18:10 – 16/01/10 – Aumenti ai prof. di religione: la sorpresa di Tremonti..

Nella busta paga del mese di maggio troveranno circa 220 euro in più.

SCATTI stipendiali per gli insegnanti, ma solo per quelli di religione. Lo ha stabilito il ministero dell’Economia lo scorso 28 dicembre. Mentre i sindacati della scuola sono alle prese con un complicato rinnovo del contratto in favore di tutti i docenti e gli Ata amministrativi, tecnici e ausiliari della scuola, alla chetichella quelli di religione nella busta paga del mese di maggio troveranno una gradita sorpresa: il “recupero” degli scatti del 2,5 per cento per ogni biennio, a partire dal 2003 sulla quota di retribuzione esclusa in questi anni dal computo. Supplenti compresi.A spiegare la portata del provvedimento, che porterà nelle tasche degli interessati un bel gruzzoletto, è lo Snadir il sindacato nazionale autonomo degli insegnanti di religione.

“Gli aumenti biennali per gli insegnanti di religione, che in precedenza venivano calcolati nella misura del 2,5 per cento del solo stipendio base, dovranno ormai ammontare al 2,5 per cento dello stipendio base comprensivo della Indennità integrativa speciale”. Una cosetta di non poco conto visto che l’Indennità integrativa speciale rappresenta circa un quarto dell’intera retribuzione dell’insegnante e che gli anni da recuperare sono tanti, quasi quattro bienni.

Quanto basta, e avanza, per riaccendere la polemica sui privilegi assegnati dallo Stato in questi ultimi anni ai docenti di religione cattolica: accesso alla cattedra su segnalazione dell’ordinario diocesano, assunzione sulla base di un successivo concorso riservato, passaggio ad altra cattedra in caso di perdita del requisito per insegnare la religione l’attestato dell’ordinario diocesano e scatti biennali anche per i precari. “Mentre il ministro Tremonti a dicembre ricorda alla Curia che presto saranno liquidati gli scatti biennali di anzianità al personale docente di eligione con incarico annuale o di ruolo, che non ha mai richiesto tale indennità sotto forma di assegno ad personam, permane, purtroppo, il silenzio verso tutto il restante personale precario”, dichiara Marcello Pacifico, presidente dell’Anief l’Associazione nazionale insegnanti ed educatori in formazione.

La questione è di particolare attualità perché una sentenza della Corte di giustizia europea del 2007 ha riconosciuto, secondo il principio di non discriminazione, il diritto agli scatti di anzianità anche a favore dei precari. E da allora sono diverse le associazioni di insegnanti italiane e sindacati che hanno intrapreso la via giudiziaria per farsi riconoscere questo diritto. Ma, ancora, non si sono visti i risultati.E mentre migliaia di precari di lungo corso sono in attesa di un riconoscimento economico.

Folgorato sulla via di Damasco, il ministero dell’Economia, scrive: “A seguito degli approfondimenti effettuati in merito all’oggetto, si comunica che questa Direzione ha programmato, sulla mensilità di maggio 2010, le necessarie implementazioni alle procedure per il calcolo degli aumenti biennali spettanti agli insegnanti di religione anche sulla voce IIS Indennità integrativa speciale, ndr a decorrere dal 1 gennaio 2003”.

Il diritto agli scatti biennali in favore degli insegnanti di religione è stabilito da una legge del 1980, che poteva anche avere un senso: siccome i docenti di religione erano precari a vita, non era prevista cioè la loro stabilizzazione, era necessario stabilire un meccanismo per aggiornare loro lo stipendio. Ma poi nel 2005 arrivò il concorso e l’immissione in ruolo.

E mentre per i precari della scuola non è previsto nessun aumento di stipendio in relazione all’anzianità di servizio, quelli di religione conservano questo trattamento: incremento del 2,5 per cento ogni due anni. Secondo alcuni calcoli effettuati dai sindacati il caveau potrebbe valere 220 euro in più in busta paga, arretrati esclusi. Niente male per quasi 12 mila insegnanti di religione a tempo determinato attualmente in forza alle scuole italiane. Per il rinnovo del contratto degli insegnanti, invece, i sindacati hanno chiesto un aumento di 200 euro mensili da erogarsi in tre anni, ma il ministro della Pubblica amministrazione è disposto a concederne appena 20. E non solo. Vorrebbe agganciare gli aumenti di stipendio dei docenti al merito.

Fonte: La Repubblica.

18:46 – 27/11/09 – Salute in cattedra: risultati dell'indagine 2009 su 2.186 docenti..

Salute in cattedra: risultati dell’indagine 2009 su 2.186 docenti di 86 Istituti Scolastici provenienti da 12 Regioni.

I 30 seminari d’indagine hanno avuto luogo presso gli Istituti Scolastici dei Comuni di: Padova, Biassono, Pontassieve, Caserta, Pozzuoli, Pula, Sarroch, Domusnovas, Dolianova, Bari, Trani, Villanova d’Asti, Milano (2), Rho, Darfo, Pontevico, Ariccia, Cerveteri, Roma (4), Francavilla a Mare; Reggio Emilia, Palermo, Altofonte, Cefalù, Vicenza, Udine.

Scarica i risultati dell’indagine. File completo

Introduzione

Il fenomeno del disagio mentale professionale (DMP) degli insegnanti, più noto col nome di burnout, assume particolare rilevanza alla luce della nuova normativa sulla tutela della salute nei posti di lavoro (D. L.vo 81/08 e D. L.vo106/09). Questa pone in capo al datore di lavoro il compito di individuare e contrastare tutti i rischi sul lavoro, compresi quelli psicosociali, tenendo in giusto conto il genere e l’età del lavoratore. Dettagli tutt’altro che trascurabili poiché i dati forniti dal Ministero della Pubblica Istruzione, mostrano che il corpo docente è per l’81% composto da donne con un’età media che sfiora i 50 anni. La categoria professionale dei docenti rientra tra le cosiddette helping profession e risulta essere maggiormente esposta ad usura psicofisica (4; 20; 21). Nonostante ciò, nell’opinione pubblica è ben radicata la convinzione che la suddetta categoria fruisca di una condizione privilegiata.

Con la pubblicazione dello studio “Quale rischio di patologia psichiatrica per la categoria professionale degli insegnanti?”  (La Medicina del Lavoro N° 5/04), si arriva finalmente a investire della questione “DMP nella scuola” anche il settore medico-scientifico e non più solamente quello psicologico. Il termine burnout (2; 12) è di origine “psicologica” e non è contemplato nei manuali di diagnostica psichiatrica quali il DSM IV TR americano e l’ICD 10 europeo.

L’esposizione al rischio di sviluppare una patologia psichiatrica è confermato da ricerche mediche sul corpo docente condotte anche a Torino, Verona e Milano (25; 1; 14).
Il fenomeno del DMP tra gli insegnanti è in realtà una questione internazionale, non relegabile ad uno specifico Paese proprio perché legato all’attività professionale svolta. Sono stati per primi la Francia (3; 10; 24) e il Giappone (11) a lanciare nel 2007 rispettivamente il preoccupante allarme suicidi tra gli insegnanti  (Il Sole 24 Ore Sanità N° 15/07) e il drammatico incremento delle diagnosi psichiatriche nelle assenze da lavoro per malattia (incremento dal 36% al 54,6% in un decennio).

La presente ricerca – condotta per conto di Orizzontescuola  – integra e completa quella realizzata nel 2008, successivamente pubblicata su La Medicina del Lavoro n° 3/09 .

