Finanziamenti alle scuole. In programma la class action per risarcimento danni.
Nei prossimi giorni sarà notificata al Ministero dell’Istruzione la diffida per la class action per ottenere un risarcimento a favore delle scuole pari ai crediti, circa 1,6 miliardi di euro, che queste vantano nei confronti del Miur.
L’iniziativa è stata promossa dai rappresentanti delle associazioni dei genitori e dalla CGIL al fine ottenere il rispetto del principio costituzionale che prevede l’obbligo per lo Stato di finanziare la scuola della Repubblica e la gratuità del servizio.
Comunicato stampa ed elenco nazionale delle scuole con problemi di criticità in ordine alla sicurezza degli edifici
Cari firmatari della petizione contro le classi sovraffollate,
Ecco il documento segreto del Ministero dell’Istruzione (è stato pubblicato dal CODACONS), che elenca le scuole che presentano “gravi criticità”, e che quindi rappresentano un potenziale rischio per la salute di studenti, insegnanti e personale scolastico.
Sono 12.000 le scuole in Italia con gravi criticità, praticamente il 28% di tutte le scuole.
Regione per regione la situazione è la seguente: Abruzzo 390; Basilicata 228; Campania 300 (dato incompleto); Calabria 1428; Emilia Romagna 467; Friuli 306; Lazio 1330; Liguria 271; Lombardia 1026; Marche 383; Molise 95; Piemonte 951; Puglia 974; Sardegna 541; Sicilia 1259; Toscana 772; Umbria 263; Veneto 1062.
Questo elenco è emerso con il Decreto Interministeriale MIUR del 23 settembre 2009, che individuava per l’anno scolastico 2009-2010 le scuole che dovevano essere destinatarie della riduzione del numero di alunni per classe, in quanto le aule erano sottodimensionate.
Nonostante la presenza del Decreto Interministeriale, il 23 settembre scorso le classi erano già formate in soprannumero, con i tagli del Ministro Gelmini.
I parametri di criticità erano e lo sono ancora (minimo 45-50 mq netti per non più di 25 alunni + l’insegnante per classe).
Quindi se una scuola non è presente nell’elenco non significa che quella scuola è apposto in quanto, quelle inserite sono solo quelle con più gravi criticità.
Vi ricordo che l’art. 4 del DPR 81/09 (20 marzo) consente al dirigente scolastico di derogare in misura non superiore al 10% al numero massimo e minimo di alunni per classe previsto solo in caso di inderogabili necessità legate all’aumento degli alunni rispetto alle previsioni, previa autorizzazione del dirigente preposto dall’ufficio scolastico regionale).
Per “La Politeia” Ioannis Lioumis
P.S: Domani martedì 8 giugno finisce la raccolta delle firme. La petizione sarà inviata alla corte costituzionale, e alla VII commissione cultura della Camera e commissione cultura del Senato mercoledì 9 giugno.
“Avevo proprio deciso di votare P.C.I. ma ora lo piglia in culo” – Don Lorenzo Milani
Don Lorenzo Milani, Priore di Barbiana In questi primi giorni di settembre, dopo la lunga pausa estiva, presidi e insegnanti hanno ripreso a lavorare, discutere ed incontrarsi nelle sedute dei Collegi dei docenti, nelle riunioni delle commissioni tecniche, nei Consigli di Istituto, per organizzare e progettare le attività didattiche curricolari e aggiuntive in relazione al nuovo anno scolastico. Ovunque, nelle case e nelle scuole fervono gli ultimi preparativi per l’imminente avvio delle lezioni. Il ministro, alti dirigenti e funzionari scolastici, varie figure di esperti gareggiano per lanciare qualche input, offrire consigli preziosi agli insegnanti, indicare ed illuminare la “retta via” a chi, eventualmente, l’avesse smarrita.
Inoltre, gli insegnanti precari hanno iniziato a ribellarsi e protestare in modo massiccio e compatto. Si tratta di una rivolta senza precedenti perché i licenziamenti di massa sono senza precedenti. Mai come in questo momento occorre stare al fianco dei lavoratori precari del mondo della scuola in un “autunno caldo” esploso con largo anticipo.
