioni nella materia più difficile”. Nelle grandi città, soprattutto al nord, è partita una sorta di riscossa: torna il doposcuola, negli oratori e nelle chiese evangeliche, nascono ‘punti studio’ nelle circoscrizioni per chi cerca soprattutto qualcuno che assista i bambini nei compiti. Ma soltanto il 5% dei ragazzi, e solo fino alla terza media, ha a disposizione una simile possibilità. Per gli altri, e per le mamme e i papà che devono scegliere, la scelta è chiara: lezioni a pagamento o rischio bocciatura.

Fonte: La Repubblica

16:29 – 09/09/09 – Non c'è nulla che sia più ingiusto quanto far parti…

“Avevo proprio deciso di votare P.C.I. ma ora lo piglia in culo”Don Lorenzo Milani

Don Lorenzo Milani, Priore di Barbiana
Don Lorenzo Milani, Priore di Barbiana

In questi primi giorni di settembre, dopo la lunga pausa estiva, presidi e insegnanti hanno ripreso a lavorare, discutere ed incontrarsi nelle sedute dei Collegi dei docenti, nelle riunioni delle commissioni tecniche, nei Consigli di Istituto, per organizzare e progettare le attività didattiche curricolari e aggiuntive in relazione al nuovo anno scolastico. Ovunque, nelle case e nelle scuole fervono gli ultimi preparativi per l’imminente avvio delle lezioni. Il ministro, alti dirigenti e funzionari scolastici, varie figure di esperti gareggiano per lanciare qualche input, offrire consigli preziosi agli insegnanti, indicare ed illuminare la “retta via” a chi, eventualmente, l’avesse smarrita.

Inoltre, gli insegnanti precari hanno iniziato a ribellarsi e protestare in modo massiccio e compatto. Si tratta di una rivolta senza precedenti perché i licenziamenti di massa sono senza precedenti. Mai come in questo momento occorre stare al fianco dei lavoratori precari del mondo della scuola in un “autunno caldo” esploso con largo anticipo.

Si annuncia infatti un settembre infuocato nella scuola italiana, totalmente destabilizzata dalla “riforma” Gelmini, che in un botto solo ha lasciato 42mila persone senza lavoro, causando una vera macelleria sociale. E tutto per fare cassa, come detta Tremonti, e dirottare i finanziamenti alle banche e alle imprese private. In Campania, come in tutta Italia, i docenti precari hanno assaltato gli Uffici Scolastici Provinciali, in perfetto stile INNSE, avviando con forza una serie di vertenze mai conosciute in passato.

Nel frattempo continuano ad essere alimentate ideologie cariche di pregiudizi e veleni piccolo-borghesi. In seguito ad una martellante campagna demagogica e diffamatoria è inevitabile che si scatenino polemiche e piovano accuse che screditano il corpo docente, già mortificato da tempo. Stiamo parlando di una categoria professionale chiamata ad assolvere il difficile compito di educare e istruire le future generazioni, di formare i cittadini del futuro, per cui meriterebbe maggior rispetto e considerazione. Simili campagne ideologiche e strumentali sul presunto “parassitismo” dei lavoratori statali non costituiscono una novità. Inoltre mi indignano, nella misura in cui celano interessi affaristici e mercantilistici. Insomma, oltre al danno c’è anche la beffa.

Le retribuzioni salariali degli insegnanti italiani sono tra le più basse in Europa. Peggio di noi stanno solo i colleghi greci e portoghesi. Intanto, il governo in carica continua ad imporre pesanti tagli e riduzioni alle già misere risorse della scuola pubblica. Tutto ciò comporta e arreca gravi danni al budget finanziario riservato alla scuola pubblica, per dirottare i soldi verso altre destinazioni. Si pensi alle sovvenzioni stanziate per gli armamenti militari e ai contributi statali regalati alle scuole private.

Per quanto mi riguarda continuerò a seguire il principio riassunto nella frase contenuta in “Lettera a una professoressa”, scritta dai ragazzi della scuola di Barbiana del maestro don Milani: “Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”. Un concetto che richiama una visione anomala e anticonformista (diciamo pure antiborghese) della democrazia, riferita alla scuola e all’intero ordinamento sociale. La nostra è una scuola di disuguali inserita in una società sempre più disuguale, laddove pesanti disuguaglianze materiali e sociali sono destinate ad aggravarsi ulteriormente.

Dinanzi a simili sperequazioni economiche e sociali, di fronte ad allarmanti situazioni di crescente disagio e bisogno materiale, riconducibili alle nuove povertà e alle contraddizioni derivanti dai massicci fenomeni migratori provenienti dal Terzo mondo, la scuola non è attrezzata e preparata a fronteggiare tali emergenze, anzitutto per ragioni di ordine finanziario già spiegate in precedenza.

Ogni valida azione è affidata alla buona volontà, alla capacità, allo zelo spontaneo (altro che fannulloni) degli insegnanti, all’iniziativa autonoma delle istituzioni scolastiche e dei lavoratori – docenti e non docenti – che operano nelle scuole pubbliche. La cosiddetta “democrazia” non può ridursi ad un’ipotetica offerta di “pari opportunità”, esplicandosi in un’arida ed insufficiente prassi di uniformità distributiva delle risorse, così come avviene nel modello finora adottato di welfare universalistico e indifferenziato.

Al contrario, occorre rilanciare e rafforzare l’attenzione verso l’uguaglianza e la giustizia redistributiva del reddito sociale, intese in termini di equità sociale e redistribuzione delle ricchezze, possibili solo in un altro assetto del welfare e dell’ordinamento statale e sociale, che sia in grado di fornire “a ciascuno secondo i propri bisogni” e chiedere ad ognuno “secondo le proprie possibilità”. Il che significa rivoltare l’organizzazione sociale esistente, ridefinire e capovolgere l’idea stessa e la prassi finora applicata e conosciuta di democrazia, di scuola e di Stato sociale.

Di Lucio Garofalo