Razionale della ricerca

L’obiettivo dell’indagine è consistito nel saggiare la consapevolezza dei docenti relativamente al fenomeno del DMP e ai fattori che lo determinano, il loro vissuto sul campo, la capacità a riconoscerlo/prevenirlo, il mobbing, l’allungamento dell’età pensionabile ed altro ancora. Sono stati pertanto posti loro specifici quesiti:
A determinare il tuo stress, prevale l’attività professionale o quella extra (famiglia, relazioni etc)?
A inizio anno scolastico ti senti sereno o sei in apprensione quando sali in cattedra?
Tendi a condividere i tuoi problemi con i tuoi colleghi, o te li gestisci da solo senza coinvolgerli?
Si acuisce nella donna-insegnante il rischio di usura psicofisica nel periodo della menopausa?
Effettui gli esami di screening per la prevenzione dei tumori?
Chi incide maggiormente sull’educazione dei ragazzi: famiglia, scuola, amici, tecnologie?
Sei mai stato vittima di mobbing?
Cosa pensi dell’allungamento dell’età pensionabile a 65 anni per le donne?
Quale relazione professionale ti pesa di più: con colleghi, alunni, loro genitori,o altro?
Hai in classe qualche alunno portatore di handicap psichico? Ed in caso affermativo, ti ritieni adeguatamente supportato dalle istituzioni scolastiche e sanitarie con i suddetti alunni?
Quale handicap psichico di un alunno ritieni particolarmente usurante per un docente?
Vorresti ricevere suggerimenti specialistici sugli atteggiamenti da adottare con questi alunni?

Metodi e analisi del campione

La rilevazione ha interessato complessivamente 2.186 insegnanti ai quali è stato somministrato un questionario strutturato semi-standardizzato. L’indagine si è svolta nell’arco di un anno (Ottobre 08/09) ed ha previsto come contesto di rilevazione il setting di formazione, nell’ambito del quale l’autore ha svolto seminari sul tema del DMP e delle relative modalità di riconoscimento e gestione efficace dello stesso. La modalità di somministrazione è stata quella dell’autocompilazione assistita. Tale sistema ha come punto di forza la possibilità di motivare gli intervistati alla compilazione del questionario, attraverso una relazione diretta e personale con i ricercatori e i formatori, e al contempo permette agli intervistati di chiarire eventuali dubbi in fase di compilazione. Considerando che i corsi di formazione sono stati organizzati in 12 regioni d’Italia  (Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Veneto, Toscana, Lazio, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Sicilia, Campania), il campione oggetto di studio produce un quadro di riferimento della scuola e degli insegnanti di gran parte del territorio nazionale.

Per quanto concerne la composizione per sesso, il campione rispecchia la forte femminilizzazione dei docenti che esiste nella scuola italiana: l’81,3% degli insegnanti del campione sono donne, un valore che coglie con buona precisione la percentuale dell’universo pari all’81% (fonte Ministero dell’Istruzione, anno scolastico 2006/07).  Pur essendo le donne del campione di poco più giovani dei colleghi uomini (46 anni a fronte di 46,7 anni) è assai rilevante la quota del campione costituita da donne che si trova nella classe di età perimenopausale (45-55 anni) che rappresenta ben il 38% dei soggetti intervistati. Si tratta di un riferimento importante in quanto la numerosità campionaria di questo specifico segmento (a causa della correlazione che sussiste tra il rischio di patologia ansioso depressiva e l’insorgenza della menopausa) consentirà di effettuare su di esso specifiche riflessioni.

Dalla tabella 1 si evince che la maggioranza relativa dei docenti (il 44,5%) possiede un’anzianità di servizio di oltre 20 anni. Circa ¼ del campione insegna invece da meno di 10 anni.

Tabella 1Anzianità di servizio nel ruolo docente

Meno di 10 anni di servizio 25,2%
Tra i 10 e i 20 anni di servizio 30,3%
Oltre i 20 anni di servizio 44,5%
Totale 100,0%

Risultati

La ricerca operata complessivamente su 2.186 docenti ha appurato che:

  • quasi i ¾ degli intervistati (71%) hanno riconosciuto che nella loro vita prevale lo stress di origine professionale (“decisamente” il 48% e “moderatamente” il 23%) rispetto a quello extra-lavorativo (“decisamente” il 13% e “moderatamente” il 16%);
  • a inizio anno scolastico solo il 30% del campione si ritiene “sereno”, mentre il 57% si definisce “in apprensione” e il 12% “in grave stato ansioso”. Una minima parte (1%) si definisce “indifferente”;
  • per affrontare i propri problemi, i due terzi del campione sostengono di ricorrere allo appoggio dei colleghi e alla condivisione delle difficoltà, mentre il terzo restante preferisce reagire chiudendosi in se stesso;
  • solo il 41% del campione riconosce l’entità dell’incremento dell’esposizione al rischio depressivo durante la menopausa, mentre il 40% non lo sa e il 18%  lo nega fermamente. L’1% invece non risponde alla domanda;
  • dell’intero campione femminile il 68% e il 62% dichiarano rispettivamente di effettuare regolarmente gli esami di screening oncologico pap test e mammografia. Circa il 10% afferma di non eseguire alcun esame per la prevenzione dei tumori, mentre il 13% dichiara di non aver ancora raggiunto l’età per i suddetti esami;
  • tra i fattori che influenzano maggiormente l’educazione dei ragazzi loro affidati, gli insegnanti stilano una graduatoria che relega la scuola all’ultimo posto come importanza. Sono accreditate in ordine decrescente: la famiglia (86%); le tecnologie (10%); le amicizie (3%); la scuola (1%);
  • certamente preoccupante il dato riguardo alla percezione di “aver subito o subire” un’azione di mobbing. Quasi un terzo del campione dichiara di aver avuto a che fare col mobbing: il 23% dichiara di averlo subito in passato; il 4% ritiene di essere stato verosimilmente “mobbizzato”; l’1% si considera attualmente vittima di mobbing;
  • l’allungamento dell’età pensionabile per la donna a 65 anni è avversato dal 49% del campione, mentre il 38% si ritiene possibilista, pur chiedendo un approfondimento preventivo circa il rischio di usura psicofisica professionale prima di procedere alla riforma previdenziale. Il 5% dichiara di non aver problemi ad accettare la riforma da subito, mentre il restante 8% vorrebbe che l’eventuale permanenza a lavoro fino ai 65 anni avvenisse solo su base volontaria;
  • gli interlocutori dei docenti che causano loro maggior stress sul lavoro sono nell’ordine: studenti (25%); i loro genitori (21%); i colleghi (19%); il dirigente scolastico (3%). La restante parte (32%) ritiene invece tutte le relazioni parimenti usuranti;
  • il 63%  dichiara di avere in classe uno o più alunni certificati/riconosciuti come portatori di disturbi o deficit psichici. Il 96% dell’intero campione ritiene di non essere supportato adeguatamente dalle istituzioni scolastiche e sanitarie competenti, nello svolgimento delle proprie funzioni con tale utenza;
  • chiamati ad esprimere il disturbo psichiatrico che in un alunno richiede maggior impegno a un docente, vengono considerati in ordine decrescente: iperattività con disturbo dell’attenzione (39%), schizofrenia, (37%), autismo (14%), epilessia (3%), ritardo mentale (2%), altro (6%);
  • il 94% ritiene molto (69%) o abbastanza (25%) utile un supporto scientifico specifico costituito da consigli e formazione di specialisti sui comportamenti da adottare con bimbi iperattivi con deficit dell’attenzione.

