16:51 – 08/08/11 – Storia di un'Insegnante di Italiano in Germania…

Sabrina Ceraso è dovuta partire dalla Calabria per mancanza di lavoro ed ha avuto l'opportunità di insegnare italiano in Germania dove ha anche imparato molto sugli emigranti di prima, seconda e terza generazione.

Ecco la sua storia.

Il telefono squillò a lungo, ero in un'altra stanza avevo appena finito di chiacchierare con mia sorella, nella mia testa pensai probabilmente Alessandra si è dimenticata di dirmi qualcosa, invece fu una telefonata di quelle che ti cambiano la vita.

L'emozione mi lasciò senza parole. Con voce chiara si presentò il Dirigente del Consolato di Friburgo, alle dipendenze del Ministero degli Affari Esteri, mi contattava per una cattedra di italiano nella scuola primaria di Konstanz, città a sud della Germania al confine con la Svizzera. Un solo giorno per decidere, un'infinità di dubbi, un'occasione da prendere al volo.

La decisione all'apparenza poteva sembrare una forma di evasione dal sistema scolastico italiano, una scelta scaturita da aspettative deluse per via di manovre politiche per certi versi inaccettabili.

A causa dei bruschi tagli economici, non ero riuscita ad ottenere neanche uno stralcio di supplenza. Nonostante gli anni di servizio ero rimasta senza lavoro, una realtà tipicamente italiana che rende tutti noi, giovani insegnanti, precari nel mondo della scuola, ancora di più oggi senza abilitazione bisogna arrangiarsi!.

Eppure il motivo di questa scelta va al di là del legittimo desiderio di dare una svolta al mio lavoro; per me quest'esperienza ha rappresentato qualcosa di molto più profondo, un'opportunità come poche di mettersi in gioco unendo tutte le energie per sfidare se stessi.

Si trattava di avere la fortuna di poter rappresentare la nostra nazione, di far conoscere la nostra cultura, la nostra lingua, di approfondire le mie conoscenze linguistiche, di arricchirmi ogni giorno di esperienze nuove stando a contatto con persone diverse, dalle quali avrei imparato tanto.

In effetti, ho avuto la possibilità di osservare con i miei occhi posti differenti, scontrarmi con mentalità opposte alla mia, toccare con mano una realtà così lontana dall'Italia e dalla Calabria.

Sono giunta alla consapevolezza dell'immenso valore dell'emigrazione italiana in Germania, apprezzo gli enormi sacrifici di tutti coloro che con tanta amarezza hanno lasciato il loro paese adattandosi alla durezza e alla rigidità teutonica.

Ho capito inoltre, quanto l'Italia sia unica nel mondo nonostante i suoi difetti e l'idea di paese ricco e felice che ne hanno all'estero.

Intraprendere questo viaggio per me è stato come seguire una legge interiore, un qualcosa che ti infonde gioia per quello che fai, che ti rende felice ad ogni sguardo di un papà fiero delle parole d'italiano che il figlio pronuncia. Ti senti artefice di un piccolo miracolo della memoria.

Per non parlare poi, del sorriso di ogni bambino che ti racconta dell'Italia, delle vacanze al mare, delle storie narrate dai nonni, del desiderio di una vera pizza italiana.

Durante le lezioni gli sguardi assorti dei miei alunni erano rivolti con curiosità alle immagini delle nostre più belle città italiane: Roma, Firenze, Venezia, Palermo. Leggevo nei loro occhi il desiderio di conoscerne la storia, esprimevano chiaramente la voglia di entrare in contatto con l'arte, la musica, la letteratura italiana.

Conservo molti ricordi che rivedo davanti i miei occhi, sul fermo immagine riesco a scorgere profondi momenti di solitudine, la lontananza dagli affetti e dal proprio paese. Un enorme vuoto interiore che condividi e colmi attraverso le persone che incontri, attraverso le loro esperienze che diventano le tue.

Il giorno della partenza lo ricordo ancora, mi trovavo a Roma in aeroporto, quando incontrai il primo angelo che mi aiutò in questa mia avventura.

Il signor Lettera, ricordo il suo nome anche se non l'ho più rivisto. Mi fece compagnia per tutto il viaggio, mi raccontò della prima volta in cui da ragazzo per lavoro aveva scelto di lasciare il suo paesino in Abruzzo per raggiungere la Svizzera. Una storia di emigrazione come tante, ma che in periodo di crisi era divenuta ancora più triste.

Il signor Lettera padre di famiglia, con grande dignità mi confessò, di essere stato mandato in mobilità dall'azienda per la quale aveva lavorato per più di venti anni. Approfittando della scomoda situazione aveva deciso di scendere per qualche giorno in Italia per far visita ai suoi genitori.

Molto gentilmente si offrì di accompagnarmi alla stazione tedesca di Basilea, perché in territorio Svizzero sono presenti due linee ferroviarie rispettivamente quella tedesca la Badischer Bahnhof e quella svizzera Bahnhof SBB.

Io avrei dovuto prendere il treno nella stazione tedesca, in questo modo sarei arrivata direttamente nella città di Konstanz. Venne a prenderci la moglie, una distinta signora svizzera, mi guardò all'inizio con diffidenza, poi chiacchierando si dimostrò gentile e disponibile. Aspettarono con me fino all'arrivo del treno, ci scambiammo i numeri di telefono, promisi di avvisarli del mio arrivo a Konstanz. Dopo quella telefonata non ho più avuto loro notizie.

Sul treno si sedette accanto a me un ragazzo che dall'aspetto sembrava italiano, mi disse di parlare solo spagnolo, io purtroppo conosco soltanto poche parole, così cercai di fargli capire quella che era la mia richiesta e lui promise di aiutarmi dicendomi, che alla stazione di Konstanz sarebbe venuta a prenderlo la sua fidanzata e lei mi avrebbe indicato la fermata dell'autobus per raggiungere l'ostello in cui avrei alloggiato fino a quando non avrei trovato una stanza per la mia permanenza.

Riuscii a prendere l'autobus, quando scesi alla fermata pioveva a dirotto. Un signore mi mostrò l'ostello sulla riva del lago. Era un vecchio faro tutto illuminato con all'interno una gran confusione: scolaresche, giovani provenienti da svariate regioni della Germania, studenti universitari, uomini d'affari, donne anziane che avevano deciso di girare il lago in bicicletta.

