13:33 – 17/03/10 – Mozione del Cd dell'ITIS Severi di Padova sul riordino della scuola superiore…

Mozione del Collegio Docenti dell’I.T.I.S. F. Severi di Padova sul riordino della scuola superiore

di Carlo Salmaso

Il Collegio dei Docenti dell’I.T.I.S. F. Severi di Padova riunitosi il 9 marzo 2010-03-09

considerato che:

· le bozze dei Regolamenti dei Licei e degli Istituti Tecnici sono state pubblicate il 23 febbraio 2010, solo tre giorni prima della data di inizio delle iscrizioni;

· ciò impedisce al Collegio dei Docenti e al Consiglio di Istituto di elaborare e approvare un nuovo Piano dell’Offerta Formativa credibile, con le procedure e i tempi previsti dagli articoli 3 e 8 del DPR sull’Autonomia, n. 275 del 1999, fonte normativa citata dagli stessi schemi di regolamento, che nessuna scuola può permettersi di eludere o violare;

· conseguentemente, agli studenti e ai loro genitori, all’atto delle iscrizioni, mancano le informazioni essenziali e complete che permettono di adottare scelte consapevoli, come previsto dall’articolo 13, comma 11, e dall’articolo 8, comma 3, delle stesse bozze dei regolamenti dei Licei e degli Istituti Tecnici;

· la riduzione a 32 ore e il taglio delle discipline che ne deriva, a partire dall’anno scolastico 2010/11, per le seconde, terze e quarte classi degli Istituti Tecnici, i cui studenti verranno iscritti d’ufficio, comporta la palese violazione non solo della scelta del POF già adottata al momento dell’iscrizione in prima, ma anche dell’articolo 8 del DPR sull’Autonomia, n. 275 del 1999;

· dei futuri percorsi degli Istituti Tecnici e dei Licei non sono ancora conosciuti gli obiettivi e i contenuti delle diverse discipline, ma sono stati pubblicati solo i semplici quadri orari, che non sono sufficienti;

· i nuovi indirizzi sono stati assegnati dal Ministero alle scuole in modo “automatico” e pubblicati solo l’1 marzo 2010, la Regione Veneto li ha a sua volta modificati in modo “automatico” il giorno 2 marzo 2010 senza dare ai singoli Istituti l’opportunità di presentare le proprie proposte motivate;

· i Regolamenti non sono ancora definitivi, sono privi del visto della Corte dei Conti e non sono stati firmati dal Presidente della Repubblica; essi non sono ancora ufficialmente in vigore, perché non ancora pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, cosa che avverrà probabilmente tra un mese, paradossalmente in prossimità o addirittura dopo la scadenza delle iscrizioni, prevista per il 26 marzo e già rinviata due volte: pertanto qualsiasi decisione adottata prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale è prematura e illegittima;

· la stessa Circolare Ministeriale sulle iscrizioni è, come minimo, irregolare: è stata pubblicata il 18 febbraio 2010, afferma che le famiglie possono scegliere una delle diverse tipologie di istituto previste dai regolamenti e dalla programmazione regionale dell’offerta formativa, regolamenti pubblicati solo 5 giorni dopo, il 23 febbraio, che non sono né definitivi né in vigore, mentre la programmazione regionale deliberata il 2 marzo 2010 risulta compilata in modo affrettato e, in parte, errato: conseguentemente non è possibile un avvio regolare delle iscrizioni;

· i docenti, mai interpellati sui nuovi percorsi didattici, che sono di loro specifica competenza e richiedono adeguati tempi di elaborazione e proposta, non possono assumersi la responsabilità di eseguire in modo approssimativo provvedimenti decisi solo dal governo, fuori tempo massimo, e ufficialmente ignoti fino al 23 febbraio;

· le bozze dei regolamenti sono figlie della Legge 133/2008 e dei suoi pesanti tagli alle risorse essenziali e agli organici della Scuola Pubblica e quindi sarà impossibile per il nostro istituto ottenere l’assegnazione di docenti per eventuali operazioni che sfruttino la flessibilità didattica citata dai regolamenti stessi

dichiara

che non può e non deve deliberare alcuna applicazione di una riforma dei Licei e degli Istituti Tecnici incompleta, non definitiva e non ancora entrata in vigore;

invita

il Consiglio di Istituto, ai sensi del DPR 275/99, a valutare la possibilità di presentare ricorso contro l’assegnazione degli indirizzi prevista dal Ministero e modificata dalla Provincia e dalla Regione.