Discussione

La presente indagine integra quella pubblicata il giugno scorso su La Medicina del Lavoro n° 3/09 , proponendosi di approfondire alcune questioni irrisolte o lasciate in sospeso.
Quasi i ¾ del campione ritengono prevalente lo stress di origine professionale rispetto a quello esperito nella vita privata. L’affermazione assume particolare pregnanza poichè sostenuta da una popolazione, femminile per i 4/5, che svolge il “doppio lavoro” (a casa e a scuola). E’ dunque la vita di relazione, col suo contesto familiare, a fungere da ammortizzatore per lo stress.

Tuttavia la famiglia, quale punto di riferimento per la società e per lo stesso insegnante, diviene sempre più debole: se ne formano di meno, con pochi figli e sempre più instabili. Anche questa circostanza concorre verosimilmente a indurre un atteggiamento fortemente improntato all’ansia in oltre metà dei docenti a inizio anno scolastico.

La situazione si aggrava ulteriormente per quel terzo di insegnanti che, per indole o diffidenza, si rifiuta di condividere con i propri colleghi le difficoltà e tensioni esperite sul lavoro.
Sul versante medico si nota come sia decisamente sottostimato il potenziale “effetto menopausa” relativamente all’entità del rischio di sviluppare una depressione. Se nello studio succitato il 56% dei docenti riconosceva che la menopausa accresce la predisposizione della donna alla depressione, solo il 41% conosce l’entità del rischio che quintuplica rispetto all’età fertile.

Questa situazione può essere particolarmente delicata nella donna insegnante per una serie di fattori: primo perché svolge una helping-profession che è già di per sé a rischio di disturbi ansioso-depressivi; secondo perché i medici non sono a conoscenza dei rischi psicosociali degli insegnanti; terzo perché la donna si deve rivolgere al giusto specialista (ginecologo o psichiatra?) ai fini della corretta terapia (ormonale sostitutiva o antidepressiva). L’ultima questione è particolarmente delicata poiché il tono dell’umore deflesso in periodo menopausale dovrebbe essere trattato almeno inizialmente – e in assenza di controindicazioni – con fitoestrogeni o con terapia ormonale sostitutiva a basso dosaggio. Non è certo di prima scelta infatti, in tale circostanza, il ricorso ad antidepressivi classici e neppure di nuova generazione . In sostanza occorre che il curante sappia effettuare una diagnosi differenziale tra una depressione propriamente detta di competenza dello psichiatra ed una depressione da menopausa di competenza del ginecologo almeno inizialmente.

Anche sul versante oncologico vi sono ampi spazi di manovra riguardo all’attività di prevenzione. Infatti nello studio pubblicato su La Medicina del Lavoro (n° 5/04) emergeva che la prevalenza dei tumori era maggiore negli insegnanti rispetto ad altre categorie professionali considerate. Dall’attuale indagine risulta che solo il 60% delle donne in età esegue regolarmente gli screening oncologici.

Per gli intervistati, la famiglia è la principale agenzia educativa dei ragazzi, seguita – ad abissale distanza ma pur sempre sorprendentemente – dalle tecnologie. Telefonini, computer e televisione precedono nell’ordine gli amici e la scuola. Se la graduatoria risulta lusinghiera per la famiglia, che invero attraversa tempi difficili, è deprimente per la scuola, ove gli stessi docenti si considerano scavalcati, come impatto e forza educativa nei confronti dei giovani, relegandosi all’ultimo posto in graduatoria (1%). Interpretato come livello di autostima del corpo docente, il dato percentuale osservato non può essere certamente definito incoraggiante.
Un altro segnale preoccupante è quello relativo al mobbing in quanto rivelatore di una tensione dei rapporti nell’ambiente scolastico. Un docente su quattro ritiene infatti di essere stato vittima di mobbing. Considerando i due casi estremi (il mobbing percepito è reale ed il mobbing percepito è inesistente) ci troviamo comunque a dover constatare un problema di relazioni gerarchiche col dirigente scolastico, nonché un clima teso tra insegnanti.

Quasi metà del campione manifesta un’opposizione pregiudiziale a estendere l’età pensionabile a 65 anni per le docenti. Tuttavia sorprende che l’altra metà sia disposta a parlarne, solo dopo aver verificato la reale usura psicofisica dei docenti nel corso degli anni. L’apertura a un nuovo scenario potrebbe essere colta dall’istituzione per cominciare ad acquisire quei dati necessari a misurare i rischi psicosociali (tra l’altro come da nuova normativa sulla tutela della salute nei posti di lavoro) e per supportare adeguatamente il percorso professionale dei docenti.

La maggiore fonte di stress sul lavoro sembra essere rappresentata dalle relazioni con l’utenza (con una lieve prevalenza di quelle con gli studenti rispetto a quelle con i loro genitori), seguite da quelle con i colleghi e, in minima parte, quelle col dirigente.

Nell’approfondire le relazioni con gli alunni, si sono volute indagare quelle particolarmente delicate come osservato da Bauer (Correlation between burnout syndrome and psychological and psycosomatic symptoms among teachers – Health 2006)  e dallo studio ETUCE (Prevenzione dello stress legato al lavoro educativo – Federazione Sindacati della Scuola dei Paesi Europei; 2007).
Oltre il 60% del campione ha nella propria classe un alunno con un disturbo psichico, e la quasi totalità (96%) dichiara di non essere supportato a sufficienza dalle istituzioni scolastiche e sanitarie nell’assolvere il proprio compito educativo.

Le patologie che preoccupano di più i docenti, che praticamente all’unanimità (94%) vorrebbero suggerimenti specialistici e una preparazione adeguata per poter trattare con questi utenti particolari, sono nell’ordine: l’iperattività con disturbo dell’attenzione (39%), la schizofrenia (37%), l’autismo (14%), l’epilessia (3%). Il dato è da considerarsi con cautela in quanto è condizionato verosimilmente dalla patologia che ciascun docente si trova a gestire nella propria classe. Inoltre, come segnalato da numerosi insegnanti, il primo dei suddetti disturbi, al contrario degli altri, assai frequentemente non fruisce del “sostegno”.

Conclusione

La letteratura internazionale inquadra la categoria degli insegnanti tra le helping profession che sono particolarmente esposte ad usura psicofisica. Il nuovo Testo Unico per la tutela della salute nei posti di lavoro (D. L.vo 81/08 e successivi) prevede all’art. 28 che siano individuati e contrastati i rischi specifici della professione e lo stress lavoro correlato, considerando opportunamente anche il genere e l’ètà del lavoratore. Ne consegue che il dirigente scolastico – equiparato al datore di lavoro – deve adeguare il Documento di Valutazione dei Rischi alle nuove esigenze individuate dal legislatore, tenendo conto che il personale docente è composto per i 4/5 da donne, con un’età media di 50 anni.

Dal presente lavoro, che integra i precedenti , emerge forte la necessità di rendere edotti gli ignari insegnanti su:

  • rischi specifici delle professioni d’aiuto (usura psichica)
  • rischi correlati ai fattori biologici (sesso; menopausa; postpartum; sindrome premestruale)
  • rischi legati alla eredo-familiarità e alla propria anamnesi familiare
  • importanza degli screening oncologici di prevenzione
  • reazioni di adattamento positive (es. condivisione) e negative (es. isolamento)

Contestualmente devono essere illustrati ai lavoratori i loro diritti e doveri nel tutelare la propria salute. Non risulta invece che i docenti siano a conoscenza – come gran parte dei loro dirigenti  –  delle procedure per sottoporsi all’accertamento sanitario, né le modalità per l’eventuale ricorso alla Commissione Medica di II istanza.
Le azioni sopra elencate si rendono ancor più necessarie alla luce della bassa autostima degli insegnanti e del clima che si respira nell’ambiente scolastico. E’ infatti sconcertante il risultato dell’indagine sul mobbing, effettivo o presunto che sia.