Ero divertita da quell' atmosfera, ero l'unica italiana, dividevo la stanza con altre tre ragazze tedesche, osservavo i loro modi strani di mangiare, i loro sguardi inespressivi, facevo finta di leggere un libro, ma in realtà ero curiosa di ascoltare i loro discorsi.

La mattina seguente mi recai in centro città, in un negozio di telefonia. Con una Sim card tedesca telefonai al Consolato per informare del mio arrivo.

Parlai con il Dirigente, che con tono deciso mi disse: Bene Frau Ceraso, oggi alle due si terrà il primo collegio docenti, chiami la sua collega e si organizzi per venire a Friburgo. Mi dettò il numero della Sign.ra RosaMarina un nome un po' buffo dalle nostre parti, fortunatamente riuscii a contattarla.

Con un marcato accento veneto, mi diede un appuntamento e intorno alle undici partimmo in macchina, in compagnia di un'altra collega di nome Eva.

Attraversammo tutta la foresta nera, per interi chilometri vidi solo alberi, un paesaggio surreale. Iniziai ad immaginare i boschi di Hänsel e Gretel che avevo fantasticato da bambina, quei luoghi così verdi, ma allo stesso tempo così solitari, mi avevano trasmesso un senso di malinconia. Per fortuna arrivammo abbastanza puntuali in città, il tempo di un caffé e raggiungemmo la sede del Consolato.

Fu un'emozione indescrivibile, il momento in cui per la prima volta varcai la soglia di quell'enorme portone blindato, in alto si leggeva la scritta Consolato d'Italia, ricordo un'accoglienza squisita da farmi sentire come a casa (intendo in Italia ovviamente), i colleghi erano un po' sorpresi di vedere una ragazza forse dall'aspetto troppo giovane per il carico di lavoro che si prospettava. Mi raccomandarono di tenere duro, mi garantirono il loro sostegno in caso di necessità.

Alla fine del collegio, il Dirigente mi strinse la mano augurandomi un grande in bocca al lupo. Avevo firmato un contratto per il MAE, confessai a me stessa e al Dirigente a bassa voce, che in quell'istante si era appena realizzato un sogno.

Il giorno seguente impegnai tutto il mio tempo alla ricerca di un alloggio temporaneo. Non potendo restare all'ostello mi recai all'università. Strappai dalla bacheca alcuni bigliettini con i numeri di telefono di studenti che offrivano un alloggio, ne contattai qualcuno, ma per ottenere un appuntamento bisognava aspettare un'intera settimana.
A quel punto andai in centro per comprare il giornale e dare uno sguardo agli annunci. Non trovai niente di interessante, il tempo stringeva e l'indomani avrei dovuto lasciare l'ostello.

Le prime ombre del buio si addensavano sulla città, dai finestrini dell'autobus il mio sguardo fu attratto per un istante da un enorme insegna rossa, Pizzeria romana.

L'autobus si fermò un po' più avanti della pizzeria, scesi e percorsi la strada tornando indietro.

Mi fermai davanti la porta del ristorante, feci un gran respiro e con una buona dose di coraggio entrai. Silenzio, la pizzeria era vuota, mi salutò una cameriera alla quale chiesi se era possibile poter parlare con il proprietario.
Molto gentilmente andò a chiamarlo, uscì un ragazzo dalla porta della cucina, mi presentai con voce tremante e lui rispose: Fontana!.

Gli domandai se parlava italiano, rispose: No! mi dispiace, ma capisco italiano, mia moglie è italiana.

Scoprii in seguito che la moglie aveva origini Calabresi, sua mamma era nata a Catanzaro, una città che paradossalmente oggi vive l'esperienza speculare dell'immigrazione.

Nel frattempo cercavo di osservarlo per capire se potevo fidarmi e a quel punto chiesi: Ha per caso una stanza per me?
Sto cercando un alloggio
.
Lui mi guardò dalla testa ai piedi mi fece alcune domande e poi disse: Si! è al piano di sopra, se vuole gliela faccio vedere.

Salimmo dal retro del locale era un piccolo appartamento che avrei dovuto dividere con due ragazzi Kurdi. Decisi di accettare, la stanza era vuota ma pulita, a volte quando rivedo quell'immagine nella mia mente, non posso che pensare a quanto sia stato faticoso, soprattutto per i primi emigranti arrangiarsi in alloggi di fortuna è così difficile cominciare, ma Cesare Pavese ci insegna che è bello vivere perché vivere è cominciare, sempre in ogni istante.

In realtà, forse è da quello spazio vuoto che decisi di riempire, che ha avuto inizio la mia esperienza in Germania.
Serwar, il ragazzo Kurdo che si era affacciato dalla sua stanza, incuriosito della presenza di una giovane italiana, si offrì di cedermi il suo materasso, lui avrebbe dormito sul tappeto, mi spiegò che in Kurdistan rientra nella loro cultura. Quel gesto non lo dimenticherò mai, un giovane ragazzo della mia età appena conosciuto, proveniente dal lontano Oriente, un paese sicuramente non fortunato come il mio nella difficoltà mi aveva offerto tutto quello che poteva offrirmi in quel momento.

Ringraziai della disponibilità, risposi di non preoccuparsi, perchè sarei ritornata non appena il Signor Fontana avrebbe trovato un letto anche per me. Tornai in ostello per l'ultima notte e il mattino seguente traslocai in quella che fu la mia casa in Germania, mi piace definirla con questa espressione, perché mi sono sentita veramente accolta fin dal primo giorno.

Mi mancano tanto i miei amici Jusef e Serwar, mi aspettavano impazienti la sera dalla finestra, la cena pronta sul tavolo, il posto apparecchiato anche per me, contenti di farmi assaggiare i loro tipici piatti Kurdi, provavo grande tenerezza nei loro confronti, quella tristezza che spesso leggevo nei loro occhi, mi lasciava senza parole era come se la povertà del loro paese di origine continuasse a vivere dentro di loro.

Dentro di me, seppur consapevole che avrei potuto trovare una casa più comoda, non ho mai avuto il coraggio di abbandonare quella che è stata la mia seconda famiglia, era bello sentire il calore del focolare domestico in quella fredda atmosfera tedesca.