Padova, 9 marzo 2010

Approvata all’unanimità, con due astensioni

21:02 – 11/02/10 – Riforma delle scuole superiori: si parte (in extremis) nell'a.s. 2010/11.

Nonostante le tante proteste e le richieste di rinvio di un anno formulate da diverse associazioni professionali e sindacati, ma soprattutto da tanti docenti e dirigenti impegnati sul campo, il riordino della scuola secondaria di II grado partirà dall'a.s. 2010/11, motivo per cui le iscrizioni sono state per questo ordine di scuola rinviate al 26 marzo. Dopo i pareri del Consiglio di Stato e delle Commissioni Cultura di Camera e Senato, i nuovi regolamenti sono stati approvati in seconda lettura dal Consiglio dei Ministri del 4 febbraio e sono pronti per gli ultimi passaggi dell'iter normativo.

Il Governo ha solo accolto una richiesta di modifica comune a tutti i pareri, pur molto differenziati tra di loro ed in diversi casi critici: l'avvio graduale della riforma a partire solo dal primo anno. Nei prossimi giorni, quando conosceremo i testi integrali dei nuovi regolamenti, si potrà verificare se sono stati recepiti anche l'invito a ridurre la presenza negli organi collegiali di enti ed esperti esterni e a lasciare all'autonomia delle scuole l'attivazione dei dipartimenti e comitati scientifici.

Le previsioni della Finanziaria del 2009 di ridurre la spesa scolastica di circa 7,6 miliardi in tre anni, anche attraverso i tagli di orario e di cattedre previsti per i nuovi licei (oltre 2500 docenti), istituti tecnici (circa 10.300) e professionali (4.300), fanno sentire tutto il loro peso con la conferma della riduzione generalizzata degli orari settimanali dei Tecnici e Professionali anche nelle classi seconde, terze e quarte. Tale scelta, difficilmente giustificabile sul piano didattico, produrrà comunque un rivoluzionamento dei percorsi curricolari già avviati, secondo un modello non ancora definito, generando non poca confusione e discontinuità.

Si dovrà inoltre verificare se nei quadri orari definitivi ci sarà un riequilibrio delle discipline più penalizzate nei nuovi curricoli e che rischiano, oltre che di impoverire culturalmente i percorsi formativi degli allievi, anche di determinare forti esuberi di docenti negli organici delle classi di concorso interessate dalle riduzioni di orario.

“Siamo stati d'accordo sin dall'inizio sulla riduzione e razionalizzazione degli indirizzi della scuola superiore – ha dichiarato Vanessa Pallucchi, responsabile nazionale di Legambiente Scuola e Formazione – ma ci sfugge l'impianto culturale che sta dietro a tutta l'operazione, che non può essere certo chiamata riforma. Molte, infatti, sono ancora le incongruenze presenti nei regolamenti approvati ieri, che non lasciano intravedere come le scuole possano conciliare i potenziamenti disciplinari (lingue e scienze ad esempio) e l'innovazione proposta (un approccio didattico laboratoriale), con il taglio di circa 17.000 cattedre nei prossimi tre anni e senza un investimento importante nella formazione dei docenti.

Inoltre, nel presentare il riordino, spesso si parla di essere in linea con gli altri Paesi europei: ma siamo sicuri che la diminuzione delle ore di scuola corrisponda ad una maggiore efficacia formativa? Negli altri Paesi europei esistono sistemi di formazione territoriale extrascolastica a cui accedono tutti gli studenti e che in Italia non sono strutturati. Ci dovremmo domandare quale tempo qualificato, nel loro territorio, possano trovare i nostri adolescenti a fronte della diminuzione di ore di formazione interne alla scuola. Servirebbe, infatti, molta più scuola qualificata per dare risposta alle tante sfide che i giovani si trovano ad affrontare e per cui non sono preparati, come ci confermano le tante indagini legate alle performance dei nostri studenti e alla capacità d'inclusione del nostro sistema d'istruzione, che ci identificano fra i Paesi più distanti dagli obiettivi di Lisbona.