A seguito di questi presupposti, diviene cruciale acquisire i necessari elementi sull’effettiva usura psicofisica di questa professione, prima di promuovere l’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni. L’istituzione potrebbe riguadagnare qualche punto di fiducia – attualmente peraltro assai bassa tra la categoria – se affrontasse seriamente l’argomento salute; così facendo restituirebbe il meritato prestigio alla professione docente di fronte all’opinione pubblica.
Si tratta di un passaggio dovuto soprattutto nei confronti delle donne lavoratrici.

vittorio.lodolodoria@fastwebnet.it
Novembre 2009

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Scarica i risultati dell’indagine. File completo

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Sindrome da Burnout

18:33 – 21/10/09 – Il Disagio Mentale Professionale a Scuola

Di Vittorio Lodolo D'Oria

Il N° 5/2004 de La Medicina del Lavoro – prestigiosa rivista scientifica italiana – ha pubblicato uno studio sui rischi di salute legati alla professione svolta. Di 3.447 dipendenti pubblici che hanno inoltrato domanda d’inabilità al lavoro per malattia, gli insegnanti risultano essere la categoria più a rischio per patologia psichiatrica (secondo il DSM IV rispettivamente 39% disturbi dell’umore, 32% disturbi d’ansia, 12% disturbi di personalità, 11% schizofrenia ed altri disturbi psicotici, 6% altro), con una frequenza pari a due volte quella degli impiegati, due volte e mezzo quella del personale sanitario e tre volte quella degli operai.

A differenza delle altre categorie la prevalenza del disagio mentale tra i docenti è in costante aumento (dal 44.5% del triennio 92-94 al 56.9% del 2001-03), da quando cioè furono abolite le baby-pensioni con la riforma Amato del 1992. La severità della prognosi ha indotto i Collegi Medici a sancire l’inabilità all’insegnamento nel 90% dei casi (27% in via temporanea e 63% definitiva), a riprova della gravità delle condizioni psicofisiche dei docenti esaminati.

A differenza dalla popolazione generale – dove le donne fanno registrare un’incidenza doppia di patologia depressiva e tripla di quella ansiosa rispetto agli uomini – docenti maschi e femmine presentano dati sovrapponibili, a significare che la professione arriva addirittura ad annullare la pur cospicua differenza tra i sessi. Mentre non si evidenziano differenze significative di patologia psichiatrica tra docenti di scuola materna, elementare, media e superiore, a discapito dei docenti si rileva anche un rischio oncologico superiore di 1.5-2 volte rispetto ad operai e impiegati, lasciando supporre che ciò sia dovuto ad immunodepressione conseguente all’esaurimento psicofisico. Già nel lontano 1979, secondo uno studio effettuato dalla CISL assieme all’Università di Pavia, emerse il dato allarmante che il 30% degli insegnanti dell’area milanese faceva ricorso agli psicofarmaci . Infine, secondo un recente studio svolto nella città di Torino, il disagio mentale appare direttamente correlato all’anzianità di servizio.

Mappatura del fenomeno
Per una migliore comprensione del fenomeno può essere d’aiuto rappresentare i docenti, suddivisi in base alle loro condizioni di salute psicofisica, distribuiti in tre strati di un’ipotetica piramide.

1. L’apice: composto da coloro che sono oramai vittime di una psicopatologia franca. Si dovrà pensare, insieme al mondo medico-scientifico, ad individuarli, agganciarli e curarli, affinché non arrechino danni a se stessi e all’utenza. L’intervento, ad opera di personale specializzato, deve tendere a perseguire la guarigione dell’individuo, con l’obiettivo finale di favorirne il reinserimento lavorativo e sociale.

2. Lo strato intermedio: popolato da coloro che sono in una situazione di burnout. Deve essere messo a punto quello che gli anglosassoni chiamano social support; che si traduce nella creazione di strutture di ascolto, informazione, condivisione, counselling e – all’occorrenza – sostegno psicologico. L’obiettivo delle suddette iniziative consiste nell’evitare all’insegnante in difficoltà quei sentimenti di vergogna ed isolamento, tipici dell’individuo che si trova ad attraversare questa fase transitoria. Intervenire per tempo è fondamentale poiché la situazione, anziché regredire, può evolvere verso la patologia psichiatrica con la perdita delle capacità di critica e giudizio e la conseguente espulsione sociale (spesso scambiata per mobbing dall’interessato).

3. La base: vi si trovano coloro che sono in buona salute. Ci si deve occupare di preservare la loro condizione che è potenzialmente a rischio di logoramento psicofisico. Formare gli insegnanti in modo completo, senza tralasciare di metterli in guardia sugli effetti usuranti della loro professione, diviene perciò una tappa cruciale per un’oculata attività di prevenzione da parte dei dirigenti scolastici. Occorre inoltre abituare i docenti a gestire le proprie energie, non smarrire nel tempo la capacità di auto-valutare le proprie condizioni psicofisiche, monitorare sistematicamente lo stato di salute e soprattutto non scordarsi di fare ricorso a buone dosi di autoironia durante il lavoro scolastico. Diviene infine fondamentale un coinvolgimento dei mass-media per cercare quantomeno di ridurre i dannosi stereotipi sulla professione insegnante e restituire dignità alla funzione sociale dell’intera categoria.

La psicopatologia e le sue manifestazioni: osservazione sinottica di casi reali

A tutt’oggi sono migliaia le pubblicazioni internazionali che parlano di burnout a carico degli insegnanti mentre vi è una sola pubblicazione medico-scientifica (quella recente de La Medicina del Lavoro) che ipotizza la diretta correlazione tra professione docente e rischio psichiatrico. Per questa ragione, abbiamo voluto concentrare l’attenzione su casi clinici accertati per meglio comprendere i comportamenti del professionista in fase avanzata di disagio e le conseguenti dinamiche relazionali in ambito scolastico. Per riuscire nell’intento sono stati attentamente osservati e confrontati trenta casi d’insegnanti affetti da psicopatologia franca diagnosticata dal Collegio Medico per l’Inabilità al Lavoro. La lettura sinottica dei casi in oggetto ha consentito di riconoscere la ripetitività di atteggiamenti, segni e sintomi nelle diverse storie, individuando così peculiarità patognomoniche del disagio emesse dal docente nello svolgimento della professione. Si è inoltre provveduto ad esporre alcune sintetiche riflessioni sui ruoli chiave giocati dal dirigente scolastico e dal Collegio Medico.

Di seguito gli spunti emersi dalla rilevazione dei 30 casi osservati:

Dati anagrafico-clinici
1. Sesso: 22 donne e 8 uomini.
2. Età media: 45 anni.
3. Livello scolastico di insegnamento: 12 maestre elementari, 8 insegnanti della scuola media, 10 delle superiori.
4. Patologie osservate: sono per 1/3 psicosi, 1/3 disturbi di personalità, 1/3 disturbi d’ansia e disturbi dell’umore.
5. Life-events extra-professionali: solo in 1/3 dei casi sono riportati eventi significativi legati alla vita privata che possono aver influito sull’equilibrio psicofisico della persona. Ciò può significare sia che la raccolta anamnestica effettuata dal Collegio Medico non è stata puntuale, sia che non vi erano effettivamente episodi degni di rilievo.
6. Anzianità di servizio: nella quasi totalità dei casi – inclusi dunque gran parte dei disturbi primitivi dove la familiarità gioca un ruolo importante – l’anzianità di servizio è superiore ai 20 anni, quasi a testimoniare lo stretto legame tra usura psicofisica e insegnamento.
7. Durata dei casi: mediamente trascorrono 7 anni dall’esordio dei primi sintomi/segni di malattia fino ad arrivare al provvedimento definitivo. Il protrarsi di queste vicende testimonia l’ignoranza di tutti gli attori sulla via da percorrere per tutelare insegnanti e utenza; in particolare la più disdegnata è sempre la cosiddetta “via medica”, preludio all’uscita dal giro e presupposto per intraprendere un adeguato trattamento terapeutico.