Quando i miei due amici invitavano anche i loro amici di altre nazionalità, mi sentivo avvolta in un universo senza confini, un magico incontro di culture, persone e mondi, così distanti ma così vicini.

Non dimenticherò mai il giorno della mia partenza, sentivo Serwer scappare continuamente in bagno. La sera prima era uscito con due suoi amici tedeschi e avevano bevuto, quando mi recai in cucina per salutalo era seduto su una sedia con la testa poggiata sul tavolo, lo guardai e gli dissi che lui non poteva imitare i ragazzi tedeschi, perché lui apparteneva ad un altro mondo.

Serwer mi abbracciò forte e guardandomi con occhi gonfi di lacrime, rispose queste parole: Beata te, tu sei Italiana, tu puoi tornare in Italia, io non potrò mai tornare al mio paese.

Alcune frasi le capisci solo con il tempo, quando ripensando ai tuoi vissuti, comprendi che la nostalgia, che si vive durante lunghi periodi di permanenza lontano dalla tua terra, non è solo dell'emigrante che ha costruito una rete di relazioni e di identità nel nuovo mondo, la nostalgia riguarda luoghi mai visti e radici negate.

L'esperienza d'insegnamento nella scuola tedesca non è stata facile, il sistema scolastico in Germania è molto selettivo per non definirlo classista, questo aspetto, infatti, rende estremamente difficile la promozione sociale di chi parte da condizioni culturali svantaggiate, e in molti casi a scuola i figli delle famiglie italiane hanno molte difficoltà.
Spesso, perché non parlano o non capiscono il tedesco, o perché parlano un tedesco dialettale e sgrammaticato, così finiscono per essere confinati nelle scuole che non danno accesso all'università.

Dalla mia esperienza ho percepito la sensazione di precarietà degli alunni italiani dovuta ad un'integrazione forse non avvenuta completamente pur essendo molti degli alunni cittadini tedeschi a pieno titolo. In diverse classi, ho avuto la sensazione che per alcuni, l'insegnamento della lingua italiana è percepito in maniera sbagliata, come se rappresenti solo un obbligo imposto dai genitori.

Mi è capitato di assistere a dialoghi in classe tra fratello e sorella che si esprimevano in tedesco, come se, oltre alla mancanza d'interesse esistesse un muro, un rifiuto che forse nasce da un bisogno di farsi accettare dagli altri ragazzi tedeschi.

Per questi ragazzi, figli di italiani, sentirsi integrati a tutti gli effetti all'interno della scuola tedesca spesso, vuol dire annullare la propria identità, vuol dire recidere i legami con le loro origini.

Un problema serio, che ho cercato di risolvere coinvolgendo i genitori, affinché con il loro aiuto in qualche modo, riuscissi ad aprire un dialogo tra padri e figli, alla luce di un rapporto più adulto ed evoluto.

Ho cercato di insegnare ai bambini, di smettere di pensare in categorie rigide ed impermeabili, di non curarsi dei pregiudizi, ma di sentirsi persone come gli altri, alle quali anzi è stato affidato un compito importante conservare il patrimonio culturale e linguistico del loro paese di origine.

Con questa visione ho spiegato come la lingua madre meglio consente di apprendere la lingua straniera, perchè costituisce la pietra miliare della propria identità etnica, e soprattutto oggi nello scenario attuale nell'ambito dell'Unione Europea, sarà per loro utile in futuro.

Ognuno di noi è una somma di identità, non ci esauriamo in una sola appartenenza: siamo spugne, pronte ad acquisire radici nuove che si intrecciano alle radici vecchie.

Tutti, consapevoli o meno, ci costruiamo nell'arco della vita un'identità. Essa, trae origine dal luogo o dai luoghi in cui si è vissuti, dalla fanciullezza, dalla famiglia, dall'educazione, dai maestri, dai compagni, dagli amici, dalle consuetudini, dalla lingua che si parla, dall'ambiente della scuola, del lavoro e dello svago, dai rapporti sociali, dal grado di integrazione con gli altri.

L'identità, si costruisce giorno per giorno e crea in ciascuno una mappa di persone e di luoghi, di rapporti con l'ambiente esterno, che indirizzano la propria vita e ne condizionano i comportamenti. L'identità è un'ancora, una boa, un riferimento indispensabile per non sentirsi perduti, estranei, alieni. La crisi identitaria, vissuta dagli emigranti in terra straniera è percettibile nella lenta, inesorabile deprivazione verbale che si instaura in chi è sempre sul confine tra lingua madre, lingua nazionale e lingua della comunicazione socializzata.

Gli italiani residenti all'Estero devono sentirsi più ricchi culturalmente, in quanto portatori di un patrimonio di conoscenze originario, e ripensando alla propria identità anche attraverso la memoria, dovrebbero riuscire a ricomporre pian piano i pezzi della propria famiglia, che si ricollegherà naturalmente al paese e all'intera comunità d'origine.

In questo modo, in ciascun emigrante, avrà origine una sorta di antropologia soggettiva, che non è consapevolezza dello sradicamento, ma è capacità critica dell'importanza della memoria delle origini, della centralità della cultura e del riscatto come bisogno concreto della comunità migrante.

Ho insegnato la lingua e la cultura italiana fin dal primo giorno con l'entusiasmo di chi crede nel profondo valore dello scambio culturale, nelle mie intenzioni c'è sempre stata la voglia di tornare in Italia con un bagaglio più ricco di conoscenze, così ho cercato di mettere ogni giorno, tutto l'impegno e l'amore che ho per il mio lavoro.

In alcuni momenti, non è stato semplice, potrei definirla veramente un'importante palestra di vita, e se l'imprevedibilità e il peso della precarietà che viviamo nell'attuale mondo della scuola, mi ha portato via dall'Italia, offrendomi questa opportunità, mi reputo fortunata per essermi sentita a volte, come un punto di riferimento per una ristretta comunità d'italiani che vive in un piccolo angolo di mondo.

Oggi ancora più di prima, ho imparato che bisogna stare al passo con i tempi, a tal punto che nell'era dell'insegnamento nel mondo globale, alla professione dell'insegnante sono richieste: maggiori competenze in tutti i campi del sapere è necessaria una forte dedizione allo scambio e al confronto oltre ad una grande capacità di riuscire con determinazione a vincere le nuove sfide.