Come Legambiente Scuola e Formazione avevamo anche auspicato il rinvio di un anno del riordino, non per stare fermi ma per avviare una vasta sperimentazione dei nuovi modelli organizzativi e curricolari che offrisse al Ministero elementi di valutazione utili per testare la validità di alcuni provvedimenti prima della loro approvazione definitiva, favorendo un maggior coinvolgimento della scuola di base. Ci auguriamo ora, che nei quadri orari definitivi le forti differenze tra i diversi bienni si siano ridotte, per favorire passaggi agevoli di indirizzo negli anni dell'obbligo di istruzione e ridurre così la dispersione scolastica, anche se la recente decisione di permetterne l'assolvimento nell'apprendistato a 15 anni non ci fa ben sperare”.

Su tutto incombe poi la corsa per fare in extremis l'azione di informazione ed orientamento scolastico di famiglie ed alunni prima delle iscrizioni, l'attivazione last minute dei percorsi di formazione per i docenti alle prese con le tante novità (ma con quali fondi ?), la corsa contro il tempo per garantire il regolare avvio del prossimo a.s., nonostante i forti ritardi nelle operazioni di mobilità e definizione organici che si determineranno.

Fonte: LegaAmbiente Scuola e Formazione

19:41 – 05/02/10 – Scuola superiore: un riordino che riporta indietro il Paese.

Emma Colonna – C.I.D.I. Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti.

Ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato, in seconda lettura, i regolamenti per il riordino di licei, tecnici, professionali, che così concludono il loro iter e, dopo la registrazione della Corte dei Conti e la firma del Presidente della Repubblica, diventeranno definitivi.
Saranno così introdotti cambiamenti significativi nel sistema scolastico italiano che peggioreranno drasticamente la qualità degli apprendimenti di tutti gli studenti, e renderanno la scuola superiore più povera e più rigida, sottraendo speranza e futuro al paese.
Il testo che segue è una lettera aperta del Cidi ai colleghi della scuola superiore.

Cari colleghi,

siamo in prossimità di quella che viene mediaticamente definita una grande riforma ma che rischia di rivelarsi un clamoroso passo indietro dell’attuale assetto della secondaria di secondo grado. Riteniamo per questo necessario richiamare la vostra attenzione su alcune questioni-chiave, attorno alle quali si giocherà, nei prossimi anni, la capacità della scuola pubblica di adempiere al mandato assegnatole dall’art. 3, comma2, della Costituzione.

Oggi più che mai la rimozione degli ostacoli che impediscono ilieno esercizio della cittadinanza non può che configurarsi come la priorità assoluta per ogni comunità professionale di docenti e dirigenti scolastici.

Il ruolo della scuola, infatti, si gioca sul terreno della cittadinanza, cioè sulla capacità di formare donne e uomini capaci di governare la propria esistenza. Il che vuol dire, educare al rispetto delle regole e delle persone, alla consapevolezza dei propri diritti, a interpretare i processi sociali, economici e scientifici in atto, ad usare, in contesti diversi dalla scuola, le conoscenze e le competenze apprese a scuola.

Formare mentalità critiche, capaci di risolvere problemi, abituare al dubbio, all’imprevisto, alla curiosità e, contemporaneamente, sviluppare un pensiero razionale e scientifico, capace di confrontarsi con la dimensione storica e con ogni aspetto dell’espressività umana, è compito fondamentale della scuola, tenuta a far acquisire quei saperi cosiddetti di cittadinanza indispensabili oggi per vivere, lavorare, continuare a studiare.

Siamo però dell’avviso che si sia pericolosamente rinunciato a dibattere e a confrontarsi sulle finalità del nostro sistema scolastico, sulla sua organizzazione, su che cosa sia utile insegnare e sui modi per insegnarlo. E che si sia rinunciato a trovare le soluzioni più opportune per combattere dispersione e abbandoni, oltre che per innalzare i livelli di apprendimento di bambini e ragazzi.