Dinamiche relazionali
1. Dirigenti Scolastici: talvolta chiedono aiuto per risolvere le situazioni complesse a chi non ne può dare (gli ex-Provveditorati, oggi CSA), talaltra s’improvvisano psichiatri formulando ipotesi diagnostiche – peraltro esatte in alcuni casi – in altre circostanze assumono atteggiamenti pilateschi; in tutte le altre assumono il ruolo di detective ricorrendo a mezzi illeciti – seppure efficaci – come la registrazione di colloqui. Ancora più spesso non sanno cosa fare e “incentivano” il docente a mettersi in ferie o in aspettativa. Due dirigenti scolastici sono stati sanzionati dal Provveditorato per “imperizia” nella gestione dei casi ritenuti “di loro competenza”. Altri due hanno vivamente “consigliato” al docente in difficoltà – atto estremamente deleterio – di richiedere un trasferimento presso altra sede. Uno soltanto si è arrischiato – senza alcun esito – a contattare il medico curante ed il neuropsichiatra del soggetto.
2. Studenti: in 1/3 dei casi alternano perplessità e rabbia di fronte al docente disorientato. Nei 3/4 dei casi riguardanti le classi elementari, gli alunni hanno manifestato sentimenti di paura o terrore. In un caso si è addirittura avuto un episodio di “pianto collettivo”.
3. Genitori: confliggono direttamente con l’insegnante. In seconda battuta si appellano al dirigente minacciandolo del possibile ritiro dei figli dalla scuola: in 1/3 dei casi i genitori hanno allontanato i ragazzi dalla classe dove insegnava il docente in difficoltà. Se quanto sopra non dovesse bastare ci si rivolge all’avvocato – spesso un genitore – e alla stampa locale. Ai genitori è del tutto sconosciuta la cosiddetta “via medica”.
4. Rapporti tra colleghi insegnanti: nei 2/3 dei casi si hanno rapporti conflittuali col docente in difficoltà. Nei restanti casi non si rilevano elementi di contrasto solo perché si tratta di insegnanti che assumono atteggiamento evitante ed apatico, accumulando assenze e attuando fughe dalla scuola o dalla classe durante le lezioni. Si registra invece un solo caso di supporto da parte dei colleghi in quanto la docente è attentamente seguita da un centro specialistico.
5. Incolumità studenti: in 1/3 dei casi è stato segnalato il rischio incolumità per l’utenza da parte degli stessi Dirigenti e dagli Ispettori Tecnici.

Segni e sintomi
1. Aggressività: è presente nella metà dei casi verso colleghi, studenti, genitori e dirigente.
2. Mania di persecuzione: è presente in metà dei casi.
3. Altri atteggiamenti rivelatori di disagio: assenze, fughe, evitamento, apatia, nonché calo di rendimento e incapacità a gestire la routine quotidiana sono presenti in quasi la metà dei casi.
4. Trasferimenti: più della metà dei casi risulta essere stata trasferita più volte. Si preferisce sistemare la faccenda allontanando il malcapitato, indirizzandolo verso un altro istituto anziché affrontare definitivamente la questione. Inutile dire che la storia si ripete – aggravata – nella nuova destinazione, fin quando non accade uno spiacevole episodio solitamente più grave dei precedenti.
5. Assenze: in più della metà dei casi si ha un alto numero di assenze – talvolta addirittura non giustificate – con una frequenza crescente, per numero e quantità, con l’aggravarsi del quadro psicopatologico del soggetto.
6. Atteggiamento verso studenti disabili: nei casi dove è presente un alunno/studente portatore di handicap, si è potuto verificare l’accanimento del docente in difficoltà sullo stesso (vedi nel testo la spiegazione psicanalitica). Nonostante ciò, alcuni insegnanti ammalati sono stati ricollocati dai dirigenti scolastici proprio nelle attività di sostegno ad alunni disabili.
7. Terapie: solo 1/8 dei docenti risulta essere sottoposto a una qualche terapia analitica o farmacologica. Ciò sta a significare la frequente misconoscenza dell’interessato della propria condizione di “ammalato”.
8. Notifica atti: in 1/6 dei casi, per assenza di recapito fisso o per opposizione dell’insegnante è stato impossibile notificare il provvedimento disciplinare assunto dal dirigente scolastico.
9. “Detonatori”: in 4 casi la settimana di gita scolastica – denominata Scuola Natura – si è rilevato l’elemento scatenante (trigger) dell’episodio psicotico-delirante.

Statistiche e annotazioni

1. Provvedimenti assunti dal Collegio Medico: solo in 1/3 dei casi appare appropriato a fronte della diagnosi. Sotto il profilo di tutela del docente stesso e dell’utenza, solleva forti perplessità nei restanti 2/3 in considerazione degli eventi occorsi.

2. Richiesta della visita per l’inabilità al lavoro per causa di salute: solo in 1/5 dei casi l’insegnante ha richiesto spontaneamente di essere sottoposto a visita. In tutti gli altri casi la richiesta è stata inoltrata dall’amministrazione scolastica. Ciò significa che non si tratta di simulazioni ma, soprattutto, che obiettività e senso critico dell’individuo sono in gran parte compromessi già al momento della visita. La persona in difficoltà ha perso la capacità di giudizio rispetto al proprio disagio, reagendo il più delle volte con la negazione della patologia ed accusando il prossimo di “avercela con lei”. Questo dato rivela come l’intervento sia oramai tardivo e destinato quasi sempre all’insuccesso. In assenza di adeguati strumenti istituzionali, per intercettare precocemente il disagio professionale tra i docenti, il Collegio Medico per l’Inabilità al Lavoro rappresenta l’unico – ma insufficiente – baluardo atto ad evitare situazioni spiacevoli barattandole con un “male minore” quale l’esclusione dell’inse-gnante dal mondo del lavoro.

3. “Dirigenti scolastici psichiatri”: in 1/4 dei casi i Dirigenti scolastici hanno posto vere e proprie diagnosi psichiatriche non di loro competenza. Anche un Ispettore Tecnico ha assunto il medesimo comportamento in una circostanza.

4. “Processi di piazza”: nei casi di sospensione dall’insegnamento, il docente è stato – secondo prassi – sottoposto a giudizio in Collegio Docenti. Tale procedura è fortemente lesiva di ciò che rimane dell’equilibrio psicofisico dell’ammalato ed equivale a condannarlo definitivamente e senza appello all’espulsione dalla scuola nonché all’isolamento sociale.

5. Biblioteca: frequentemente i docenti ritenuti inidonei all’insegnamento sono stati riutilizzati come bibliotecari. In un solo caso, chi già lavorava in biblioteca è stato ritenuto totalmente inabile a qualsiasi lavoro. A tal proposito si ricorda che l’utilizzo in mansioni amministrative, tutt’altro che conveniente per il docente, comporta, per il medesimo, la presenza obbligatoria in istituto per tutte le 36 ore contrattuali.