Fonte: ItaliansInFuga (Intervista di Aldo Mencaraglia).

12:44 – 11/07/11 – Classifica delle Nazioni con i Migliori Studenti.

L'organizzazione per la cooperazione e sviluppo economico (OECD) ha creato la classifica riguardante prestazione degli studenti nelle varie nazioni appartenenti alla stessa.

Questa classifica evidenzia il livello raggiunto da studenti di 15 anni nelle aree di lettura, matematica e materie scientifiche.

L'importanza della classifica sta nel fatto che dimostra la qualità o meno del sistema scolastico e fornisce un'idea sul livello di concorrenza per posti di lavoro quando andate all'estero.

Essendo il mercato del lavoro sempre più globalizzato, il vostro concorrente sarà qualcuno che arriva dalla Finlandia oppure dalla Corea. Se costoro sono cresciuti in un sistema scolastico dove si raggiungono più alti livelli di prestazione, vi ritroverete svantaggiati rispetto a loro.

L'analisi della capacità di lettura degli studenti comprende tutte le diverse modalità e situazioni nelle quali gli studenti leggono e cerca di carpire l'abilità dello studente nel trovare nel testo particolari pezzi di informazione pratica.

È stato dimostrato che questo tipo di abilità di lettura fornisce una migliore previsione di benessere economico e sociale rispetto al numero di anni passati a scuola.

La Corea e la Finlandia sono le nazioni dell'OECD con la migliore prestazione ma sono entrambe superate da Shanghai-Cina, una zona economica non parte dell'OECD.

Altre nazioni che ottengono ottimi risultati per quello che riguarda la lettura includono Hong-Kong, Singapore, il Canada, la Nuova Zelanda, il Giappone e l'Australia.

La nazione appartenente all'OECD con il punteggio minore, il Messico, ottiene un punteggio di 425. Questo significa che la differenza tra la migliore e la peggiore nazione all'interno dell'OECD è di 114 punti, l'equivalente di due anni di scuola in più.

Per quello che riguarda le nazioni non appartenenti all'OECD la differenza è ancora maggiore: gli studenti del Kyrgyzstan forniscono prestazioni equivalenti a sei anni in meno di scuola rispetto ai loro colleghi di Shangai-Cina.

L'Italia di per sé viene posizionata giusto al di sotto della media OECD in tutti i fattori presi in considerazione.

I risultati nel campo della lettura vengono replicati grosso modo anche nei campi della matematica e delle materie scientifiche. Il raggiungimento di ottimi risultati in questo sondaggio sono un'ottima indicazione della capacità della nazione per quello che riguarda le aree di crescita economica e sviluppo sociale.

C'è da notare che in ogni nazione le studentesse ottengono sempre risultati migliori nella lettura degli studenti.

Viene anche fatto notare che i migliori sistemi scolastici riescono a fornire un'istruzione di alta qualità a tutti gli studenti. Esiste quindi una relativa minore variabilità tra gli studenti migliori e quelli peggiori.

Un aspetto interessante della prestazione degli studenti riguarda quelli che sono nati in una nazione diversa o sono figli di immigrati. Essi ottengono in media 52 punti in meno rispetto agli studenti che non hanno un background da immigrato.

Ecco la classifica:

1. Shanghai-Cina
2. Corea
3. Finlandia
4. Hong Kong – Cina
5. Singapore
6. Canada
7. Nuova Zelanda
8. Giappone
9. Australia
10. Olanda
11. Belgio
12. Norvegia
13. Estonia
14. Svizzera
15. Polonia
16. Islanda
17. Stati Uniti
18. Liechtenstein
19. Svezia
20. Germania
21. Irlanda
22. Francia
23. Taiwan
23. Taiwan
24. Danimarca
25. Regno Unito
26. Ungheria
27. Portogallo
28. Macao-Cina
29. Italia
30. Latvia
31. Slovenia
32. Grecia
33. Spagna
34. Repubblica ceca
35. Repubblica slovacca
36. Croazia
37. Israele
38. Lussemburgo
39. Austria
40. Lituania
41. Turchia
42. Dubai
43. Russia
44. Cile
45. Serbia
46. Bulgaria
47. Uruguay
48. Messico
49. Romania
50. Thailandia
51. Trinidad e Tobago
52. Colombia
53. Brasile
54. Montenegro
55. Giordania
56. Tunisia
57. Indonesia
58. Argentina
59. Kazakhstan
60. Albania
61. Qatar
62. Panama
63. Perù
64. Azerbaijan
65. Kyrgyzstan

Fonte: ItaliansInFuga

18:16 – 10/03/11 – Autonomia Scolastica: l'Italia non è in ritardo..

La sfida dell'Europa richiama gli stessi interrogativi italiani: come migliorare la qualità dell'istruzione?

Non è vero quel che fino ad oggi è stato detto: l'Italia non è in ritardo rispetto agli altri paesi europei nella realizzazione dell'autonomia scolastica, lo strumento che consente alle scuole autonomia gestionale e amministrativa, fonte normativa che rappresenta il cuore 'gestionale' delle scuole attraverso il quale gli istituti amministrano le proprie risorse, gestiscono piccole e grandi emergenze, dispongono la propria offerta formativa, programmano le attività didattiche.

Se infatti i primi ad introdurre riforme che hanno demandato competenze alle scuole sono stati Belgio e Olanda alla fine degli anni '50, (1959), se negli anni '80 è prima la volta della Spagna (1985) e poi della Francia (1986), l'arrivo negli anni '90 di una generalizzazione in quasi tutta Europa delle politiche di autonomia scolastica, vede l'Italia (1999) perfettamente al passo con gli altri paesi è uno dei dati contenuti nella ricerca presentata oggi nel corso del convegno nazionale organizzato dalla Uil Scuola a Roma in occasione dei 150 anni dell'Unità d'Italia.

In allegato la sintesi e il testo integrale della ricerca sul'autonomia scolastica nei paesi dell'Unione europea
presentata oggi a Roma nel corso dell'iniziativa nazionale promossa dalla Uil Scuola: 'La scuola unisce l'Italia'.

Scarica i documenti in versione integrale.