Si annuncia infatti un settembre infuocato nella scuola italiana, totalmente destabilizzata dalla “riforma” Gelmini, che in un botto solo ha lasciato 42mila persone senza lavoro, causando una vera macelleria sociale. E tutto per fare cassa, come detta Tremonti, e dirottare i finanziamenti alle banche e alle imprese private. In Campania, come in tutta Italia, i docenti precari hanno assaltato gli Uffici Scolastici Provinciali, in perfetto stile INNSE, avviando con forza una serie di vertenze mai conosciute in passato.
Nel frattempo continuano ad essere alimentate ideologie cariche di pregiudizi e veleni piccolo-borghesi. In seguito ad una martellante campagna demagogica e diffamatoria è inevitabile che si scatenino polemiche e piovano accuse che screditano il corpo docente, già mortificato da tempo. Stiamo parlando di una categoria professionale chiamata ad assolvere il difficile compito di educare e istruire le future generazioni, di formare i cittadini del futuro, per cui meriterebbe maggior rispetto e considerazione. Simili campagne ideologiche e strumentali sul presunto “parassitismo” dei lavoratori statali non costituiscono una novità. Inoltre mi indignano, nella misura in cui celano interessi affaristici e mercantilistici. Insomma, oltre al danno c’è anche la beffa.
Le retribuzioni salariali degli insegnanti italiani sono tra le più basse in Europa. Peggio di noi stanno solo i colleghi greci e portoghesi. Intanto, il governo in carica continua ad imporre pesanti tagli e riduzioni alle già misere risorse della scuola pubblica. Tutto ciò comporta e arreca gravi danni al budget finanziario riservato alla scuola pubblica, per dirottare i soldi verso altre destinazioni. Si pensi alle sovvenzioni stanziate per gli armamenti militari e ai contributi statali regalati alle scuole private.
Per quanto mi riguarda continuerò a seguire il principio riassunto nella frase contenuta in “Lettera a una professoressa”, scritta dai ragazzi della scuola di Barbiana del maestro don Milani: “Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”. Un concetto che richiama una visione anomala e anticonformista (diciamo pure antiborghese) della democrazia, riferita alla scuola e all’intero ordinamento sociale. La nostra è una scuola di disuguali inserita in una società sempre più disuguale, laddove pesanti disuguaglianze materiali e sociali sono destinate ad aggravarsi ulteriormente.
Dinanzi a simili sperequazioni economiche e sociali, di fronte ad allarmanti situazioni di crescente disagio e bisogno materiale, riconducibili alle nuove povertà e alle contraddizioni derivanti dai massicci fenomeni migratori provenienti dal Terzo mondo, la scuola non è attrezzata e preparata a fronteggiare tali emergenze, anzitutto per ragioni di ordine finanziario già spiegate in precedenza.
Ogni valida azione è affidata alla buona volontà, alla capacità, allo zelo spontaneo (altro che fannulloni) degli insegnanti, all’iniziativa autonoma delle istituzioni scolastiche e dei lavoratori – docenti e non docenti – che operano nelle scuole pubbliche. La cosiddetta “democrazia” non può ridursi ad un’ipotetica offerta di “pari opportunità”, esplicandosi in un’arida ed insufficiente prassi di uniformità distributiva delle risorse, così come avviene nel modello finora adottato di welfare universalistico e indifferenziato.
Al contrario, occorre rilanciare e rafforzare l’attenzione verso l’uguaglianza e la giustizia redistributiva del reddito sociale, intese in termini di equità sociale e redistribuzione delle ricchezze, possibili solo in un altro assetto del welfare e dell’ordinamento statale e sociale, che sia in grado di fornire “a ciascuno secondo i propri bisogni” e chiedere ad ognuno “secondo le proprie possibilità”. Il che significa rivoltare l’organizzazione sociale esistente, ridefinire e capovolgere l’idea stessa e la prassi finora applicata e conosciuta di democrazia, di scuola e di Stato sociale.