I regolamenti di riordino della secondaria superiore – o, più precisamente, delle secondarie – irrompono nella scuola al di fuori di un progetto culturale-educativo condiviso, capace di rimettere la scuola stessa in sinergia con le grandi questioni del mondo contemporaneo. L’universalizzazione degli scambi, la globalizzazione delle tecnologie, lo sviluppo della società dell’informazione e della comunicazione, moltiplicano per gli individui le occasioni di accesso al sapere. Cambiano contemporaneamente le competenze per accedere al sapere, così come cambiano continuamente i contenuti del sapere.

Ne consegue che è necessario apprendere di più e meglio a ogni livello ed età e che è necessario ripensare profondamente alle conoscenze che servono alla scuola. Sicuramente serve più cultura scientifica e tecnologica, ma anche un sistema efficace di educazione per adulti, perché ognuno possa tornare in formazione nell’arco della propria vita.

Ma per ritornare più volte a scuola nel corso della propria esistenza, per acquisire le competenze richieste dalla celerità con cui si trasformano i saperi in tutti i campi disciplinari, è necessario aver acquisito conoscenze e competenze molto solide nella prima fase della vita.

Serve, dunque, un percorso scolastico obbligatorio che comprenda il primo biennio della secondaria superiore. È, infatti, solo tra i 14 e i 16 anni che si possono acquisire, in tutta la loro valenza, alcune fondamentali conoscenze: è solo in prossimità di quella età e non prima, che i saperi si consolidano per persistere per la vita, diventando propedeutici ad altri nuovi saperi.

Alla luce di queste istanze culturali e sociali, la scuola superiore avrebbe dovuto vedere una riforma complessiva e organica di tutto il suo assetto ordinamentale, con una nuova articolazione del suo impianto culturale, il rinnovamento dei modi di insegnare e apprendere, alcune nuove finalità educative, un biennio obbligatorio, unitario e orientativo. Con l’obiettivo di costruire percorsi culturali di equivalente valenza educativa per porre finalmente termine alla gerarchizzazione tra le varie tipologie di istituti.

In altre parole l’iscrizione a un Tecnico o a un Professionale non dovrebbe più rappresentare una scelta di ripiego, connotata socialmente, ma un’opzione consapevole, determinata da interessi e competenze che trovano in quelle scuole risposte e valorizzazione personale.

Sarebbe stato quindi doveroso e utile un dibattito preliminare sui nodi di fondo, una convergenza di intenti e propositi nelle soluzioni da adottare che invece sono stati del tutto assenti.

Che cosa vuol dire oggi cultura disinteressata? Qual è la cultura che serve a formare cittadini consapevoli? Quali conoscenze sono fondamentali? Che cosa comporta in termini di impegno morale e professionale l’innalzamento dell’obbligo di istruzione? Quali materie devono far parte dell’area comune? Con quali politiche sociali e territoriali si possono contrastare dispersione e abbandoni? Come accogliere e integrare bambini e ragazzi non italiani? Quali investimenti, quali risorse umane ed economiche servono alla scuola?

Le scelte del governo purtroppo sono state fatte senza confronto alcuno, senza verificare le esperienze positive delle scuole, senza pensare alla sostenibilità delle soluzioni che stanno per essere adottate. In pochi a decidere il destino di tanti. Nessun confronto parlamentare. Nessun confronto con il mondo della scuola. Nessun dibattito nel Paese. Mortificato il ruolo degli Enti locali e delle Regioni. Dissolta l’autonomia delle Istituzioni scolastiche. Non si è dato neppure ascolto alla ragionevole e insistente richiesta di rinviare di un anno la messa a regime del nuovo ordinamento per consentire almeno a studenti e famiglie di compiere le scelte in piena consapevolezza.

Ci troviamo di fronte a cambiamenti che hanno come prevalente obiettivo il drastico risparmio di spesa. Come se la cittadinanza e la democrazia fossero diventate un costo insostenibile per il nostro Paese.