17:09 – 10/03/11 – Storia d'Italia raccontata attraverso la Legislazione Scolastica.

La scuola unisce l'Italia.

Dall'Italia 'espressione geografica' all'Italia unita.
Il racconto della scuola come parte della storia del nostro Paese.

Parte da un'Italia frammentaria, quella che il Metternich definiva 'espressione geografica', per giungere al sistema scolastico italiano delineato dalle leggi dell'Italia Unita, la ricerca storica condotta da Franco Sansotta, della segreteria nazionale della Uil Scuola, presentata nel corso dell'iniziativa nazionale in corso oggi a Roma.

Uno studio che mette a confronto i diversi provvedimenti – da quelli riformisti ante-litteram degli enciclopedisti francesi come il marchese di Condorcet (che alla fine del '700 delineava già le caratteristiche di una scuola pubblica, laica, popolare, gratuita) fino alle leggi introdotte nei diversi territori in cui si articolava quella che il Metternich definiva come una 'espressione geografica'.

L'Italia letta attraverso la sua legislazione scolastica: da quella del Lombardo-Veneto, governato dall'Austria fino a quello delle due Sicilie sotto la dominazione dei Borboni.

Una scuola moderna, laica, gestita dallo Stato, obbligatoria e gratuita, con l'obiettivo primario di formare i cittadini: sono i temi presentati nei cahier de doleance presentati agli stati generali della Francia del luglio del 1789.

Alla rivoluzione francese, agli enciclopedisti, l'Europa deve un debito di gratitudine intellettuale: loro (tra gli altri la ricerca cita il marchese di Condorcet) il progetto avanzatissimo di libertà di cultura, di insegnamento, di educazione permanente, di laicità della scuola, di parità tra i sessi….

In allegato la sintesi e il testo integrale dello studio dedicato alla scuola italiana dal Congresso di Vienna alla proclamazione del Regno d'Italia presentata oggi a Roma nel corso dell'iniziativa nazionale promossa dalla Uil Scuola: “La scuola unisce l'Italia“.

Scarica i documenti in versione integrale.

20:32 – 14/02/11 – Energy Catalyzer Rossi-Focardi: Facciamo un po' di Chiarezza.

Tutti gli articoli sulla Fusione Fredda.

13 Febbraio 2011 – Intervista di Daniele Passerini (Blog 22Passi).

22PASSI – Complimenti Ing. Rossi, la notizia dell'invenzione dell'E-Cat ha avuto ampio risalto in Grecia dove è stata localizzata la Newco che si occuperà della sua produzione e commercializzazione, la Defkalion Green Technologies di Atene. Immagino che in tutto ciò abbia giocato a favore avere come sponsor il Prof. Christos E. Stremmenos, che è stato oppositore del regime dei colonnelli, ex Ambasciatore della Grecia a Roma, Professore di Fisica presso l'Università di Atene, praticamente un eroe nazionale greco. In Italia al contrario i mass media hanno pressoché ignorato la notizia e se ne discute soltanto nel web, spesso aspramente. Le domande che le faccio sono ispirate appunto a interrogativi, dubbi e critiche che ho raccolto su internet. Per esempio, un punto molto dibattuto è quanto l'E-Cat possa essere considerato sicuro.

ROSSII moduli da 10 kW che produciamo sono sicuri e non danno problemi: è da anni che li stiamo testando e usando, sono state fatte tutte le misure possibili delle radiazioni emesse dal reattore e tutte ne hanno sempre comprovato la massima sicurezza. Lo dominiamo come vogliamo, lo accendiamo e lo spegniamo, lo facciamo salire e scendere di potenza, non può mai superare una certa potenza perché l'abbiamo strutturata in modo tale che comunque non possa esserci una superficie di reazione Idrogeno-Nickel superiore ai limiti di sicurezza e soprattutto non esistono radiazioni fuori dal reattore che modifichino in maniera rilevante la radiazione di fondo. è vero invece che, allo stato attuale delle conoscenze, non sappiamo cosa succederebbe se partendo dallo stesso progetto di un reattore da 10 kW ne costruissimo uno da 1000 kW facendo il cosiddetto scale-up, cioè ingrandendolo. Infatti ci guardiamo bene dal farlo. Per ottenere potenze maggiori combiniamo in serie e in parallelo, come fossero batterie, i reattori da 10 kW: collegandoli in parallelo si aumenta la quantità di energia prodotta a temperatura costante, mettendoli in serie si moltiplica la quantità di energia prodotta a temperatura crescente, perché si moltiplicano i ΔT. Combinando le due architetture, serie e parallelo, si può ottenere quel che si vuole restando rigorosamente negli stessi parametri di sicurezza.

22PASSI – Parliamo sempre di potenza termica, giusto?

ROSSI – Sì, la conversione in altre energie avrà le perdite di efficienza di qualsiasi altro sistema: nel ciclo di Carnot l'efficienza normalmente è tra il 30 e il 35% a seconda dell'efficienza del sistema, questo significa che se noi convertiamo 1 MW termico in potenza elettrica possiamo ottenere 300-350 kW elettrici ed energia termica il resto.

22PASSI – Quindi si potrebbe produrre entrambe le cose contemporaneamente: calore ed elettricità.

ROSSI – Con il ciclo di Carnot si fa così, certo, nulla si crea e nulla si distrugge: alla fine il bilancio energetico deve risultare 100. Di conseguenza se trasformo di 100 kW in 35 kW elettrici gli altri 65 restano termici, questo in teoria, poi chiaramente qualche punto percentuale si perde in dispersioni. Ricapitolando, se serve potenza termica l'E-Cat fornisce direttamente quella, basta solo uno scambiatore di calore e il gioco è fatto. Se invece serve elettricità solo una parte dell'energia termica può essere trasformata in elettricità, restando comunque utilizzabile anche il termico che avanza.

22PASSI – Quindi un piccolo paese di 50-100 famiglie con una unità da 1 MW potrebbe essere reso energeticamente indipendente sia dal punto di vista del riscaldamento che dell'energia elettrica.

ROSSI – Ah sì, questo senz'altro.