Interventi esterni

1. Medici di parte: il Collegio Medico si è imbattuto in 3 casi di medici di parte compiacenti che hanno certificato l’assoluta integrità psicofisica del loro assistito – che era al contrario gravemente affetto da una psicopatologia – rilasciando altresì certificazioni scritte.

2. Mass-media: in 3 casi, nei quali sono stati coinvolti gli organi d’informazione, le procedure burocratiche hanno subito un’improvvisa accelerazione per l’invio in Collegio Medico.

3. Parti sociali: nell’unico caso nel quale il sindacato è risultato essere contattato dal Dirigente scolastico per un suggerimento, si è avuta un’onesta dichiarazione d’incompetenza, dopo aver esperito alcuni lodevoli ma vani tentativi di mediazione.

Osservazioni sulla gestione del disagio mentale da parte dei Dirigenti Scolastici

Tra le sempre più numerose competenze del dirigente c’è anche quella che riguarda la gestione delle risorse umane. Spetta anche questo ad un vero manager ma non sempre gli strumenti a loro disposizione sono sufficienti e soprattutto adeguati.

Procedendo per ordine, potremo dapprima constatare che i dirigenti, di fronte ad un caso di disagio mentale, ricorrono a soluzioni per lo più improprie. Si passa dalla notifica di sanzioni ai conflitti personali, dai trasferimenti per incompatibilità ambientale alla sospensione dall’insegnamento; e ancora, dai catastrofici processi di piazza in collegio docenti agli incontri-scontri coi genitori, dalle registrazioni di colloqui privati alla formulazione di inopinate diagnosi mediche a rischio di ritorsioni legali.

Più spesso si preferisce blindare all’interno di una barriera di protezione il docente in difficoltà confinandolo in biblioteca, oppure si “getta la spugna” chiedendo l’intervento dell’ispettore tecnico ministeriale che – a sua volta – non dispone di mezzi migliori. Da ultima, ma con ingiustificata riluttanza, viene presa in considerazione la possibilità di inviare la persona a visita presso il Collegio Medico della competente CMV, per stabilirne l’idoneità psicofisica al lavoro.

Questo provvedimento è erroneamente ritenuto “punitivo” nei confronti del docente, poiché si teme di “sporcarne” lo stato di servizio. In realtà il danno viene perpetrato sia ai danni del docente sia dell’utenza, nel momento in cui si perde del tempo prezioso con i succitati provvedimenti impropri. Molto in voga sono i trasferimenti “per incompatibilità ambientale” presso altre sedi scolastiche, il cui unico esito consiste nel ritardare l’intervento medico che può facilitare l’avvicinamento dell’ammalato a chi, comprendendo il vero dramma, è in grado di porre una diagnosi e impostare la conseguente terapia. Cosa può dunque fare un dirigente scolastico? Molto.

Innanzitutto dev’essere consapevole del rischio professionale di esaurimento psicofisico corso dai suoi docenti e delle sue manifestazioni, quindi deve fare in modo che essi stessi ne siano consapevoli, sappiano gestire oculatamente le energie a disposizione e arrivino, se necessario, ad effettuare un’autodiagnosi precoce, per essere in grado di richiedere per tempo un aiuto, non necessariamente medico. In seconda battuta ha il compito di monitorare – strettamente e con discrezione – il clima lavorativo, osservando attentamente i rapporti tra colleghi e con l’utenza, nonché le dinamiche ed i mutamenti degli stessi – soprattutto quelli repentini ed inspiegabili. Si deve poi adoperare per stabilire un buon clima di ascolto, e raggiungere un discreto livello di familiarità con i propri insegnanti, per avvicinare gli stessi più agevolmente nei momenti di crisi.

Tuttavia, di fronte a un caso oramai patologico, dove l’attività di prevenzione e sostegno sono del tutto inutili poiché il soggetto ha smarrito la capacità critica e di giudizio – segno specifico della malattia – l’unica via per tentare “l’aggancio” della persona deve essere demandato, senza indugi, a medici specialisti. Purtroppo in queste situazioni l’unica strada da percorrere consiste nell’inviare il docente al competente Collegio Medico – con tutti i limiti analizzati nello specifico capitolo – non avendo le istituzioni scolastiche a disposizione, nemmeno a livello regionale o provinciale, un’apposita commissione di consulenti, per affrontare la grave problematica del disagio mentale dei docenti. Trattandosi dunque dell’unica carta a disposizione dei dirigenti per venire a capo di una situazione delicata, l’invio al Collegio Medico deve essere ben congegnato. La domanda, indirizzata alla Commissione per l’inabilità al lavoro (ora la competenza è passata alle Commissioni Mediche di Verifica note con la sigla CMV), dovrà essere corredata da una relazione contenente tutti gli elementi che presentino il caso in modo conciso, ma efficace, riportando altresì la situazione ed i relativi accadimenti, recenti e meno recenti.

Osservazioni sui provvedimenti assunti dal Collegio Medico

I casi analizzati sono certamente di pertinenza specialistica e la loro prima difficoltà è rappresentata dal cosiddetto “aggancio”. Occorre chiedersi chi abbia la facoltà, oltreché il potere-dovere, di convincere le persone in evidente stato di disagio mentale ad affidarsi alle cure dello specialista. A meno di non dover ricorrere, per comprovata urgenza e in casi estremi, al famigerato TSO (trattamento sanitario obbligatorio) tenuto conto del rischio-incolumità corso dall’utenza. Nei casi di psicopatia più avanzati, scattano immancabilmente meccanismi di difesa dell’individuo; veri e propri automatismi rappresentati dalla perdita delle capacità critica e di giudizio da cui discende, tra l’altro, la negazione della patologia e la denuncia di mobbing.

In secondo luogo non dobbiamo scordare che il settore medico è totalmente all’oscuro del rischio di usura psicofisica degli insegnanti di natura professionale. Gli stessi medici – inclusi quelli di famiglia che mediamente tra i loro assistiti contano una ventina di docenti in attività per ciascuno – sono a loro volta vittima degli stereotipi sui docenti.

Dunque la questione del rischio di disagio mentale tra i docenti è ancora talmente oscura che non esiste un organismo istituzionale – scolastico e/o sanitario – preposto ad affrontare il fenomeno, supportare i professionisti durante la loro carriera, curare coloro che necessitano di assistenza medica, attuare i necessari programmi di prevenzione, e facilitare il reinserimento lavorativo di coloro che, dopo il necessario trattamento, sono in grado di tornare ad insegnare.

Premesso ciò, l’unico punto di contatto ad oggi esistente tra scuola e sanità rimane il Collegio Medico della Commissione per l’inabilità al lavoro (oggi è la CMV).

Eppure tale organismo appare inidoneo a tamponare il drammatico problema. Prova ne sia che, in almeno due terzi dei casi studiati, il provvedimento finale assunto nei confronti dell’individuo appare inappropriato – se non addirittura sbagliato – sia nei confronti del paziente, sia per le inevitabili e rischiose ricadute sull’ambito scolastico di provenienza.

Analizzando più nel dettaglio i motivi delle suddette apparenti incongruenze, vediamo come il Collegio Medico sia chiamato a considerare più variabili – molte delle quali di natura squisitamente economico-sociale e non prettamente medica – prima di assumere un provvedimento.