Ma non c’è solo questo: c’è in gioco anche un disegno volto a riproporre una cultura a compartimenti stagni, che segnerà profonde divisioni tra cittadini pensanti e cittadini consumatori. Funzionale a una simile prospettiva è, infatti, una scuola strutturata gerarchicamente, dove la separazione fra culture, tra sapere e saper fare, è il caposaldo su cui poggerà l’impalcatura culturale e organizzativa del riordinato sistema scolastico.

Come se, in un quadro di saperi e competenze di cittadinanza, fosse oggi possibile pensare a una istruzione che si fondi su una cultura solo linguistico-letteraria o solo scientifica e tecnica o solo ‘professionale’, a spendibilità immediata. Un tale impianto è poco adatto alle sfide che la complessità pone alla scuola e al Paese.

Eppure i regolamenti ripropongono un ordinamento scolastico che vede, dopo la terza media, da una parte i Licei destinati ai ragazzi più bravi, con famiglie in grado di sostenere la scelta di studi prolungati (il Liceo Classico in testa), dall’altra gli Istituti Tecnici per i cosiddetti quadri intermedi; infine i Professionali per chi svolgerà attività puramente esecutive, scelta residuale per i ragazzi più deboli, culturalmente e socialmente.
Non basta: il comma 4 bis dell’articolo 64 della legge 133/08 recita: L’obbligo di istruzione si assolve anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale. E ora un emendamento approvato dalla Commissione Lavoro della Camera consentirebbe a regime a tanti quindicenni, considerati un fastidioso e costoso ingombro per la scuola, di assolvere l’obbligo di istruzione persino nell’apprendistato. Una scelta sbagliata e ingiusta che ha l’obiettivo di smistare i più deboli verso un canale privo di contenuto culturale e di dubbia efficacia formativa.

L’idea è sempre la stessa: selezionare ed escludere prima che si può, senza offrire alcuna possibilità di rimotivazione allo studio e di recupero scolastico agli alunni che più ne hanno bisogno.

Per questa strada, che canalizza precocemente e rigidamente i percorsi di istruzione e formazione, il Paese è destinato al declino: civile, culturale e democratico; a restare fanalino di coda nelle sfide internazionali, nello sviluppo produttivo, nella ricerca e nella innovazione.

E mentre l’Unione Europea, l’Ocse e Bankitalia dicono che bisogna investire di più in conoscenza, l’Italia fa il percorso inverso: taglia drasticamente risorse, tempo scuola, insegnanti, torna indietro sull’età dell’obbligo di istruzione e prepara un sistema di istruzione che per l’organizzazione didattica e le indicazioni di contenuti che propone, abbasserà il profilo culturale della popolazione. Non solo: proprio perché chiude gli occhi sul futuro di tanti ragazzi, proprio perché canalizza e separa precocemente contribuirà a dividere ulteriormente la società, creando nuove e più forti disuguaglianze.

Per questo è urgente che la scuola superiore si riappropri della sua funzione di emancipazione culturale e sociale. Tutte le esperienze didattiche caratterizzate da spirito di inclusione, da innovazione metodologica e didattica e da cooperazione professionale devono essere rimesse sapientemente in campo, sfruttando ogni possibile spazio di autonomia scolastica.

La democrazia di un Paese si misura anche dalla qualità del suo sistema di istruzione e formazione.

Oggi in Italia sta pericolosamente circolando l’idea che la qualità sia favorita dal taglio di risorse. Non è accettabile.

A una scuola secondo Costituzione occorrono invece elaborazione e pensiero, finalità e obiettivi condivisi, investimenti a lungo raggio: sull’edilizia scolastica, sul diritto allo studio, sulla professionalità docente, sull’organico funzionale, sull’autonomia didattica e organizzativa, sulla ricerca e sperimentazione. Elaborazione e investimenti capaci di restituire alla scuola pubblica le finalità e i compiti che le sono attribuiti dalla nostra Carta costituzionale. Con l’auspicio che tutti gli insegnanti italiani si riapproprino del protagonismo professionale e culturale necessario per alzare la testa e far sentire la loro voce in questo momento così difficile per la vita della scuola e del Paese.