22PASSI -Se ho capito bene, una volta fornita al reattore la potenza necessaria all'accensione (a Bologna si è parlato di 1-2 kW), nel momento in cui la macchina è a regime potrebbe funzionare in modo autonomo, senza una presa di corrente o una batteria, visto che la potenza assorbita (dell'ordine di 0,4 kW/h) è ampiamente dentro i circa 3,5 kW elettrici ottenibili.

ROSSI – Certamente. Rimane poi però il problema del drive [sistema di controllo] che comunque è un attimino più complesso: ogni reattore è implementato di un drive elettrico per motivi di sicurezza quindi deve essere attaccato a una linea di corrente. Proprio in virtù di questi controlli possiamo garantire che non ci sono problemi intrinseci di sicurezza nei nostri E-Cat da 10 kW, così come nelle nostre unità da 1 MW, costituite da 100 reattori da 10 kW ciascuno dei quali ha il suo sistema di controllo. Da 10 kW a 1 MW non facciamo altro che conservare il grado di sicurezza acquisito.

22PASSI – Resta il fatto che ancora non esiste una spiegazione scientifica di cosa avvenga dentro la macchina. Se non sapete questo come fate ad essere sicuri di poter controllare il reattore in ogni condizione, anche quelle più imprevedibili?

ROSSI – Bene, prima di tutto un'idea abbastanza precisa dei motivi teorici per cui la macchina funziona ce l'abbiamo. Rimangono da precisare molte cose e ci stiamo lavorando, con la collaborazione dell'Università di Bologna. Ma vede, anche nella normalissima combustione della legna che cosa succeda esattamente in realtà non lo sa nessuno. Cioè tutte le varie e successive reazioni che avvengono tra la formulazione chimica di partenza e la formulazione chimica finale dei prodotti di combustione non si conosce con esattezza. Ciononostante si progettano camere di combustione in condizioni di sicurezza, perché sapendo qual è la situazione iniziale e quale è la situazione finale si prendono tutte le misure di sicurezza conseguenti. Quindi, per esempio, noi mettiamo degli schermaggi sovradimensionati rispetto a quelli che sarebbero sufficienti, e otteniamo un surplus di sicurezza come si usa in qualunque altro impianto.

22PASSI – Con questo intende dire che i raggi gamma che il Prof. Villa ha riportato non avere riscontrato durante l'esperimento del 14 gennaio erano semplicemente ben schermati e non uscivano dalla macchina?

ROSSI – Con l'Università di Bologna procederemo per l'appunto a un lavoro approfondito sui gamma. I gamma ci sono, per forza, perché se non ci fossero non avremmo energia. è un problema non solo di schermaggio ma anche di posizionamento dei contatori. Ci sono grossissime prudenze in questo momento da parte mia su questo punto, almeno finché il brevetto non sarà approvato. Noi al nostro interno le misurazioni dei gamma le abbiamo fatte, ma cerchiamo di evitare che altri le facciano, perché misurando i gamma si ottiene – come dire – l'impronta digitale di tutto quello che c'è dentro il reattore.

22PASSI – Quello che lei ha detto a Celani durante la conferenza stampa del 14 gennaio…

ROSSI – Eh sì, il motivo per cui a un certo punto ho chiesto gentilmente al Prof. Celani di spegnere il suo contatore è proprio che so quanto sia in gamba… finché ho visto che stava controllando se dentro ci fosse qualche trucco l'ho lasciato fare, perché in poche parole il suo scopo, con quella macchinetta che si era portato, era controllare se noi non avessimo nascosto dentro al reattore qualche sostanza radioattiva e fosse quella la vera fonte di calore. In questo caso l'emissione dei gamma sarebbe stata costante e precisa, mentre nel caso di gamma che nascono lì al momento per via di reazioni nucleari si verifica un'emissione discontinua, scoppiettante, quella che Celani ha riscontrato.

22PASSI – Ma perdoni se insisto – questo mi pare un punto abbastanza controverso – come si concilia l'affermazione che voi avete un'idea abbastanza precisa di quello che avviene dentro la macchina col fatto che al momento il primo modello teorico formulato Focardi è stato negato proprio dall'assenza di gamma (mi riferisco al report del Prof. Villa).

ROSSI – In poche parole per una misurazione dei gamma veramente ben fatta noi dovremmo creare un varco a 360° nel reattore per consentire al contatore di leggere bene tutto quello che succede lì dentro. Cosa che però implica dare la tecnologia completamente in mano a una persona preparata in grado di interpretare i dati. Per strutturare i sistemi di sicurezza anti-spionaggio di una tecnologia di questo genere non basta circondarsi di collaboratori onesti e onestissimi… io stesso andrei in crisi se qualcuno mi venisse a dire “ti diamo una cifra che ti cambierebbe la vita dall'oggi al domani a te e alle tue prossime cinque generazioni, in cambio devi solo dirci…”. Un'offerta di questo genere metterebbe seriamente alla prova anche l'onestà di un Santo.

22PASSI – Mi permetta di chiederle allora come reagirebbe lei se le facessero la stessa offerta per non produrre mai l'E-Cat.

ROSSI – Oh, uno deve trovarsi dentro certe situazioni per sapere veramente come si comporterebbe… però posso dirle che questo progetto è la mia vita e per me non ha prezzo.

22PASSI – Torniamo ai motivi della sua prudenza, stiamo parlando degli altri elementi segreti oltre al Nichel e l'Idrogeno che partecipano alla reazione? è questo che verrebbe fuori da un'analisi approfondita dello spettro dei gamma, giusto?

ROSSI – Chiaro, proprio questo… la composizione della polvere che si trova dentro la macchina è l'essenza della reazione, perché usando solo Idrogeno e Nickel non viene fuori niente. Quindi che compromesso abbiamo trovato? Ho fatto mettere al Prof. Villa i contatori in una posizione e secondo un'angolazione che secondo me poteva essere tutelante, far vedere qualcosa ma non troppo, però mi sono tutelato talmente che alla fine i contatori non hanno preso niente, questo è il problema

22PASSI – Può dirci a che punto dell'iter siete in questa procedura di brevetto? Siete in dirittura di arrivo sì o no?