Le “attenuanti” di seguito elencate possono fornirci utili spunti per cercare di comprendere – se non proprio giustificare – il provvedimento, talvolta inspiegabile, assunto dai sanitari:

1. stereotipi nei confronti degli insegnanti – anche i sanitari ne sono vittima come tutta l’opinione pubblica – e conseguente totale ignoranza dei medici sul rapporto tra la professione docente ed il rischio di sviluppare psicopatologie;

2. frequenti denunce di mobbing da parte dei pazienti: gran parte delle persone sottoposte a visita sostiene – il più delle volte a torto e in assenza di un contraddittorio – di essere stata vessata nell’adempimento del proprio lavoro;

3. documentazione trasmessa dall’amministrazione di appartenenza al Collegio Medico carente o del tutto inadeguata: la relazione del dirigente scolastico è il più delle volte incompleta o poco significativa;

4. talvolta le persone si presentano a visita accompagnate dal medico di parte compiacente o con certificazioni che sostengono – contro ogni lampante evidenza – l’assoluta integrità psicofisica dell’assistito;

5. l’assunzione di prolungati provvedimenti di allontanamento dal lavoro – e per di più a carico di persone che hanno già accumulato un considerevole numero di assenze per malattia – determinano una decurtazione o azzeramento contrattuale dello stipendio, mettendo in grave difficoltà coloro che – come spesso si verifica in questi casi – sono già soli e in precarie condizioni economiche;

6. il rischio della perdita del posto di lavoro e la situazione contributiva ai fini previdenziali, condizionano talvolta in modo determinante il provvedimento del Collegio Medico, che ritiene di dover tutelare l’individuo nella sua integrità e quindi anche sotto i succitati aspetti;

7. spesso la scuola rappresenta l’unico punto di contatto e riferimento col resto del mondo per la persona sottoposta a visita: spezzare questo filo potrebbe sancire il definitivo allontanamento del docente da un possibile recupero e guarigione. Si cerca pertanto di esperire ogni tentativo utile per reinserire il malcapitato– talvolta anche prematuramente – al lavoro;

8. la funzione istituzionale del Collegio Medico consiste unicamente nello stabilire l’idoneità, o meno, all’attività professionale, prescindendo da qualsiasi finalità terapeutica;

9. la scarsa compliance dell’individuo di fronte ai sanitari – quando non si tratta addirittura di vera e propria oppositività del medesimo, spesso indice di psicopatia – impedisce la collaborazione necessaria per giungere ad una definizione costruttiva della vicenda;

10. nei casi più gravi il Collegio Medico – diffusamente ritenuto una vera e propria corte marziale – evoca una sorta di ingiustizia e induce il soggetto a sottrarsi alla visita, costringendo la ASL competente ad archiviare la pratica dopo che la terza convocazione è andata deserta;

11. l’assoluta mancanza di scambio di esperienze tra i Collegi-Medici delle 200 ASL italiane, l’alto turnover dei medici in Commissione, l’inopinato trasferimento delle competenze alle Commissioni di Verifica del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 12 Febbraio 2004, non consentono infine di sedimentare l’esperienza necessaria ad assumere provvedimenti appropriati ed omogenei per casi tra loro simili.

Probabilmente la lista è incompleta ma è certamente sufficiente a far comprendere che diventa cruciale, per la risoluzione di un caso clinico complesso, la trasmissione di una documentazione sintetica ma completa da parte del dirigente scolastico al Collegio Medico.

Conclusioni

Sembrerebbe trattarsi di un malaugurato incantesimo del ventesimo secolo, quello che impedisce all’uomo e alla società di riconoscere l’immane dispendio di energia psicofisica necessaria per adempiere al compito educativo, negando dignità e prestigio a chi lo esercita.

I conflitti con i colleghi e il dirigente scolastico, l’anzianità di servizio dei disagiati sempre superiore ai 20 anni, la durata dei casi, i continui trasferimenti, le frequenti e prolungate assenze, le “fughe”, le manie di persecuzione, l’assoluta assenza di assistenza medica fanno capire come siano facilmente riconoscibili i segni di un disagio avanzato.
Tutte le vicende sono altresì contrassegnate dall’abbandono, dall’isolamento in biblioteca, da processi di piazza in Collegio docenti, da inopinate sanzioni disciplinari, da leggerezze mediche, ma anche da aggressività, deliri e dispercezioni dei singoli.

Proprio per l’assenza di formazione specifica un “ponte” tra scuola e sanità le storie si protraggono inesorabilmente nel tempo, con esasperante monotonia, sempre secondo il medesimo canovaccio, senza arrivare a soluzione. Interventi quali il supporto, la cura, la prevenzione e il reinserimento lavorativo del professionista sofferente restano solo delle chimere.
Per spezzare questa catena occorre che Scuola e Sanità riconoscano il disagio psichico di natura professionale e comincino a parlarsi per proporre un intervento articolato su differenti target , figlio di una necessaria sinergia tra due settori che finora si sono sciaguratamente ignorati.

Fonte: il Blog di Vittorio Lodolo D'Oria (Medico Specialista in Sindrome da Burnout)

21:44 – 02/10/09 – La Scuola secondo Grillo

Courtesy TerritorioScuola
Le persone istruite vivono più a lungo, hanno un reddito medio alto, è più difficile ingannarle. L’istruzione non taglia gli angoli, non ha scorciatoie, non è una velina o una escort. L’istruzione è un investimento su noi stessi che ha un altissimo tasso di ritorno. Una nazione poco istruita, senza ricercatori, senza una classe insegnante di livello, non ha futuro. Uno Stato si può definire come la somma del livello di istruzione dei suoi cittadini.

Il pezzo di carta non deve più avere un valore legale, ma sostanziale, di formazione professionale. Negli Stati Uniti, intorno al MIT, l’istituto di tecnologia di Boston più importante del mondo, nascono di continuo imprese di successo create da ex studenti. Da noi i ragazzi più brillanti emigrano o fanno le fotocopie in qualche stage non pagato. Internet deve diventare uno strumento disponibile in ogni scuola a insegnanti e docenti. Internet è l’accesso alla conoscenza digitale, lo zaino ricolmo di libri ricomprati ogni anno è un business, un pizzo alle famiglie e la scoliosi per i ragazzi. Gli insegnanti vanno valutati e pagati (bene) per le loro capacità.

Gli affidiamo l’educazione dei nostri figli e sono pagati meno di un qualunque lavoratore manuale.

Il 4 ottobre 2009 nascerà un Movimento di persone, in cui ogni persona avrà un peso, senza capibastone, mandamenti, sezioni, strutture provinciali, regionali, tessere, correnti.

Sarà presentato il programma del Movimento in 7 punti: Energia, Salute,Trasporti, Economia, Informazione, Istruzione e Stato e cittadini. Oggi pubblico la proposta per l’Istruzione per ricevere i vostri contributi.

ISTRUZIONE:

  • – abolizione della legge Gelmini
  • – diffusione obbligatoria di Internet nelle scuole con l’accesso per gli studenti
  • – graduale abolizione dei libri di scuola stampati, e quindi la loro gratuità, con l’accessibilità via Internet in formato digitale
  • – insegnamento obbligatorio della lingua inglese dall’asilo
  • – abolizione del valore legale dei titoli di studio
  • – risorse finanziarie dello Stato erogate solo alla scuola pubblica
  • – valutazione dei docenti universitari da parte degli studenti
  • – insegnamento gratuito della lingua italiana per gli stranieri (obbligatorio in caso di richiesta di cittadinanza)
  • – accesso pubblico via Internet alle lezioni universitarie
  • – investimenti nella ricerca universitaria
  • – insegnamento a distanza via Internet
  • – integrazione Università/Aziende
  • – sviluppo strutture di accoglienza degli studenti

Fonte Beppe Grillo Blog | TerritorioScuola InterAzioni.

20:10 – 21/09/09 – Appello per contrastare il Disagio Mentale Professionale (DMP)

Sindrome da Burnout
Sindrome da Burnout

Il dott. Vittorio Lodolo D’Oria scrive:

Gentili docenti e dirigenti, nel porgere l’augurio di un proficuo lavoro per il nuovo A.S., desidero mettervi al corrente dell’iniziativa in corso che spero vorrete promuovere nel Vs.istituto. Sollecitato da numerosi docenti, e al fine di ottenere la debita attenzione sulla questione del Disagio Mentale Professionale, ho deciso di avviare una raccolta firme di docenti e dirigenti per attivare risposte concrete al succitato fenomeno.

Nell’appello allegato, suffragato da evidenti dati scientifici, si chiede al Ministro della Pubblica Istruzione di:

attivare la raccolta di dati epidemiologici sul DMP nei docenti; – avviare sistematicamente formazione e informazione di dirigenti e docenti sulla prevenzione e la gestione del DMP;

valutare attentamente i dati raccolti sul fenomeno DMP prima di innalzare “tout court” a 65 anni l’età pensionabile delle donne-insegnanti; – informare la classe medica sulla reale condizione di usura psicofisica della professione e sensibilizzare l’opinione pubblica per restituirle, almeno in parte, la spettante dignità.

Quanto sopra anche alla luce del nuovo Testo Unico sulla sicurezza dei lavoratori (D. Lgs 81/08) e delle recenti modifiche (D. Lgs. 106/09). Chi volesse aderire al suddetto appello, firmando lo stesso e promuovendo la raccolta firme nel proprio istituto, è pregato di accompagnare la sottoscrizione col numero del documento di identità non scaduto. La raccolta si protrarrà solo fino al 30 settembre.

L’appello (scaricabile del link sottoriportato e corredato dagli spazi per le firme), già sottoscritto da 700 docenti che hanno partecipato ai seminari formativi della settimana scorsa (7-11/), sarà presentato al Ministro in Ottobre. Si richiede infine di spedire le firme raccolte al seguente indirizzo: Dr. Vittorio Lodolo D’Oria c/o Argon Via Stephenson 43A 20157 Milano

Appello 2009 insegnanti (clicca per il download)

Fonte: Appello per contrastare il Disagio Mentale Professionale (DMP) « Burnout.

09:19 – 21/09/09 – Convocazioni docenti disertate: Formigoni vuole l’albo lombardo

Prof di sostegno – Quattromila convocazioni per gli insegnanti di sostegno in Lombardia. Rispondono in un centinaio soltanto.Il segretario Cisl Scuola Bergamo D’Acunzo spiega perché.

Quattromila convocazioni per gli insegnanti di sostegno in Lombardia. Rispondono in un centinaio soltanto. E al governatore Roberto Formigoni questa situazione non piace per nulla, così chiede formalmente al ministro Maria Stella Gelmini il via libera per sperimentare già dal prossimo anno l’albo regionale dei prof che consentirebbe di “scavalcare” le graduatorie romane: una sorta di federalismo della scuola.

Ma cosa è successo solo sabato scorso quando il provveditorato lombardo ha convocato ben quattromila persone per assegnare le cattedre del sostetgno e si sono presentati in cento?

Lo spiega Vincenzo d’Acunzo, segretario bergamasco della Cisl Scuola: “Il fatto è che agli insegnanti del Sud non conviene oggi come oggi accettare questo tipo di cattedre al Nord, visto che possono contare su una quota di stipendio assegnata dallo Stato per la disoccupazione e su un’altra quota assegnata dalla Regione, per un totale che arriva fino al 90 per cento, senza muoversi da casa”.

Quindi i prof non si spostano: questo comporterà problemi alle scuole lombarde e a quelle bergamasche? “Nei prossimi giorni saranno i presidi a nominare i prof di sostegno, scegliendoli dai precari della terza fascia, che hanno le competenze ma non sono abilitati. Quindi per la scuola non ci saranno problemi, per questi insegnanti invece sì perché la politica (e con politica intendo i governi, non solo l’ultimo, anche quelli precedenti) non ha saputo e non sa come muoversi per dare loro l’abilitazione, non ha costruito un percorso per questi insegnanti che in Bergamasca sono almeno duemila”.

Fonte: Bergamo News.

10:54 – 13/09/09 – La Carriera del Gambero…

Storie di ordinaria precarietà
Storie di ordinaria precarietà
Mi chiamo V. La R. , a soli 19 anni sono diventata Maestra tramite Concorso superato a Brescia negli anni settanta.
Ho successivamente conseguito a Catania due idoneità all’insegnamento e, in più, ho seguito tantissimi corsi di perfezionamento e aggiornamento riguardanti la didattica.

Ad un certo punto di questo percorso, anche per motivi familiari, non ho potuto svolgere un servizio continuativo nelle scuola e ho lavorato a Catania solo con supplenze brevi.

Negli anni ottanta si è costituito il cosiddetto “doppio canale” nelle graduatorie, per cui chi avesse svolto solo 300 ore di servizio a scuola acquisiva automaticamente il diritto di entrare di ruolo…

Nel mio caso, avendo svolto solo servizio saltuario, pur essendo “plurititolata” (cioè in possesso di due idoneità come ho detto prima) non ho ottenuto il diritto al ruolo, in quegli anni aperto a tanti…

Dal 2000 in poi e dunque per ben otto anni… ho lavorato ogni anno (da ottobre/novembre fino al termine delle attività didattiche) riuscendo a maturare i 12 punti di servizio.

Per un anno intero ho perfino fatto l’esperienza didattica del sostegno (seppure sprovvista di titolo) con un bambino autistico.

In questi anni ho sempre lavorato con impegno e passione riuscendo ad ottenere dei risultati eccellenti anche nelle situazioni più problematiche e disagiate, pensando ad una “naturale” progressione di carriera… invece ho fatto solo la “carriera del gambero”… Lo scorso anno ho lavorato solo tre mesi… e, quindi, quest’anno non posso fruire nemmeno del sussidio della disoccupazione.

Mia figlia, che sognava di fare l’insegnante e si era iscritta ad una facoltà umanistica, ha ultimamente abbandonato il suo bel sogno avendo visto quanto difficile e controverso sia stato finora il mio percorso professionale, mai riconosciuto né premiato se non dagli apprezzamenti positivi che ho sempre avuto dai Genitori degli alunni, dai Dirigenti scolastici, dagli alunni stessi…

Mi sento davvero colpita nella mia dignità quando si afferma che nella Scuola si vuol fare il reclutamento in base al “merito”… Ma quale merito, dico io? Quale sarà la Scuola “della qualità”? Quella in cui, tra l’altro, non si tiene conto nemmeno della continuità didattica, con questa eccessiva precarietà, fluidità, andirivieni di insegnanti… tutti gli anni!

Ultimamente io e mio marito non lavoriamo, quest’anno io non ho ricevuto un incarico e mio marito ha da poco dovuto chiudere una piccola attività commerciale; non potremo forse nemmeno pagare gli studi a nostra figlia che rischia di demotivarsi ancora di più, spero non cada in depressione…

Adesso mi trovo qui al Provveditorato occupato di Catania cercando di trarre forza anche tramite il confronto con altri Colleghi nella mia stessa situazione. Certo, non ci arrenderemo, d’altronde siamo abituati a “lottare” e ci stiamo unendo tutti insieme per far capire che ci siamo, per difendere il nostro ruolo nella società, la nostra identità e dignità professionale giornalmente vilipese da una politica governativa che non ci riconosce… siamo qui per difendere la “nostra” Scuola pubblica e di qualità, ma nei fatti non nelle parole…!

Fonte: Storie di ordinaria precarietà

www.provveditoratoccupato.tk