ROSSI – Ritengo di sì, anche se naturalmente la certezza l'avrò solo quando i nostri avvocati (lo Studio Cicogna di Milano) ci comunicheranno il lieto fine. Ho sentito l'Avv. Cicogna una settimana, fa per avere chiarimenti, dopo che il chimico nucleare Camillo Franchini aveva diffuso la notizia che il nostro brevetto era stato respinto in malo modo. L'avvocato mi ha risposto che avrebbe dovuto essere stato avvertito per primo se questo fosse realmente successo, ha comunque controllato e dopo mezz'ora mi ha telefonato rassicurandomi che quei rumors erano solo fesserie! Evidentemente Camillo Franchini si riferiva alle contestazioni relative alla prima fase di dibattimento in sede di Ufficio Brevetti.

22PASSI – Quando uno produce una macchina come questa e deve metterla sul mercato, al di là del discorso del brevetto, di quali autorizzazioni c'è bisogno? Potrebbero sorgere problemi per il fatto che manchi ancora il modello teorico?

ROSSI – Dunque, il nostro cliente greco ha già ottenuto le autorizzazioni per la macchina che verrà prodotta. Ai fini della sicurezza noi dobbiamo dare la prova scientifica del fatto che l'impianto non dia luogo ad emissioni di radiazioni e lavori in condizioni controllate di pressione in modo da mantenersi entro determinate energie. Nel momento in cui dimostriamo che riusciamo a controllare perfettamente le pressioni e le temperature del processo, non abbiamo più problemi. Perché torniamo all'esempio della combustione, come dicevamo prima: nessuno sa esattamente cosa avvenga. Ma non solo, le dirò di più, come funzionino gli atomi in realtà nessuno lo sa, se lei prende uno dei più aggiornati testi sui modelli atomici, il Marhoon, non c'è un capitolo dove non si legga “potrebbe essere così, ma potrebbe anche non essere così”. Se la mancanza di un modello teorico fosse un motivo per non autorizzare l'E-Cat allora a questo punto non dovrebbero essere autorizzate nemmeno tante macchine usate in medicina nucleare. Pensi ad esempio a una PET (Positron Emission Tomography), teoricamente è una macchina pericolosissima. Come funzionino esattamente le reazioni nucleari che danno luogo al funzionamento di queste macchine non si sa per il semplicissimo fatto che nessuno sa come funzioni il nucleo di un atomo. Hanno realizzato al CERN quell'immenso anello proprio per cercare di cominciare a capire veramente come sono fatti gli atomi, perché non lo sanno. Ma la PET si usa lo stesso, perché a prescindere dall'aspetto teorico – tutt'altro che chiarito – in pratica si conosce la radiazione che esce durante una tomografia e la sua pericolosità è sotto controllo. La stessa cosa facciamo noi: la radiazione che esce dai nostri reattori è perfettamente controllata, abbiamo fatto migliaia di misure, le abbiamo fatte con gli stessi esperti che fanno i controlli sulle macchine di medicina nucleare.

22PASSI – Immagino che il giorno in cui i fisici e i chimici nucleari troveranno un modello scientifico per spiegare quello che avviene dentro la macchina a quel punto potrà essere implementata e sviluppata. Siamo appena all'inizio di una nuova tecnologia, come i primi motori a scoppio di oltre un secolo fa confrontati con quelli di oggi.

ROSSI – Assolutamente sì. L'esempio è giusto: nel 1905 ipotizzare di fare un motore a scoppio che tirasse fuori potenze di centinaia di cavalli sarebbe stata pura utopia, avrebbero detto “tu sei matto, questa roba qua è una bomba”. Diciamo che noi oggi abbiamo dimensionato la macchina per essere sicura in proporzione alle conoscenze che abbiamo. Un secolo fa la chimica della combustione del petrolio all'interno dei cilindri era in buona parte ignota, però i motori giravano ed erano sicuri, perché a quelle potenze di pochi cavalli vapore non c'erano problemi.

22PASSI – Cambiamo discorso, che alla fine abbiate scelto di costruirlo all'estero invece che in Italia non mi stupisce…

ROSSINo, in Italia non intendo più fare niente, a parte la ricerca. Lei oggi mi trova in Italia perché sto lavorando con l'Università di Bologna altrimenti sarei negli Stati Uniti.

22PASSI – Proprio questo volevo chiederle. Perché proprio in Grecia e non negli Stati Uniti dove si trovano le sue attività principali?

ROSSI – Negli Stati Uniti noi abbiamo una fabbrica di reattori. In Grecia c'è questa Newco che è partecipata da grosse compagne europee che lavorano nel settore dell'energia, si sono proposte e abbiamo fatto un contratto…

22PASSI – Un momento, questo mi era sfuggito. Mi sta dicendo che ci sarà una fabbrica in Grecia e un'altra anche negli Stati Uniti?

ROSSI – Sì le è sfuggito, negli Stati Uniti una fabbrica c'è già. I reattori che sono stati prodotti adesso e anche la prima unità da 1 MW li stiamo costruendo nello stabilimento che abbiamo negli Stati Uniti.

22PASSI – Quindi l'unità da 1 MW che sarà presentata ad ottobre verrà costruita negli USA e portata in Grecia.

ROSSI – Esattamente. In Grecia ora si sta preparando lo stabilimento dla cui produzione sarà destinata al mercato europeo, suppongo, anche se poi dipenderà da quello che deciderà il consiglio d'amministrazione della Defkalion Green Technologies.

22PASSI – A questo punto ci può dire chi sono gli investitori europei e statunitensi?

ROSSI – Mi dispiace, vogliono per il momento mantenere l'anonimato entrambi. Non lavoro per soddisfare la curiosità della gente, lavoro per produrre macchine che funzionano e rispetto la volontà di chi ci mette i capitali. Posso solo aggiungere che loro chiaramente conoscono benissimo tutti i segreti industriali della macchina, proprio per questo hanno deciso di investire in essa.

22PASSI – Conferma che i primi clienti saranno a loro volta industrie e non privati?

ROSSI – Assolutamente sì, anche perché torniamo al discorso della sicurezza, un conto è ottenere le autorizzazioni per utilizzare questi impianti in una situazione industriale, dove ci sono strutture e attrezzature adeguate e addetti specializzati. Un conto è un elettrodomestico che viene comprato in un qualsiasi grande magazzino e messo in un qualsiasi appartamento. è evidente che sia lo sviluppo tecnologico sia le autorizzazioni e certificazioni necessarie per produrre l'elettrodomestico implicheranno molto più tempo per essere concluse e implementate. Più si va nel grande è più si ha a che fare con una struttura industriale con addetti addestrati a fare la manutenzione e controllo. è quando si va a casa della signora Maria che il discorso diventa più difficile da un punto di vista autorizzativo, perché li non c'è un addetto o un esperto. Dentro l'E-Cat avvengono pur sempre delle reazioni nucleari, anche se non viene utilizzato né prodotto materiale radioattivo, o meglio, si producono isotopi con un tempo di decadimento brevissimo, una emi-vita nell'ordine dei minuti.

22PASSI – Insomma il limite per ora per ora è nel piccolo non nel grande. Ma questo significa che come si mettono insieme elementi da 10 kW per ricavare unità da 1 MW, allo stesso tempo si potrebbero mettere insieme unità da 1 MW per ricavare potenze maggiori? Per fare una centrale da centinaia di 100 megawatt per esempio?

ROSSI – Certamente. L'unità da 1 MW sono 100 unità da 10 kW. A quel punto di unità da 1 MW ne possiamo mettere insieme quante vogliamo.

22PASSI – è fantascienza immaginare che tra 50 anni ci sarà la caldaietta domestica a fusione fredda in ogni appartamento?

ROSSI – Anche meno, potrebbero bastare una decina di anni. Fermo restando il discorso autorizzativo molto più complesso che dicevamo prima, che invece è già stato superato per gli impianti industriali in costruzione.

22PASSI – Sì però c'è una via di mezzo molto interessante a mio avviso: il teleriscaldamento. Già oggi esistono interi quartieri collegati a una unica centrale termica. Le infrastrutture sono già belle pronte, basterebbe sostituire la centrale a metano con una a fusione fredda.

ROSSI – Senz'altro, questo è fattibile sin da ora, perché siamo comunque nel campo dell'applicazione industriale, anche se l'uso finale è domestico, non si va a mettere un reattorino dentro un appartamento come fosse un televisore o un forno a micro-onde, nelle case corrono solo i tubi dell'acqua calda prodotta da una centrale con tutti gli standard di sicurezza che servono. Ed è proprio quello che si farà in Grecia, dove sono più interessati al termico che all'elettrico.

22PASSI – Ci conferma i costi che ha dichiarato alla conferenza stampa di Bologna, cioè 2000€ al kW per l'acquisto degli impianti e 1 centesimo a kW/h?

ROSSI – No, queste cifre sono in dollari e centesimi di dollaro, se parliamo di euro i prezzi si abbassano, in funzione del cambio attuale naturalmente. Ricordo che attualmente un kW ottenuto da fonti energetiche tradizionali viene sui 13-14 centesimi.

22PASSI – Una bella differenza, non c'è che dire. Ok, possiamo concludere qui.

La ringrazio per questa seconda intervista concessa in esclusiva al blog Ventidue passi d'amore e dintorni.

Tutti gli articoli sulla Fusione Fredda.

14:25 – 23/09/10 – Sistemi Educativi a Confronto: Italia vs Cuba…

Italia – Secondo i dati pubblicati nel 2005 da una ricerca dell’Università di Castel Sant’Angelo dell’UNLA (Unione Nazionale per la Lotta contro l’Analfabetismo), quasi sei milioni di italiani sono totalmente analfabeti. Rappresentano il 12% della popolazione contro il 7,5% dei laureati. L’Italia è fanalino di coda fra i 30 Paesi più istruiti. Solo il Portogallo e il Messico hanno un tasso più elevato. La ricerca, intitolata La Croce del Sud – arretratezza e squilibri educativi nell’Italia di oggi, è stata condotta da Saverio Avveduto e pubblicata dall’Università di Castel Sant’Angelo dell’Unla. Senza alcun titolo di studio (o in possesso della sola licenza elementare) è invece il 36,52% della popolazione, circa 20 milioni sui 53 censiti nel 2001. Questa popolazione è considerata dalla ricerca come ana-alfabeta, cioè del tutto analfabeta o appena alfabeta. Questa situazione è stazionaria da 10 anni.

(Fonti Enhanced WikiPedia: Analfabetismo Diritti Umani a Cuba: Il Diritto all'Istruzione.)

Cuba – Il tasso di scolarizzazione attuale è del 100% fino agli 11 anni, e l’indice di analfabetismo si è attestato all’1,9% nella popolazione compresa tra i 10 e i 49 anni. Il dato assoluto della popolazione analfabeta è del 3,8%.

Su una popolazione di undici milioni di abitanti i giovani che frequentano i diversi livelli scolastici sono 2,5 milioni, mezzo milione sono i laureati universitari, uno ogni 15 abitanti.

A Cuba ci sono 2.111 centri di educazione e 46 centri universitari distribuiti in tutto il territorio. La spesa pubblica per l’istruzione si aggira intorno al 23,6% del PIL, che significa 92,9 dollari per abitante.

(Fonte: Il Sistema Educativo Cubano.)

Indagine: Come si Vive in Italia? (Università degli Studi di Firenze).

13:28 – 11/09/10 – Uno Sguardo sull'Istruzione: Indicatori OCSE 2010.

Uno sguardo sull’istruzione: indicatori OCSE.
Uno sguardo sull’istruzione: indicatori OCSE.

Nell’area OCSE, i governi stanno cercando di rendere più efficace il sistema di istruzione e al contempo di accedere a risorse supplementari che permettano di rispondere alla domanda crescente in materia.

L’edizione 2010 della pubblicazione intitolata Education at a Glance: OECD Indicators offre ai vari Paesi l’occasione di riflettere sulla loro performance in un’ottica comparativa. Vi si trova una vasta gamma di indicatori aggiornati e comparabili relativi ai diversi sistemi che rappresenta il giudizio condiviso dei professionisti del settore sulle modalità con cui misurare la realtà attuale del panorama dell’istruzione su scala internazionale.

Gli indicatori mostrano quali sono i soggetti coinvolti nel settore, quanto vi si spende e come operano i sistemi di istruzione. Illustrano inoltre un’ampia gamma di risultati ottenuti attraverso il paragone, ad esempio, tra le prestazioni degli studenti in aree specifiche e l’impatto dell’istruzione sui livelli di retribuzione e sulle opportunità di impiego degli adulti.

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